lunedì, Aprile 20, 2020

Mes o bot, questo il dilemma……..

Lo strumento europeo permetterebbe un finanziamento da 36 miliardi con un risparmio di 400 mln l’anno di interessi. Ma c’è chi teme un commissariamento.

Nel complesso, però, la polemica che si è sviluppata in Italia suona come piuttosto provinciale, essendo questo solo una parte, seppure importante, delle soluzioni che si stanno approntando nell’Unione europea

Da ITALIAOGGI SETTE – NUMERO 092  PAG. 1  DEL 20/04/2020

di Marino Longoni (mlongoni@italiaoggi.it)

Mettiamoci l’anima in pace. Alla fine, l’Italia, i finanziamenti del Mes li chiederà. Perché ha un disperato bisogno dei 36 miliardi che il Meccanismo europeo di stabilità può garantire in tempi relativamente veloci. E perché le conviene.

Le furiose polemiche di questi giorni, nella migliore delle ipotesi, sono un modo, per i membri del governo italiano, per migliorare la propria posizione negoziale, nel tentativo di ridurre al minimo le cosiddette condizionalità che il 23 aprile dovrebbero essere definite nell’incontro dei capi di stato e di governo che metterà a punto i dettagli dei meccanismi di aiuto.

Nel peggiore dei casi sono semplicemente un modo per blandire la propria o l’altrui base elettorale, sfruttando paure irrazionali, ignoranza, posizioni preconcette. Certo, non si può negare che il Mes sia circondato da un alone un po’ sinistro, visto quello che è successo in Grecia. Ma i tempi e le condizioni oggi sono diversi.

L’Italia non è la Grecia, non ha falsificato i conti pubblici, né ha colpe sull’epidemia di Covid-19. Ed è diventato evidente a tutti, anche agli economisti tedeschi, che non è possibile mettere alla frusta tutti i paesi dell’Europa mediterranea, quelli che maggiormente hanno sofferto gli effetti sanitari dell’epidemia e tra poco dovranno sopportare le conseguenze economiche del lockdown. Infatti, la linea di credito trattata nei gironi scorsi dall’Ecofin è molto diversa da quella concessa ad Atene nel 2010. E permetterebbe allo Stato italiano un risparmio annuo sulla spesa per interessi sul debito di circa 400 milioni di euro rispetto all’emissione di normali titoli di stato. Il Mes infatti ha un rating a tripla A e si finanzia sul mercato con un tasso a dieci anni dello 0%, contro il 2% dell’Italia. E comunque gli Eurobond sono solo una chimera, non essendo compatibili con il trattato europeo.

È vero che il Mes, come tutti i creditori, non fa regali, ma concede prestiti a condizioni ben precise, con l’obiettivo di farseli restituire. Ma, al momento, l’unico requisito per accedere alla linea di credito è l’impegno a utilizzare le risorse per sostenere il finanziamento interno dei costi diretti e indiretti dell’assistenza sanitaria, delle cure e della prevenzione dovuti alla crisi della Covid-19.

Ma è possibile che, in caso di difficoltà nella restituzione delle somme erogate, i beneficiari potrebbero in futuro essere vincolati a nuove «riforme strutturali», o addirittura a un percorso di austerità, rimessi al gradimento di Bruxelles.

Ma con un rapporto debito/Pil come quello italiano, destinato ad esplodere nei prossimi mesi a causa delle conseguenze dell’emergenza sanitaria, anche l’accesso ai mercati finanziari non sarebbe comunque indolore, anzi, la mancata richiesta di una copertura comunitaria potrebbe esporre il paese a crisi finanziarie potenzialmente devastanti, costringendolo comunque ad adottare misure di austerità anche più pesanti di quelle che potrebbe richiedere Bruxelles. Anche i mercati finanziari non fanno regali a nessuno quando acquistano titoli di credito.

Bisogna comunque ricordare che i meccanismi di sostegno che dovrebbero essere messi a punto il 23 aprile prevedono tre diversi sistemi di finanziamento e un piano di rilancio per l’economia, tutto ancora da scrivere.

Dei primi fanno parte il programma Sure (il sostegno alla cassa integrazione dei paesi membri), l‘allargamento dei prestiti della Banca europea per gli investimenti (Bei) alle imprese, l’attivazione delle linee di credito del Mes, concesso per far fronte alle spese sanitarie. Strumenti che, almeno sulla carta, varrebbero 540 miliardi di euro, un terzo delle risorse necessarie per affrontare la crisi, secondo stime fatte dalla stessa Bei (1.500 miliardi).

Infine si sta ragionando su un Fondo temporaneo per la ripresa, «commisurato ai costi straordinari dell’attuale crisi», che dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, muovere risorse per ulteriori 500/1.000 miliardi. Ma qui i tempi sembrano piuttosto lunghi. A questi strumenti si aggiunge il Qe pandemico, denominato Pepp (Pandemic emergency purchase programme), che arriva fino a 750 mld di euro di acquisti di titoli di stato aggiuntivi. Il piano durerà fino a fine 2020 e ha l’obiettivo di tenere basso lo spread.

Nel complesso, quindi, la polemica che si è sviluppata in Italia sull’accesso al Mes suona come piuttosto provinciale, essendo questo solo una parte, seppure importante, degli strumenti che si stanno approntando a livello Europeo. E non priva di riflessi negativi sullo spread, che evidentemente non apprezza questo tipo di polemiche.

 

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