Convince meno le donne: è più pesante
LA FASE2
di Lunedì 18 maggio 2020 – 12:47da
Roma, 18 mag. (askanews) – Il 60% dei lavoratori vuole proseguire l’esperienza di smart working anche dopo la fase di emergenza legata al Coronavirus. Il 22% preferisce, invece, interrompere questa modalità di lavoro.
Il 18% è indeciso. Le donne sono meno convinte, gli uomini più propensi. Per le donne, infatti, lo smart working è più pesante, alienante, stressante e porta ad un aumento dei carichi familiari.
E’ la fotografia scattata dall’indagine della Cgil/Fondazione Di Vittorio sullo Smart working.
Prima dell’emergenza Covid, in Italia, lavoravano da remoto circa 500mila persone.
In queste settimane di lockdown si stima che siano state più di 8 milioni.
Quello sperimentato durante l’emergenza – ha ricordato la Cgil – non è lo Smart working ex Legge n.81/2017, una modalità di lavoro senza vincoli spazio temporali ma organizzata per fasi, cicli e obiettivi, né Telelavoro, più rigido soprattutto su luoghi della prestazione e orari, ma nella maggior parte dei casi il mero trasferimento a casa dell’attività svolta fino a qualche giorno prima in ufficio. Si tratta, in pratica, di un home working.
L’82% degli intervistati ha cominciato a lavorare da casa con l’emergenza, di questi il 31,5% avrebbe desiderato farlo anche prima. Il 18% ha cominciato prima, l’8% per scelta personale (soprattutto gli uomini +5% rispetto alle donne) e nel settore privato (+4% rispetto al pubblico); per scelta del datore 5%; per esigenze di conciliazione 5%. Una leggera prevalenza dell’inizio per scelta nei titoli di studio più alti (+3% rispetto a quelli più bassi).
Nel 37% dei casi, lo smart working è stato attivato in modo concordato con il datore di lavoro; nel 36% dei casi in modo unilaterale dal datore di lavoro; nel 27% dei casi in modo negoziato attraverso intervento del sindacato.
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