giovedì, Maggio 21, 2020

Arrestato per corruzione il ‘capo’ dell’emergenza Covid in Sicilia

Antinino Candela avrebbe intascato mazzette per 260 mila euro. L’operazione “Sorella sanità” che ha fatto luce su un vasto sistema di mazzette e appalti pilotati nella sanità ha fatto scattare 12 misure cautelari personali, sequestri di imprese e disponibilità finanziarie. Le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungono una cifra stimata in almeno 1.800.000 euro

da aggiornato alle 09:27 21 maggio 2020 

            Antonino Candela

Corruzione e appalti pilotati nella sanità siciliana: otto persone sono finite agli arresti domiciliari tra cui Antonino Candela, 55 anni, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell’Asp di Palermo. L’operazione “Sorella sanità” che ha fatto luce su un vasto sistema di mazzette e appalti pilotati nella sanità ha portato a 12 misure cautelari personali, sequestri di imprese e disponibilità finanziarie. Su delega della procura della Repubblica di Palermo, i finanzieri del Comando Provinciale hanno dato esecuzione ad un’ordinanza del gip nei confronti di 12 persone, a vario titolo indagati per corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti.

Nel pieno dell’emergenza coronavirus il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, il 12 marzo scorso aveva nominato Antonino Candela, coordinatore della struttura regionale per l’emergenza coronavirus in Sicilia. A Candela era affidato il compito di fare da collegamento fra l’assessore alla Salute Ruggero Razza e le strutture pubbliche, avendo come interfaccia anche la Protezione civile. Nel 2016 aveva ricevuto la Medaglia d’argento al merito della Sanità pubblica che andava a premiare l’impegno per il funzionamento, per la legalità e l’anti-corruzione nel settore. Aveva spiegato l’allora ministro della Salute che si intendeva in questo modo dare un riconoscimento a “veri e propri ‘eroi del nostro tempo’, persone che hanno compiuto straordinari e generosi atti di coraggio per proteggere e aiutare chi soffre, nonché eminenti studiosi che con il loro costante lavoro e il loro impegno consentono il progresso della conoscenza e della scienza medica”.

“Ricordati che la sanità è un condominio e io sempre capo condominio rimango”, diceva invece, non sapendo di essere intercettato, Candela, che, sottolinea il gip “si atteggiava a strenuo paladino della legalità”, ma che è ritenuto a capo di uno dei centri di influenza in grado di condizionare e pilotare gli appalti, intascando mazzette per 260 mila euro.

Tra gli altri destinatari di custodia cautelare in carcere: Fabio Damiani, 55enne di Palermo, attuale direttore generale dell’Asp di Trapani, e Salvatore Manganaro, 44 anni, di Agrigento, ‘faccendiere’ di riferimento per Damiani. Otto sottoposti agli arresti domiciliari tra cui Antonino Candela, 55 anni, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell’Asp di Palermo.

Ai domiciliari pure Giuseppe Taibbi, 47 anni, di Palermo, ‘faccendiere’ di riferimento per Candela; Francesco Zanzi, 56 anni, di Roma, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie Spa; Roberto Satta, 50 anni, di Cagliari, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie spa; Angelo Montisanti, 51 anni, di Palermo, responsabile operativo per la Sicilia di Siram spa e amministratore delegato di Sei Energia scarl; Crescenzo De Stasio, 49 anni, di Napoli, direttore unità business centro sud di Siram spa, Ivan Turola, 40 anni, di Milano, “referente occulto” di Fer.co. srl; Salvatore Navarra, 47 anni, di Caltanissetta, presidente del consiglio di amministrazione di Pfe spa. Nei confronti di Giovanni Tranquillo, 61 anni, di Catania, referente occulto di Euro&promos Spa e di Pfe spa, di Giuseppe Di Martino, 63 anni, di Polizzi Generosa, ingegnere e membro di commissione di gara, e’ stata invece applicata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività professionali, imprenditoriale e pubblici uffici. Con il medesimo provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160 mila euro.

Le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungono una cifra stimata in almeno 1.800.000 euro. Le indagini eseguite dal Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria delle fiamme gialle palermitane – svolte con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami documentali e dei flussi finanziari – hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di quello che viene definito “un centro di potere composto da faccendieri, imprenditori e pubblici ufficiali infedeli che avrebbero asservito la funzione pubblica agli interessi privati, in modo da consentire di lucrare indebiti e cospicui vantaggi economici nel settore della sanità pubblica”.

Le fasi del sistema corruttivo ruotavano intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di Committenza della Regione Siciliana e dall’Asp 6 di Palermo, svelando “le trame sottese all’accaparramento di appalti milionari del settore sanitario siciliano”. Nello specifico sono state analizzate 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da turbative, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro, relativa alla gestione e manutenzione apparecchiature elettromedicali, bandita dall’Asp 6 del valore di 17.635.000 euro; servizi integrati manutenzione apparecchiature elettromedicali – bandita dalla Centrale unica di committenza del valore di 202.400.000 euro; fornitura vettori energetici, conduzione e manutenzione impianti tecnologici – bandita dal Asp 6 del valore di 126.490.000 euro; servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale – bandita dalla Cuc del valore di 227.686.423 euro.

Le “spregiudicate condotte illecite”, sottolineano le Fiamme gialle, garantivano “l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali infedeli e dei loro intermediari”, mediante l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5% del valore della commessa aggiudicata. Gli operatori economici vincitori delle gare, importanti società di livello nazionale, per gli inquirenti erano “consapevoli e partecipi delle dinamiche criminali”, dalle quali “traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti”.

Lo schema illecito, ricostruito dagli specialisti anticorruzione del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria, appariva consolidato: l’imprenditore interessato all’appalto avvicina il faccendiere, noto interfaccia del pubblico ufficiale corrotto; il faccendiere, d’intesa con il pubblico ufficiale, concorda con l’impresa corruttrice le strategie criminali per favorire l’aggiudicazione della gara; la società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presenta la propria “offerta guidata”, che sarà poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito ricercato.

Le condotte scorrette emerse nel corso dello svolgimento delle procedure turbate riguardano: l’attribuzione di punteggi discrezionali, non riflettenti il merito del progetto presentato; la sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche; il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione giustificativa necessaria; la diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio. I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti.

Per rendere ancora più complessa l’individuazione del sistema criminale approntato, gli indagati si erano spinti fino alla creazione di trust fraudolenti, con l’obiettivo di schermare la reale riconducibilità delle società utilizzate per le finalità illecite. Il patto criminale veniva poi ulteriormente cementato grazie alle continue e sistematiche interlocuzioni che erano necessarie per gestire tutte le fasi attuative dei contratti la cui durata era ovviamente pluriennale.

Commentano le Fiamme gialle “Questa attività evidenzia, ulteriormente, l’impegno della Guardia di Finanza, sotto la direzione della procura della Repubblica, per il contrasto della corruzione e delle più gravi forme di reato contro la pubblica amministrazione che sottraggono alla collettività risorse pubbliche, incidendo pesantemente anche sulla qualità dei servizi forniti ai cittadini, soprattutto in un settore delicato come quello della sanità”.

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