mercoledì, Giugno 17, 2020

Cantone capo della Procura di Perugia, sì del Csm…..

Il Consiglio si spacca dopo una discussione infuocata: 12 voti contro 8. L’ex capo dell’Anac la spunta su Luca Masini con i consensi di Area, M5S e Forza Italia e Lega

da   del 17 giugno 2020

di LIANA MILELLA

ROMA – Raffaele Cantone ce l’ha fatta. Sarà lui il nuovo procuratore di Perugia. Al Csm finisce con 12 voti per lui contro gli 8 voti per l’attuale procuratore aggiunto di Salerno Luca Masini. Il Csm si è diviso in due dopo un’infuocata discussione tra chi era a favore dell’ex presidente dell’Anac e chi era contro di lui.

Ma c’è anche chi si astiene, il gruppo di Unicost con tre consiglieri e il primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone. Era assente al momento del voto il procuratore generale Giovanni Salvi, mentre il vice presidente Davide Ermini non ha votato.

Nel primo gruppo la sinistra di Area con 5 voti, e tutti i componenti laici, i 3 di M5S, i 2 di Forza Italia, i 2 di Stefano Cavanna ed Emanuele Basile indicati dalla Lega. Per Masini invece tutto il gruppo di Piercamillo Davigo, Nino Di Matteo compreso, con 5 voti e i 3 di Magistratura indipendente. Si astiene Unicost, incerta fino all’ultimo minuto su come votare.

Uno scontro che testimonia l’importanza ormai raggiunta dalla procura di Perugia, quella che un anno fa ha svelato il caso Palamara, l’ex pm di Roma, ex componente del Csm per Unicost, ex presidente dell’Anm ai tempi di Berlusconi che non solo è accusato di corruzione per alcuni lavori di ristrutturazione a casa di un’amica, ma soprattutto per i suoi rapporti con l’imprenditore Fabrizio Centofanti.

A un anno dall’inchiesta, che esplode il 29 maggio del 2019 con un decreto di perquisizione, il deposito dell’intero fascicolo per l’udienza preliminare, ha rivelato le conversazioni di Palamara, registrate anche con un Trojan inoculato nel suo cellulare, e le sue chat whatsapp, e quindi i suoi rapporti con i politici Luca Lotti e Cosimo Maria Ferri per pilotare la scelta del procuratore di Roma nel dopo Pignatone. Perugia, va ricordato, è la procura delegata a indagare su quella di Roma se i suoi magistrati commettono delle irregolarità.

Uno scontro durissimo

Al Csm lo scontro tra le tesi opposte è durissimo. Da una parte i “nemici” di Cantone, capitanati da Davigo, da sempre magistrato anti-Cantone, convinto che la corruzione non si combatte con la prevenzione, quella dell’Anac, “un ufficio amministrativo”, ma solo con le indagini nelle procure della Repubblica. Dall’altra invece, a partire dal relatore di Area Mario Suriano favorevole a Cantone, chi valuta positivamente il suo ruolo, non solo per gli otto anni vissuti a Napoli dal 1999 al 2007 come pubblico ministero anticamorra, che lo portò alle minacce di morte dei Casalesi, ma anche per il ruolo di vertice all’Anac,  “in collegamento con le singole procure, con gli accordi siglati con loro in pieno dialogo”.

Le posizioni dei due magistrati, Cantone e Masini, sono subito chiare. Chi vuole Cantone valuta positivamente la sua attività di pm a Napoli e quella all’Anac. Chi vuole Masini sostiene che, a differenza di Cantone, è stato sempre pubblico ministero in 5 procure e, negli ultimi 4 anni, ha svolto la funzione dirigenziale di procuratore aggiunto a Salerno. Funzione direttiva che Cantone non avrebbe, anche se è stato capo di una struttura come l’Anac con 400 persone, di fatto indagando sulla corruzione in tutta Italia.

I “no” di Davigo e di Di Matteo

Un confronto in cui parlano tutti i big. Davigo non ha dubbi. Utilizza anche le chat dell’inchiesta di Perugia su Luca Palamara contro Cantone, dove “non si parla proprio di Masini” mentre, chi è per Cantone, ricorda che in quelle stesse chat si dice che per nessuna ragione si deve scegliere Cantone come procuratore di Perugia (lo dice Palamara).

Davigo punta tutto sul “Testo unico della dirigenza” che chiede per un incarico come questo l’esperienza da pm, “Masini lo è stato per 17 anni in 5 procure, al nord e nel centro sud”, mentre Cantone “per 15 anni è stato requirente solo Napoli e ha smesso da 12 anni”. Secondo Davigo “l’Anac non rientra tra le esperienze fuori ruolo indicate dall’articolo 13 del testo unico”.

Come lui Nino Di Matteo che dice subito “condivido Davigo”.  L’ex pm sostiene che non avrebbe “remore a votare Cantone per altri posti diversi da Perugia”. Ma Perugia no, perché in quella procura bisogna garantire anche “l’apparenza dell’imparzialità da fattore esterni che possano influenzare l’attività del magistrato”. Al di là del Testo unico, per Di Matteo, la “colpa” di Cantone è stata quella di “essere stato indicato anche come possibile premier”, mentre Masini denunciò a Caltanissetta, dove Di Matteo era pm, l’ex procuratore di Termini Imerese Prinzivalli. Ancora: “Inopportuno che Cantone vada a dirigere una procura che si occupa di magistrati di Roma dove possono esserci ipotesi di reati commessi da politici o da ambienti di potere connessi dalla politica”.

Insomma, per l’ex pm di Palermo Cantone non dovrebbe andare a Perugia perché “ha rivestito un ruolo prestigioso di nomina politica e oggi dovrebbe andare dove ci sono provvedimenti che scaturiscono da rapporti tra magistrati e politica, come gli incontri tra Palamara e Lotti”. Di Matteo conclude contro Cantone con il teorema dell’apparenza – “Non dubito della sua imparzialità, ma dobbiamo valutare anche l’apparenza, l’imparzialità e la trasparenza” – e si dichiara a favore di Masini “che ha saputo coltivare in maniera pregnante il valore dell’indipendenza”.  Gli stessi argomenti si ritrovano tra i togati di Magistratura indipendente, come Loredana Micciché e Antonio D’Amato.

Il sì di Cascini e Suriano di  Area

Di tutt’altro tono invece chi è favorevole a Cantone. A partire dal relatore Mario Suriano che richiama tutti ad applicare le norme che ci sono, come il testo unico che non prevede l’obbligo di aspettare due anni prima di passare da un incarico fuori ruolo alla giurisdizione. Cantone, dice Suriano, “ha preferito rientrare in magistratura, mentre poteva ambire a ben altri incarichi”.

La pensa allo stesso modo Giuseppe Cascini, capogruppo di Area. L’ex pm di Roma valuta in modo ben diverso sia la carica all’Anac, sia quella il lavoro fatto al Massimario della Cassazione in cui Cantone dirigeva il settore penale.  Innanzitutto la presidenza dell’Anac “è vicinissima alla giurisdizione” e nel caso di Cantone ha prodotto “un’elevatissima quantità e qualità dei risultati”.

In ogni caso, a oggi, non esiste “la norma che impone di attendere due anni prima di una successiva nomina e quindi le norme si applicano per come sono e quando ci sono”. Allo stesso modo “non esiste la regola che prima di fare il procuratore bisogna svolgere funzioni semidirettive, né tantomeno che prima bisogna essere stato capo di una procura piccola per passare poi a una grande”.

Quanto al Massimario davvero si può dire che “il coordinatore del settore penale del Massimario non conta?”. Forse “un procuratore non deve conoscere il diritto”? Cascini valuta anche gli anni di esperienza di Cantone come pm: “Qui c’è un magistrato che lo ha fatto per 15 anni con risultati eccezionali contro il potentissimo clan dei casalesi, un risultato enorme che non trovo confronto con i colleghi in comparazione. Quindi se la norma dice che dobbiamo guardare alla qualità dei risultati raggiunti, allora dobbiamo valutare questo, e non possiamo ridurre tutto al numero degli anni”.

I laici di M5S, Forza Italia e Lega a favore

Per una volta, tutti i laici, non hanno dubbi su Cantone, da M5S alla Lega a Forza Italia. Parlano i tre consiglieri di M5S Alberto Maria Benedetti, Filippo Donati, Fulvio Gigliotti. Poi Michele Cerabona e Alessio Lanzi di Fi. Infine Stefano Cavanna indicato dalla Lega.

Benedetti ricorda che Cantone “fu scelto per l’Anac proprio per garantire l’indipendenza, indipendenza che adesso sembra trasformarsi in una sorta di ignominia, di un pregiudizio”. Michele Cerabona si chiede: “Chi è meglio di Cantone?”. Il collega Alessio Lanzi: “Cantone è un gigante. Basta con gli aspetti burocratici, i formalismi, i richiami alle circolari, basta con le interpretazioni suggestive per screditare il suo ruolo. Al di là dei cavilli i cittadini vogliono risposte forti”. Quindi Cantone. Infine Stefano Cavanna parla di “notevoli forzature contro Cantone”, condivide le posizioni di Benedetti e Lanzi, è convinto che sia “una forzatura parlare dell’Anac come di un incarico politico e soprattutto bisogna valutare come quel lavoro è stata condotto”. Per Cavanna non ci sono dubbi, “il giudizio di idoneità è  nettamente prevalente per Cantone”.

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