venerdì, Novembre 6, 2020

LO SCANDALO DEL PALAZZO Inchiesta Vaticano, la cresta sulle commissioni per gli affari: «I soldi finivano a Dubai»

Perquisizioni della Guardia di Finanza nei confronti del finanziere Raffaele Mincione, del gestore Enrico Crasso e del funzionario della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi che hanno effettuato l’investimento nel palazzo di Londra. I promotori di giustizia vaticana hanno tre testimoni chiave segreti: Afa, Beta e Gamma

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di Fabrizio Massaro Fiorenza Sarzanini

L’inchiesta del Vaticano sul palazzo di Londra e i fondi della Segreteria di Stato, che ha travolto anche il cardinale Giovanni Angelo Becciu, punta decisamente su presunti giri di denaro fra tre protagonisti dell’affare londinese: il finanziere Raffaele Mincione, il gestore Enrico Crassoex Credit Suisse, poi Sogenel/Az Swiss, quindi fondo Centurion e il funzionario della Segreteria Fabrizio Tirabassi, il laico che per vent’anni ha seguito gli investimenti riservati del Vaticano. L’ipotesi è che si sarebbero spartiti per anni denaro proveniente dalle commissioni pagate dalla Santa Sede per le operazioni finanziarie.

È una svolta avvenuta dopo la collaborazione alle indagini di monsignor Alberto Perlasca, ex braccio destro di Becciu, e del broker Gianluigi Torzi, che aveva presentato un ampio memoriale prima della sua scarcerazione a giugno. Ed arriva nel giorno in cui Papa Francesco impone una rivoluzione nelle finanze della Santa Sede, ordinando che vengano trasferiti allApsa entro tre mesi tutti i fondi della Segreteriache così resterà senza capacità autonoma di spesa e che venga venduto il palazzo di Londra e liquidato il fondo maltese Centurion, per i «rischi reputazionali».

I magistrati vaticani citano tre testimoni chiave, coperti dagli alias Alfa, Beta e Gamma (uno è Perlasca): «Tirabassi… mi ha raccontato che tramite Andrea Negri venivano incassate delle commissioni» su una Società a Dubai, «che poi questa provvedeva a suddividerle tra Crasso e Tirabassi», riferisce Alfa. «Sempre a detta di Tirabassi, ad un certo punto Mincione non ha più versato queste commissioni alla Società di Dubai ed anche per questa ragione sarebbe sorto il problema di interrompere i rapporti con Mincione». Sempre Alfa racconta che «un ruolo fondamentale nelle commissioni da elargire a Tirabassi lo svolse Filippo Notarcola del fondo Azimut», mentre per la vicenda di Londra «era stato demandato» il professore Renato Giovannini. Per il testimone Beta, Tirabassi avrebbe indirizzato gli investimenti «in una certa direzione ricevendo commissioni», mentre per Gamma avrebbe chiesto commissioni anche per far partecipare la Segreteria a un nuovo fondo.

Per questo motivo ieri Guardia di Finanza e Gendarmeria hanno effettuato perquisizioni di uffici, domicili, auto e cassette di sicurezza, e sequestri di documentazione cartacea digitale a Crasso, Tirabassi e Mincione. Li ha disposti il pm di Roma Maria Teresa Gerace su rogatoria dei promotori Gian Piero Milano e Alessandro Diddi. Perquisite anche le abitazioni di altre persone «non indagate» come Giovannini, i figli e la compagna di Crasso, il padre e la moglie di Tirabassi e le Società Interfinium, San Filippo di Genova e Wrm Services, di Mincione il quale in una nota dichiara che «le verifiche confermeranno» la sua «totale estraneità». Anche Giovannini, «non indagato, ribadisce la propria estraneità a qualsivoglia fatto illecito», dice il legale, Giorgio Amato.

6 novembre 2020 (modifica il 6 novembre 2020 | 09:08)

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Papa Francesco ha deciso, con un taglio netto alle questioni finanziarie che da un anno tengono sotto i riflettori la Segreteria di Stato e l’intero Vaticano: la gestione dei fondi della Segreteria di Stato passerà all’Apsa, e a questo scopo Bergoglio istituisce una commissione che in tre mesi dovrà portare a compimento il processo, già richiesto al Segretario di Stato con una lettera dello scorso agosto. I fondi saranno controllati dalla Segreteria per l’Economia. «Non è opportuno» che la Segreteria di Stato gestisca insomma fondi in maniera autonoma e che disponga investimenti speculativi come quello nel palazzo di Sloane Avenue a Londra o nel fondo maltese Centurion (rivelato dal Corriere della Sera lo scorso 4 dicembre). E che utilizzi per queste operazioni le offerte dei fedeli, l’Obolo di San Pietro.

Il vertice e il richiamo del Papa

A svelare la rivoluzione nella gestione delle finanze e di fatto lo svuotamento della Segreteria di Stato come entità finanziaria a sé stante, e senza rendiconti pubblici, è stato il direttore della Sala Stampa Vaticana, Matteo Bruni, giovedì 5 novembre. Bruni ha spiegato che mercoledì 4 «il Papa ha presieduto una riunione alla quale hanno partecipato il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il Sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Edgar Peña Parra (in carica da settembre 2018 al posto del cardinale Angelo Giovanni Becciu), il segretario generale del Governatorato dello Stato Città del Vaticano, monsignor Fernando Vergez, il presidente dell’Apsa, monsignor Nunzio Galantino, il prefetto della Segreteria per l’Economia (SPE), padre Juan Antonio Guerrero.

Il Papa ha richiamato tutti a «promuovere l’attuazione» della richiesta di passaggio della gestione amministrativa dei fondi della Segreteria di Stato all’Apsa e sul loro controllo alla Spe, contenuto in una lettera del 25 agosto scorso svelata anch’essa dallo stesso Brunie indirizzata a Parolin. L’intero processo va portato a termine in tre mesi, ha ordinato il Papa, che per questo ha «nella stessa riunione costituito la “Commissione di passaggio e controllo”, che entra in funzione con effetto immediato, per portare a compimento, nei prossimi tre mesi, quanto disposto nella lettera al Segretario di Stato». La Commissione è costituita da Peña Parra, Galantino e Guerrero.

Le parole del Papa a Parolin

È stata anche diffusa la lettera indirizzata a Parolin con la quale lo scorso agosto Papa Francesco aveva disposto questo passaggio. «Nel quadro della riforma della Curia ho riflettuto e pregato sull’opportunità di dare un impulso che permetta una sempre migliore organizzazione delle attività economiche e finanziarie, continuando nella linea di una gestione che sia, secondo i desideri di tutti, più evangelica». Francesco definisce «di somma importanza» che sia definita in maniera chiara la missione di ciascun ente economico e finanziario «al fine di evitare sovrapposizioni, frammentazioni o duplicazioni inutili e dannose». La lettera spiega che «la Segreteria di Stato è senza ombra di dubbio il Dicastero che sostiene più da vicino e direttamente l’azione» del Papa «nella sua missione, rappresentando un punto di riferimento essenziale nella vita della Curia e dei Dicasteri che ne fanno parte. Non sembra, però, necessario, né opportuno che la Segreteria di Stato debba eseguire tutte le funzioni che sono già attribuite ad altri Dicasteri. È preferibile, quindi, che anche in materia economica e finanziaria si attui il principio di sussidiarietà, fermo restando il ruolo specifico della Segreteria di Stato e il compito indispensabile che essa svolge».

Uscire dal fondo Centurion e vendere il palazzo

Alla luce di ciò, Francesco ha stabilito che la Segreteria di Stato «trasferisca all’Apsa la gestione e l’amministrazione di tutti i fondi finanziari e del patrimonio immobiliare, i quali manterranno in ogni caso la propria finalità attuale. Una particolare attenzionesi legge nella letterameritano gli investimenti operati a Londra e il fondo Centurion, dai quali occorre uscire al più presto, o almeno, disporne in maniera tale da eliminarne tutti i rischi reputazionali». Aveva destato scandalo l’uso di decine di milioni di euro del Vaticano provenienti anche dall’Obolo di San Pietro utilizzati per comprare azioni della società di Lapo Elkann, Italia Independent, o per finanziare il film su Elton John. E persino investiti nella società che controlla Giochi Preziosi, per 3 milioni di euro.

I fondi della Segreteria nel bilancio consolidato della Santa Sede

Ancora, il Papa ha stabilito che «tutti i fondi che finora sono stati amministrati dalla Segreteria di Stato siano incorporati nel bilancio consolidato della Santa Sede» e che in materia economica e finanziaria la Segreteria di Stato operi «per mezzo di un budget approvato attraverso i meccanismi abituali, con le procedure proprie richieste a qualsiasi Dicastero, salvo per ciò che riguarda le materie riservate che sono sottoposte a segreto, approvate dalla Commissione nominata a questo scopo». I dati del bilanciopubblicato a inizio ottobre e reso noto da Guerrero mostrano fra le altre cose che i fondi della Segreteria si sono ridotti a circa 360 milioni di euro.

La proposta della Cosea del 2014

Il controllo e la vigilanza spettano alla Segreteria per l’Economia su tutti gli enti della Curia Romana. La Segreteria di Stato, in materia di vigilanza economica e finanziaria «non avrà responsabilità di vigilanza e controllo di nessun ente della Santa Sede, né di quella ad essa collegati». In sostanza il Papa porta a compimento le proposte che erano state presentate nel 2014 dalla Cosea, la Commissione che era stata creata per esaminare lo stato e la struttura delle finanze vaticane.

«Chiudere l’ufficio amministrativo della Segreteria»

Tenendo conto che «la Segreteria di Stato non dovrà amministrare né gestire patrimoni, sarà opportuno che ridefinisca il proprio Ufficio amministrativo, oppure valuti la necessità della sua esistenza». È l’ufficio finito sotto inchiesta da parte della magistratura vaticana che da un anno conduce un’inchiesta su come sono stati gestiti le centinaia di milioni di euro dei fondi riservati della Segreteria di Stato e dell’Obolo di San Pietro e che ha portato lo scorso giugno all’arresto in Vaticano per otto giorni del broker Gianluigi Torzi e, lo scorso ottobre, della manager Cecilia Marogna che ha ottenuto 500 mila euro da parte della Segreteria per ordine del cardinale Becciu.

Intanto l’inchiesta dei promotori di giustizia vaticani, Gian Piero Milano e Alessandro Diddi (ai quali si è affiancato da poco il professor Gianluca Perone) prosegue. Nella mattina di giovedì 5 novembre c’ è stata una nuova acquisizione di documenti riferiti a Raffaele Mincione, il finanziere italo-londinese indagato sulla compravendita dell’immobile di Sloane Avenue. A renderlo noto è stato lo stesso Mincione al quale già a luglio scorso, su richiesta dellUfficio del promotore di giustizia vaticano, erano stati sequestrati cellulari e ipad spiegando che «nella mattinata odierna è proseguita l’attività richiesta dalle autorità della Santa Sede per l’acquisizione di documenti e informazioni» e che «è stata fornita tutta la collaborazione richiesta. Si è certiprosegue la notache le verifiche compiute confermeranno la totale estraneità di Mincione rispetto a quanto ipotizzato dalle autorità della Santa Sede».

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