Il provvedimento dei finanzieri di Roma nei confronti di Cosimo Damiano Tassone, 57 anni, ritenuto a capo di una importante rete internazionale
da di Redazione
(foto Mario Proto)
Attività commerciali, immobili, autovetture, denaro. Beni mobili e immobili per un valore di 1,7 milioni sono stati sequestrati a un boss del narcotraffico calabrese dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma.
I militari hanno eseguito il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale emesso dal Tribunale su proposta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, per il sequestro di proprietà riconducibili a Cosimo Damiano Tassone. Il narcotrafficante calabrese, 57 anni, attivo nella Capitale, è ritenuto a capo di una importante rete internazionale di trafficanti di sostanze stupefacenti. La sua figura era emersa nelle indagini condotte durante l’operazione «Crazy Hill» del II Gruppo delle Fiamme gialle e coordinata dalla Dda: nel 2015, le indagini permisero di sgominare un potente sodalizio criminale con base a Roma e contatti in Germania, Olanda, Spagna e Inghilterra. Un’organizzazione in grado di spedire con container o in aereo ingenti quantitativi di cocaina provenienti dal Sud America (Colombia, Argentina e Brasile).
Nel corso delle indagini (biennio 2014-2015) erano stati effettuati sequestri per un ammontare complessivo di oltre 1.000 chili di cocaina, ed era stato provato che l’organizzazione aveva a disposizione ingenti risorse finanziarie da dedicare alle importazioni: dal pagamento delle spedizioni via container ai carichi di copertura, dai viaggi aerei ai soggiorni all’estero degli intermediari. Fondi erano a disposizione addirittura per il ripianamento delle perdite subite in seguito a operazioni non concluse. In un caso Tassone era stato filmato, all’interno del giardino di una delle ville oggi sequestrate, mentre sotterrando una valigia contenente denaro provento del narcotraffico commentava al telefono: «Sti soldi… li sotterro».
In un altro caso era stato accertato che l’organizzazione, per il pagamento di una delle partite di droga sequestrata, aveva esportato dall’Italia al Brasile, passando per la Svizzera, attraverso una complessa operazione di riciclaggio, oltre 1,4 milioni di euro. La mancata consegna di una quota della somma dovuta aveva scatenato la violenta reazione del boss che, durante un colloquio telefonico, aveva dato mandato agli associati di maggiore fiducia di intimidire pesantemente gli operatori finanziari coinvolti nell’attività («Digli che se non mi portano altri 622.100 dollari, gli strappo la testa… noi non siamo imprenditori, e se pensano di farla franca hanno sbagliato persone»).
7 novembre 2020 | 09:58