Lo storico accordo commerciale di libero scambio siglato da 15 Paesi asiatici – che mette insieme Cina, Giappone e Corea del Sud – secondo gli analisti aggiungerà quasi 200 miliardi di dollari di Pil all’economia globale entro il 2030. Per il premier cinese, Li Keqiang, è una “vittoria del multilateralismo”“
di Alessandro Galiani BORSE ASIATICHE CINA GIAPPONE
da aggiornato alle 10:06 16 novembre 2020
© AFP – Trader della borsa di Hong Kong
AGI – L’economia asiatica decolla sulle ali del Rcep (Regional comprehensive economic partnership), lo storico accordo commerciale di libero scambio siglato da 15 Paesi asiatici, il primo patto che mette insieme Cina, Giappone e Corea del Sud e che, secondo gli analisti, aggiungerà quasi 200 miliardi di dollari di Pil all’economia globale entro il 2030. “È il più grande accordo di libero commercio della storia” commenta sul Financial Times, Peter Petri, professore di finanza internazionale alla Brandeis University, il quale ricorda che l’intesa “copre circa il 30% della popolazione mondiale”.
Secondo Petri e Micheael Plummer, professore di economia internazionale alla John Hopkins University il Rcep aggiungerà 186 miliardi di dollari all’economia globale e lo 0,2% del Pil ai 15 Paesi che l’hanno sottoscritto. Il patto, che riguarda 2,2 miliardi di consumatori, mette insieme gli accordi già siglati dai 10 Paesi membri dell’Asean e li combina con un unico singolo patto multilaterale con Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.
“È una vittoria del multilateralismo e del libero commercio” ha commentato il premier cinese, Li Keqiang. A beneficiare del Patto, secondo gli analisti, saranno soprattutto Cina, Giappone e Corea del Sud, ma anche Usa ed Europa, secondo il Ft, potranno avvantaggiarsene con l’export e comprando beni a minor prezzo. Inoltre, l’accordo avrebbe potuto essere ancora più ampio, se l’India fin dal 2019 non avesse deciso di tenersene fuori. A dare consistenza alla notizia dello storico Patto dei 15 Paesi dell’Asia-Pacifico, arrivano oggi anche i dati macro della Cina e del Giappone.
In Cina ripartono i consumi e la produzione
A ottobre le vendite al dettaglio in Cina crescono del 4,3% annuale e anche la ristorazione ha ripreso a correre, a dimostrazione che i consumi interni stanno carburando e spingono anch’essi l’economia cinese, che è in netta ripresa, a differenza di quella europea che rischia di fermarsi e di quella Usa, che cresce ma rischia anch’essa di risentire di una seconda inarrestabile ondata pandemica.
I dati sulle vendite al dettaglio in Cina si aggiungono a quelli dei giorni scorsi sugli ordini record per Alibaba, il gigante dell’e-commerce cinese, che al termine del Single’s Day, ha annunciato vendite record per 63,8 miliardi di euro. Il risultato di quest’anno, spalmato su quattro giorni, supera, di molto, anche il record dell’anno scorso, quando gli ordini online di Alibaba avevano 24,69 miliardi di euro. Sul fronte della produzione industriale arriva poi una conferma: un aumento del 6,9% a ottobre, pari a quello di settembre e superiore alle attese. La Cina sarà l’unica economia mondiale a salvarsi nel 2020. Secondo l’Ocse, quest’anno l’economia globale subirà una contrazione del 4,5%, ma il Pil della Cina registrerà un aumento dell’1,8%.
L’economia giapponese balza del 5% nel terzo trimestre
Il Giappone, la terza economia del mondo, esce dalla recessione innescata dalla crisi del Covid: il balzo del Pil nel terzo trimestre è del 5%, il tasso annualizzato di crescita è pari al 21,4% (le previsioni davano un aumento del 18,9%), il maggior incremento degli ultimi 40 anni, il primo segno positivo negli ultimi quattro trimestri.
Il rimbalzo di Tokyo è stato trainato da un’impennata record del 4,7% dei consumi privati (spesa per auto, tempo libero e ristoranti) e del 2,9% dell’export. Il risultato per gli esperti non è un sicuro segnale di ripresa, anche se il Paese del Sol levante, come le altre economie asiatiche, non registra una seconda di pandemia pesante come quelle degli Usa e dell’Europa. Nonostante i segnali positivi, gli analisti si aspettano che quest’anno il Pil nipponico registrerà una contrazione del 5,5% e impiegherà anni per tornare ai livelli pre-Covid.