7 marzo a ‘Domenica Con’. Nuovo libro su campo concentramento
(Di Mauretta Capuano) ROMA 07 marzo 2021 01:08 STORIA
Dacia Maraini
L’importanza che Dacia Maraini dà “alla memoria e al suo peso nella costruzione di una vita” ha guidato la scrittrice nel disegnare il palinsesto di ‘Domenica con”, il programma di Enrico Salvatori e Giovanni Paolo Fontana, in onda il 7 marzo dalle 14 alle 24 su Rai Storia (canale 54), di cui sarà protagonista. Alla vigilia della Giornata Internazionale delle Donne, l’8 marzo, la Maraini augura alle ragazze di oggi “più autonomia, più libertà, più dignità e più rispetto”.
“Ma la cultura del mercato è tutt’altro che rispettosa verso le donne” dice all’ANSA.
Il mondo delle donne verso il quale la scrittrice ha sempre avuto una grande sensibilità e attenzione e per il quale ha fatto molte battaglie, che momento sta vivendo? Donne come la Vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris sono il segno di una nuova direzione e apertura? “Certo le donne stanno chiedendo sempre più autonomia e posti di decisione. Ma questo crea malumori e sentimenti di intolleranza. Da uno studio dell’Istat risulta che l‘80% degli sfoghi sui social sono diretti contro le donne. E’ grave. Anche perché porta i più impauriti e i più deboli verso la violenza” spiega.
Nella Domenica Con Dacia Maraini sarà proposto il documentario di Maricla Boggio “Marisa della Magliana”, sulla vita quotidiana di una ragazza madre di origine contadina nella Roma degli anni ’70 e si vedrà in prima serata il film ‘Marianna Ucria’ di Roberto Faenza tratto dal suo romanzo ‘La lunga vita di Marianna Ucria’, Premio Campiello nel 1990, che si ispira a una donna straordinaria, un’antenata della scrittrice da parte materna, Marianna Alliata Valguarnera. Cosa la ha conquistata di questa giovane donna? “Il suo coraggio e la sua determinazione nonostante fosse sorda e muta, una condizione ai suoi tempi considerata da manicomio” dice.
ANSA/GIUSEPPE LAMI
A far da filo conduttore è il viaggio che riguarda anche gli affetti più importanti e i grandi incontri della sua vita, dal padre Fosco Maraini, grande antropologo, viaggiatore, fotografo che rivedremo in una puntata de “Il Caffè” del 2005, con Stefano Bollani e il critico musicale Felice Liperi, ad Alberto Moravia, con il quale ha condiviso un lungo periodo di vita, e con l’amico di tante avventure Pier Pasolini.
Qual è la cosa più importante che hai imparato da tuo padre? “Mi ha insegnato a guardare il mondo con gli occhi attenti alla storia e alla antropologia” racconta. E degli anni con Alberto Moravia, dei viaggi con lui e Pasolini, della vita insieme, qual è il ricordo più intenso? “I nostri viaggi erano molto intensi”.
“Non viaggiavamo da turisti ma da curiosi che vogliono conoscere e capire” dice la Maraini secondo la quale Moravia non è stato dimenticato dopo la sua morte. “In quanto a Moravia scrittore, non direi che sia caduto nell’oblio. I suoi libri si continuano a stampare e leggere. A molti scrittori classici succede di essere messi in disparte dopo la morte, per poi farli trovare sugli scaffali e sui banchi delle scuole delle prossime generazioni” sottolinea.
Nel percorso che ha scelto a ‘Domenica Con’ ci sono il Giappone, l’Australia, l’Africa, Palermo e la Sicilia. Cosa hanno significato questi luoghi? “Dovrei scrivere cento pagine per spiegare una ad una le ragioni che mi hanno portata verso questi paesi. Salvo l’Australia, che però ha pubblicato i miei libri e soprattutto ha messo in scena molti miei testi teatrali, gli altri sono paesi che mi sono stati vicini come il Giappone dove ho vissuto per otto anni, o l’Africa dove sono stata ogni anno per mesi, e la Sicilia dove ho vissuto la mia adolescenza”.
Internata da bambina nei campi di concentramento giapponesi la Maraini come sta vivendo questo protrarsi della pandemia? E come spieghi l’autolesionismo in aumento tra i giovani? “Bisogna imparare ad avere pazienza. Alcuni giovani di oggi sono viziati , abituati alla pace e alla libertà non capiscono questa improvvisa restrizione . Cosa farebbero in caso di una catastrofe come un terremoto devastante o una guerra? La pandemia è come una guerra e bisogna imparare a correre nei rifugi se non si vuole morire sotto le bombe” racconta. E annuncia che sta lavorando a un nuovo libro “per l’appunto, sul campo di concentramento dove sono stata chiusa con la mia famiglia per due anni”. (ANSA).