Bilanci truccati e contenziosi con i fornitori lasciati lievitare, così l’Asp di Cosenza sprofonda. Un metodo che ha fatto scuola, dice il Procuratore. Coinvolti manager e politici. E la salute è una lotteria
da del 09 MARZO 2021
di Walter Molino
Falsificavano i bilanci e quando potevano, neppure li presentavano. Sistemavano nei posti dirigenziali amici e clientes senza titoli. E chi doveva controllare, anche se era un Commissario del Governo mandato da Roma, preferiva girarsi dall’altra parte. Così il debito è cresciuto negli anni a dismisura, nessuno più è in grado di dire esattamente quanto.
Benvenuti a Cosenza: l’Azienda Sanitaria Provinciale più grande della Calabria, che dovrebbe prendersi cura di quasi 700 mila cittadini, è ben oltre il limite del fallimento. Il buco è indefinibile, si aggira tra i 750 milioni e 1 miliardo di euro. Un altro mezzo miliardo pesano i contenziosi legali con aziende farmaceutiche, cliniche private e laboratori di analisi che prima fatturano senza autorizzazione prestazioni extra budget, ovvero oltre i tetti di spesa annuali stabiliti dalla Regione, e poi seppelliscono le Tesorerie di ingiunzioni legali.
Il procuratore Mario Spagnuolo lo ha chiamato “Sistema Cosenza” in un’inchiesta che fa tremare i polsi a un blocco di potere opaco e parassitario che da decenni succhia risorse vitali sottratte ai cittadini calabresi e demolisce un pezzetto alla volta il welfare sanitario della terra più dimenticata d’Italia.
Spagnuolo ha lavorato due anni con un solo sostituto e due finanzieri e l’indagine non è ancora finita. Oltre ai massimi dirigenti dell’Asp sono indagati anche i controllori: l’ex Commissario alla Sanità calabrese Saverio Cotticelli, licenziato in tronco nel novembre scorso perché neppure sapeva di dover fare il piano anti-Covid; il suo predecessore Massimo Scura, che davanti al Gip ha confessato di non aver mai visto un bilancio dell’Asp di Cosenza; Antonio Belcastro, per anni figura chiave della Sanità Calabrese, ex capo dipartimento e delegato regionale all’emergenza Covid. Sono stati tutti interdetti dai pubblici uffici, in attesa che si arrivi al processo.
“Il sistema Cosenza è il sistema Calabria”, dicono due degli indagati in un’intercettazione. Perché i protagonisti cambiano nel tempo e nei luoghi, ma le modalità rimangono le stesse. “L’Asp di Cosenza muove qualcosa come 2 miliardi l’anno e i bilanci che abbiamo esaminato sono falsi – spiega il Procuratore Spagnuolo – Più andiamo avanti e meglio si delineano i profili dei protagonisti: oltre alle strutture private che vendono prestazioni sanitarie, ci sono politici, dirigenti e funzionari pubblici ma anche professionisti, importanti Studi legali e Società finanziarie fuori dalla Calabria”.
Già perché il Sistema sazia anche i palati più raffinati, come quelli della Finanza Milanese: decine di Società di Factoring con sede in eleganti palazzi tra il Duomo e Piazza Affari (e cassaforte rigorosamente nei paradisi fiscali) acquistano i crediti dalle strutture private a prezzo di saldo e lucrano interessi a due cifre approfittando del cronico ritardo nei pagamenti che all’Asp di Cosenza arrivano fino a 800 giorni.
Secondo Bruno Santamaria, avvocato milanese che si è occupato a lungo delle truffe ai danni del Sistema Sanitario, “Il ritardo è il bene principale. Quando il credito rimane fermo matura degli interessi che nessun Bot o titolo azionario è in grado di garantire, con la certezza assoluta che quei soldi prima o poi li prendi. Con interessi anche del 50%”.
Una Clinica Privata magari non può aspettare due anni per il pagamento di una fattura ma una Società che si occupa di cartolarizzazioni, sì. È quello che ha pensato l’avvocato Enzo Paolini, politico di lungo corso e più volte Candidato a Sindaco della città, ma soprattutto Presidente Regionale di Aiop, l’Associazione Italiana dell’Ospedalità Privata. È lui che ha messo in contatto molte Case di Cura Private con la 130 Servicing, Società di Intermediazione Finanziaria che offre Servizi a Investitori Istituzionali come Banche, Assicurazioni e Fondi Pensione.
Negli uffici di via San Prospero, a Milano, hanno sede legale una galassia di società che hanno acquistato montagne di crediti dalle cliniche private calabresi. Alcune di queste cliniche fanno riferimento a politici come il Gruppo San Bartolo della famiglia del Consigliere Regionale Luca Morrone o la Casa di Cura Cascini, di proprietà del Sindaco di Belvedere Marittimo. Il Tribunale di Palmi ha stabilito che c’è incompatibilità tra le due cariche, ma lui ha vinto il ricorso e continua a indossare la fascia tricolore al mattino e il camice da dottore nel pomeriggio. In ogni caso il Municipio e la Casa di Cura distano poche decine di metri.
“È venuta da noi una Società milanese. Ci ha detto: vi compriamo le fatture che non vi sono state saldate. Ve le paghiamo al 50% – racconta Cascini sul filo dell’indignazione – Pochi, maledetti e subito. Lo capite o no che noi ci perdiamo un sacco di soldi?». Sarà, ma così le Cliniche Private incassano comunque una parte degli extra budget che non avrebbero potuto fatturare e le Società di Factoring vedono moltiplicarsi il più sicuro degli investimenti.
Ricostruire il rapporto tra prestazioni erogate e fatture è quasi impossibile. Negli uffici dell’Asp di Cosenza nessuno sa dove (e se) vengono conservati i documenti contabili degli anni passati. Poi magari qualcuno – per dolo o per errore – chiede lo stesso pagamento due o tre volte di fila: la Tesoreria non se ne accorge e l’ufficio legale non si presenta neppure in Tribunale quando l’Asp viene citata in giudizio. Nella teoria dei giochi si chiama “win-win”, vincono tutti.
Argo, Arrow, Astrea quattro, Tocai, Toro 1: i nomi delle Società di Factoring milanesi non dicono nulla, ma tutte hanno come Rappresentante Legale la stessa persona. Si chiama Antonio Caricato e da mesi sta tempestando l’Asp di Cosenza reclamando 19 milioni di euro di crediti acquistati dalle Cliniche Private. Ma a Cosenza non si raccapezzano: nella contabilità aziendale per 12 di quei 19 milioni di Crediti non c’è traccia neppure di una fattura.
La Corte dei Conti lo ha messo nero su bianco: “L’Asp di Cosenza non è in grado di identificare la matrice sulla cui base i pagamenti vengono liquidati. C’è il rischio di remunerare più di una volta lo stesso importo per il medesimo debito”. Intanto il totale dei pignoramenti ammonta a circa 300 milioni di euro. Ed è tutto legale. Anche che in poche settimane un debito dell’Asp da poche migliaia di euro, cresca fino a 15 milioni.
“E’ accaduto anche questo. Ma il vulnus è giuridico – spiega il Procuratore Spagnuolo – Quando a un creditore è riconosciuto un titolo esecutivo si apre una procedura a cui possono accodarsi altri creditori, anche se il loro titolo non è stato ancora riconosciuto dal tribunale. Ma se l’Asp non si difende, il giudice le ordinerà di pagare tutti i creditori. Indistintamente”.
Sarebbe curioso sapere chi c’è dietro quella galassia di sigle societarie che girano intorno alla 130 Services di Milano, ma gli investitori istituzionali preferiscono non comparire e la legge glielo consente. Lucrare sulle inefficienze della Sanità calabrese non è un reato e neppure farlo a volto coperto. Le conseguenze dell’orrore però sono tutte sulla pelle di quei 700 mila calabresi che vivono nella Provincia di Cosenza, la quinta per estensione territoriale in Italia, affacciata ai lati sul Tirreno e lo Jonio.
Per esempio: se ti becchi un infarto a Praia a Mare, sul versante tirrenico, devi resistere per cinquanta chilometri di strada statale verso Sud fino all’Ospedale di Cetraro, oppure puoi sperare di arrivare vivo fino a Castrovillari, che in linea d’aria sarebbe anche più vicino ma di mezzo c’è il massiccio del Pollino e i chilometri su e giù tra i tornanti di montagna diventano ottanta. Praia a Mare l’ospedale ce l’avrebbe anche, c’è perfino un Pronto soccorso, ma funziona a singhiozzo perché quello è uno dei diciotto ospedali che l’ex Governatore Scopelliti decise di chiudere nel 2010. Per risparmiare.
Cinque anni prima erano stati avviati tre grandi progetti per gli hub ospedalieri della Sibaritide, nella Piana di Gioia Tauro e a Vibo Valentia. Non ne è stato realizzato neppure uno anche se i lavori per quello della Sibaritide, a pochi chilometri da Rossano, sono stati inaugurati quattro volte, l’ultima nel novembre dell’anno scorso, con tanto di firme e foto di rito. Il Provvedimento di Chiusura di gran parte dei vecchi ospedali è stata giudicata illegittima dal Tar e dal Consiglio di Stato ma quelle sentenze sono da anni lettera morta. Sufficienti però ad Organizzare una Nuova Inaugurazione in pompa magna. Era il 2017, l’allora Governatore Mario Oliverio tagliò il nastro benedetto dal Vescovo e a braccetto con Raffaele Mauro, al tempo Direttore dell’ASP e oggi tra i principali indagati del “Sistema Cosenza”. Poi, più nulla.
Ma chi gode i frutti di questa desertificazione? A pochi chilometri da Praia a Mare c’è una bellissima clinica privata con Pronto soccorso, rianimazione e cardiologia. Si chiamava fino a poco tempo fa “Tricarico-Rosano”, ancora nel 2020 ha preso 13 milioni di euro dalla Regione per rimborsi di prestazioni sanitarie. Ma era già fallita con 100 milioni di euro di debiti. Gli storici proprietari sono stati condannati in primo grado per bancarotta fraudolenta: distraevano i finanziamenti regionali per acquistare beni di lusso. Adesso si chiama “Tirrenia Hospital”, l’ha comprata all’asta per appena 3 milioni Giorgio Crispino, noto imprenditore della sanità cosentina e unico offerente.
Ma non c’è solo Praia a Mare. A Cariati un Comitato Civico occupa da mesi l’Ospedale vuoto da più di dieci anni. Camere perfettamente integre, letti puliti, lenzuola profumate e perfino i riscaldamenti accesi.
L’estate scorsa, per qualche imperscrutabile ragione, è stato rifatto anche l’impianto per la distribuzione dell’ossigeno. Tutto inutilizzato. Eppure, quando è iniziata la seconda ondata del Covid, a Cosenza è arrivato l’esercito per montare un Ospedale da Campo sul piazzale dietro la stazione. A Trebisacce il Sindaco Franco Mundo esibisce una galleria di sentenze che ordinano la riapertura dell’Ospedale, ma poche settimane fa lui stesso ha dovuto impedire con la forza che portassero via i letti dai reparti. Li voleva requisire il Commissario dell’ASP di Cosenza per portarli in una struttura Covid che ne era sprovvista. Di soldi per comprarne di nuovi non ce n’erano.