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Nella notte operazione di Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia contro clan mafiosi messinesi: 21 custodie cautelari in carcere. Le accuse: estorsione, droga e scambio di voti.
di Redazione Online
A Messina, nel corso della notte, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno eseguito un’operazione antimafia congiunta che ha portato all’arresto di 33 persone e al sequestro di beni, in esecuzione di un’Ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina.
Mafia e voto di scambio
I reati sono diversi: associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. Per 21 è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per dieci gli arresti domiciliari, per due l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Indagini convergenti
In particolare le indagini dei Carabinieri hanno riguardato la cosca Giovanni Lo Duca nel rione Provinciale e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica. Le indagini della Guardia di finanza hanno interessato il gruppo criminale capeggiato da Salvatore Sparacio, nel rione Fondo Pugliatti, per il controllo di attività economiche e portando al sequestro di un’impresa del settore del gioco e delle scommesse. La Questura ha infine fatto luce sul clan guidato da Giovanni De Luca nel rione di Maregrosso per il controllo della sicurezza ai locali notturni e nel traffico di sostanze stupefacenti. L’operazione è dunque il risultato di autonome e convergenti indagini del Nucleo investigativo del Comando Provinciale Carabinieri, del Gico del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e della Squadra Mobile di Messina.
Controllo capillare del territorio
Secondo gli investigatori, il clan «esercitava un controllo capillare del territorio», tanto che qualsiasi iniziativa nel rione era assoggettata al preventivo assenso di Lo Duca – da poco scarcerato dopo 13 anni di carcere anche in regime di 41 bis –, in grado anche di dirimere «vertenze». È emerso, infatti, che una donna del quartiere si fosse rivolta a Lo Duca «per ottenere la liberazione del figlio minorenne che era stato trattenuto da un pregiudicato che lo voleva punire per offese pubblicate dal ragazzo su Facebook». Lo Duca intervenne, il giovane fu subito liberato e non fu mai sporta denuncia. Dopo quasi due anni di intercettazioni e osservazioni, i Carabinieri hanno documentato come il suo clan, con minacce, violenze, pestaggi e spedizioni punitive, era riuscito ad avere il pieno potere e a controllare le attività economiche della zona.
9 aprile 2021 (modifica il 9 aprile 2021 | 07:48)