da del 04/05/2021
di Carlo Valentini
Quante volte abbiamo ascoltato ovvie disquisizioni sul fatto che la giustizia sia uno dei pilastri su cui si fonda una democrazia? A una giustizia malata corrisponde una società in cattiva salute. Perciò sorprende che un tassello tanto delicato della vita civile inanelli una serie di cadute rovinose senza che si cerchi di rimettere in sesto il paziente agonizzante, nonostante al capezzale vi siano istituzionalmente il Presidente della Repubblica, il Ministro alla Giustizia e il suo Presidente del Consiglio.
Neppure un siffatto gotha (con protagonisti che si sono avvicendati negli anni) è riuscito finora a trovare il bandolo della matassa. Il bello è che tutti concordano che si tratta di una riforma indispensabile. Che però non esce dal cassetto. I danni, materiali e morali, sono gravissimi. Le iniziative imprenditoriali si ritrovano spesso con le ali tarpate, gli investitori stranieri sono disincentivati a operare, i cittadini non trovano una giusta conclusione alle loro controversie, si producono falle nell’argine alla piccola e grande criminalità, gli intrecci con la politica sprigionano veleni. Si è andata così riducendo al minimo la fiducia in un sistema che nell’antica Grecia era affidato addirittura a una dea, Dike, rappresentata con la bilancia in mano per proteggere i giusti, punire gli ingiusti e mantenere l’ordine.
Luca Palamara, ex membro del Csm ed ex presidente dell’Anm, indagato per corruzione e per questo intercettato mentre in combutta con le correnti interne alla magistratura e con la politica gestiva carriere e trasferimenti, è stato espulso ma tutto s’è fermato lì. In queste settimane è la volta dell’avvocato Piero Amara, o meglio dei verbali dei suoi interrogatori (indagato per depistaggi e corruzione di giudici) consegnati da uno dei pm a Piercamillo Davigo (era consigliere del Csm) e che poi sono stati distribuiti in forma anonima ad alcuni giornali.
Ci sono dubbi sulla veridicità delle deposizioni dell’avvocato (che parla di una loggia massonica in cui si sarebbero ritrovati magistrati e politici) ma il tentativo del loro uso mediatico coinvolge una parte della magistratura. Se il sistema fa acqua non c’è da stupirsi neppure del magistrato milanese travolto dai debiti (s’è messo in aspettativa) o di quello barese (arrestato) che per soldi liberava i mafiosi. Magagne e infedeltà possono succedere, quello che è inammissibile è che non vi si ponga rimedio. A luglio saranno due anni, passati inutilmente, dal caso Palamara.