ROMA / CRONACA
Alle vedette 75 euro a notte mentre i pusher guadagnavano 5 euro a dose venduta. Anche una sorta di «fondo assicurativo» per le famiglie di chi finiva in carcere.
di Ilaria Sacchettoni
Il box 14 dove si vendevano le dosi di cocaina (LaPresse)
Tra un petalo e l’altro al box quattordici si arrivava a guadagnare ventimila euro al giorno. La coca, venduta notte e giorno, dietro la barriera floreale, garantiva più mazzette che sospiri. L’equivoco sarebbe andato avanti all’infinito se non fosse intervenuta la Dda capitolina che, con l’aiuto dei carabinieri di Cassia e Prima Porta più il contributo degli agenti del Flaminio Nuovo, ha finito per indagare 22 persone, eseguendo 11 arresti in carcere, 6 ai domiciliari più 5 divieti di dimora in città. Attorno al box numerato ruotava un’economia fatta di scambi avventurosi e transazioni illecite, di vedette strategicamente posizionate e perfino carabinieri/agenti corrotti che puntellavano il sodalizio con la propria infedeltà.
Dalle attività di indagine, partite nel 2018 «sono emersi molti elementi graniticamente deponenti per la costituzione di una vera e propria associazione a delinquere con una precisa — seppure sempre adattabile alle esigenze del caso concreto — ripartizione dei ruoli che risulta coerente con quanto puntualmente contestato dal pm e con un significativo volume di affari» scrive la gip Monica Ciancio destinando al carcere l’egiziano Soliman Moussa Ahmed Hamza e i vertici dell’associazione destinata al traffico di sostanze stupefacenti. Hamza, esperto e dotato di conoscenze (anche al proprio paese), secondo l’aggiunto Ilaria Calò e il suo sostituto Maria Teresa Gerace, si sarebbe collocato ai vertici. Un gruppo organizzato alla maniera di un’impresa con turni per i pusher e altri per le vedette, compensi prestabiliti più una sorta di «fondo assicurativo» per le famiglie dei più sfortunati, pizzicati in servizio dalle forze dell’ordine. «Tutti i sodali — sottolinea la gip — hanno la piena consapevolezza di far parte di un gruppo stabile dedito alla spaccio di stupefacenti e si percepiscono come membri di una “squadra” che va tutelata». Oltre al reato associativo sono contestati la corruzione, la rivelazione del segreto d’ufficio e l’accesso abusivo al sistema informatico.
Ogni aspetto dell’attività è severamente regolamentato. I pusher guadagnano 5 euro per ciascuna dose spacciata e consegnano al cassiere 35 euro dei 40 riscossi. Le vedette vengono retribuite a giornata seconda i turni, quello di notte viene pagato 75 euro come ricompensa per i maggiori rischi ai quali si espone. Non manca un servizio di vero e proprio trasporto sul luogo di lavoro: «Quando necessario i pusher vengono prelevati e accompagnati alla piazza di spaccio e riaccompagnati al termine del “turno” di lavoro nonché vengono accompagnati quando devono adempiere ad obblighi come quello di presentazione alla polizia giudiziaria. Parimenti le vedette vengono accompagnate nei punti ritenuti strategici e prelevate alla fine del turno».
Tanta meticolosità viene estesa anche alla attività che si potrebbero definire di prevenzione del rischio, per le quali risultano fondamentali sia i carabinieri Enrico Sebastiani e Filippo Mondello (l’uno e l’altro sono stati prontamente rimossi dai loro incarichi operativi e trasferiti) che l’agente Giulio D’Innocenzo. Tutti assieme informano Hamza circa le attività investigative che lo riguardano consentendo a lui e agli altri «di adottare le cautele necessarie per sottrarsi ai controlli. Intercettato, Sebastiani ragiona sugli avvicendamenti ai vertici dei comandi operativi dei carabinieri e della polizia in modo da indirizzare l’attività del sodalizio: «E’ il maggiore (maggiore Salomone) nostro va via un altro anno, l’anno prossimo, eee Fiore (dirigente del commissariato Flaminio Nuovo) dovrebbe andare via, il maggiore nostro va via, l’indagine si chiude e ricominciamo».
9 giugno 2021 | 07:17