L’Uno chiede solo ora politiche fiscali anticicliche, mentre l’Altro intimava il pareggio strutturale
Guido Salerno Aletta
Editorialista dell’Agenzia Teleborsa
Sarà che il tempo passa, sarà che si fa esperienza, ma non c’è dubbio che il Doctor Mario di oggi, colui che lascia la BCE chiedendo alla politica fiscale di fare la sua parte a fini anticiclici, non è più il Mister Draghi di una volta, colui che nel 2011 intimò al governo Berlusconi di perseguire senza remore il pareggio strutturale di bilancio, pur trovandosi l’intera Europa in un contesto di piena crisi economica e finanziaria.
Il 5 agosto del 2011, il Mister Draghi, allora Governatore della Banca d’Italia, inviò un ultimatum al governo italiano, firmandolo congiuntamente a Jean-Claude Trichet che era Governatore della BCE. La lettera fu tenuta segreta fino al successivo 29 settembre quando divenne di pubblico dominio: oltre al pareggio strutturale, da conseguire entro il 2014, c’era una lista di riforme strutturali scritte da chissà chi, ma che sostanzialmente furono adottate dai governi Monti-Letta-Renzi: si andava dalla flessibilità nel mercato del lavoro alla riforma delle pensioni, fino alle previsione di apposite clausole di salvaguardia automatiche che sarebbero dovute scattare nel caso di sforamento del deficit con tagli orizzontali della spesa pubblica.Furono aumenti di imposte e tagli di spesa senza tregua e senza senso, che hanno provocato una crisi, questa sì strutturale, che ha abbattuto l’Italia più di una guerra.
L’obiettivo del pareggio strutturale era stato già accettato dal governo Berlusconi nel mese di luglio, costrettovi dalla furia dei mercati che pretendevano tassi di interesse assurdamente alti sulle nostre emissioni; ma non lo abbiamo raggiunto finora, e non lo riusciremo a raggiungere neppure nel 2020. Con la pistola puntata alla nuca, si firma di tutto.
Caso strano, solo da Governatore della BCE, molti anni dopo, Mister Draghi si cominciò a trasformare in Doctor Mario, più avvertito di come va il mondo.
Non per caso, infatti, solo nel luglio del 2012, dopo aver lanciato ben due operazioni di L-TRO (Long -Term Refinancing Operation) senza limiti predeterminati per rifornire di liquidità le banche, effettuate dopo aver prima abbassato i tassi di riferimento sui rifinanziamenti già nella prima riunione come Governatore della BCE, Doctor Mario si rese conto che i mercati capiscono solo la forza brutale: per mettere la briglia ai mercati imbizzarriti, minacciò da Londra di fare “What ever it takes” qualsiasi cosa sarà necessario, per evitare l’implosione dell’euro.
Ma solo l’anno dopo, a settembre 2013, Doctor Mario se ne uscì finalmente con il programma OMT, che consente alla BCE di acquistare titoli di Stato senza limiti predeterminati nel caso di mancato accesso ai mercati. Vero è che si prevede che il Paese in questione debba inginocchiarsi, ed accettare misure di forte condizionalità, con la rinuncia alla sovranità come è stato per la Grecia.
Il Doctor Mario, che oggi lascia la BCE, ha ben sperimentato quanto sia difficile la gestione della politica monetaria, ed ha constatato quanto inutilmente abbia perseguito l’obiettivo di alzare il livello di inflazione ad un livello vicino ma non superiore al 2%.
Ha fatto tutto quanto riteneva utile, con il Qe (Quantitative Easing), acquistando circa 2.600 miliardi di titoli di Stato, e fissando per la prima volta nella storia finanziaria i tassi negativi sulla detenzione di liquidità presso una banca centrale.
Ha agito, lo ha detto lui stesso, nei limiti del mandato conferitogli e dei vincoli istituzionali che sono posti dai Trattati e dallo Statuto della BCE.
Il problema è che tanto il mandato della BCE contenuto nei Trattati europei che i limiti posti nello Statuto sono sbagliati ed inefficienti: sono ben diversi rispetto alla libertà di azione consentita alla Fed americana, alla BoE britannica ed alla BoJ nipponica, per non parlare della Banca del popolo cinese. Ma di tutto questo il Mister Mario non parla: se lo dicesse, confermerebbe di aver rispettato norme sbagliate.
Mister Mario ha fatto un altro bel passo avanti, dismettendo i panni del fu Doctor Draghi, arrendendosi alla evidenza: il Fiscal Compact è un Trattato assurdo, perché impone la medesima politica di bilancio restrittiva a tutti i Paesi, senza considerare gli altri fattori economici e finanziari interni ed internazionali che dovrebbero consigliare politiche diverse, anticicliche.
Il Fiscal Compact è come le finte orecchie di Topolino che vi vendono a Disneyland: fatte di plastica, hanno una sola misura, uguale per tutti.
Ai piccolini vanno grandi e cadono in continuazione; ai più grandicelli stringono orribilmente alle tempie e vengono subito buttate via.
Serve che la politica di bilancio vada in ausilio alla politica monetaria, così afferma ora il Doctor Mario. Ovvio!
Non possono andare in direzione opposta, con quella monetaria espansiva che cerca di compensare senza riuscirvi quella fiscale stoltamente restrittiva. Perbacco!
L’Uno chiede solo ora politiche fiscali anticicliche, mentre l’Altro intimava il pareggio strutturale.
Mr. Draghi ed il Dr. Mario.