Le raccomandazioni di Francesco ai sindaci dell’Associazione nazionale Comuni d’Italia (Anci), ricevuti in udienza.
da di Redazione Romana
di sabato 5 febbraio 2022
L’udienza del Papa ai sindaci dell’Anci – Vatican Media
“Occorre investire in bellezza laddove c’è più degrado, in educazione laddove regna il disagio sociale, in luoghi di aggregazione sociale laddove si vedono reazioni violente, in formazione alla legalità laddove domina la corruzione”. E ripartire dalle periferie e dai poveri. Con spirito paterno. Sono alcune delle raccomandazioni principali di Papa Francesco ai sindaci dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia (Anci), ricevuti in udienza. Il Pontefice, che il 27 febbraio incontrerà a Firenze i sindaci del Mediterraneo, sembra quasi volersi preparare a quell’incontro, offrendo ai suoi interlocutori italiani tre parole d’ordine, che valgono però anche su una scala geografica più ampia. “Tre parole di incoraggiamento”, le ha definite. “Paternità – o maternità –, periferie, pace”. IL TESTO DEL DISCORSO
Sulla prima ha notato: “Il servizio al bene comune è una forma alta di carità, paragonabile a quello dei genitori in una famiglia. Anche in una città, a situazioni differenti si deve rispondere con attenzioni diversificate; perciò la paternità si attua anzitutto attraverso l’ascolto. Non temete di “perdere tempo” ascoltando le persone e i loro problemi! Un buon ascolto aiuta a fare discernimento, per capire le priorità su cui intervenire. Non mancano, grazie a Dio, le testimonianze di sindaci che hanno dedicato gran parte del tempo ad ascoltare e raccogliere le preoccupazioni della gente. E con l’ascolto non deve mancare il coraggio dell’immaginazione. A volte ci si illude che per risolvere i problemi bastino finanziamenti adeguati. In realtà, occorre anche un progetto di convivenza civile e di cittadinanza: occorre investire in bellezza laddove c’è più degrado, in educazione laddove regna il disagio sociale, in luoghi di aggregazione sociale laddove si vedono reazioni violente, in formazione alla legalità laddove domina la corruzione. Saper sognare una città migliore e condividere il sogno con gli altri amministratori del territorio, con gli eletti nel consiglio comunale e con tutti i cittadini di buona volontà è un indice di cura sociale”.
La seconda parola è periferie. “Spesso voi avvertite il dramma che si vive in periferie degradate, dove la trascuratezza sociale genera violenza e forme di esclusione – ha rimarcato Francesco -. Partire dalle periferie non vuol dire escludere qualcuno, è una scelta di metodo; non una scelta ideologica, ma di partire dai poveri per servire il bene di tutti. Voi lo sapete molto bene: non c’è città senza poveri. Aggiungerei che i poveri sono la ricchezza di una città; ci ricordano le nostre fragilità e che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ci chiamano alla solidarietà, che è un valore-cardine della dottrina sociale della Chiesa, particolarmente sviluppato da San Giovanni Paolo II”.
In tempo di pandemia, ha quindi proseguito il Papa, “abbiamo scoperto solitudini e conflitti all’interno delle case, il dramma di chi ha dovuto chiudere la propria attività economica, l’isolamento degli anziani, la depressione di adolescenti e giovani, le disuguaglianze sociali che hanno favorito chi godeva già di condizioni economiche agiate, le fatiche di famiglie che non arrivano a fine mese… Quante sofferenze avete incontrato! Ma le periferie non vanno solo aiutate, devono trasformarsi in laboratori di un’economia e di una società diverse. Infatti, quando abbiamo a che fare con i volti delle persone, non basta dare un pacco alimentare. La loro dignità chiede un lavoro, e quindi un progetto in cui ciascuno sia valorizzato per quello che può offrire agli altri. Il lavoro è davvero unzione di dignità!”.
La terza parola è pace. “Una delle indicazioni offerte da Gesù ai discepoli inviati in missione è quella di portare pace nelle case: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”» (Lc 10,5). Tra le mura domestiche si vivono tanti conflitti, c’è bisogno di serenità e di pace. E siamo certi che la buona qualità delle relazioni è la vera sicurezza sociale in una città. Per questo c’è un compito storico che coinvolge tutti: creare un tessuto comune di valori che porti a disarmare le tensioni tra le differenze culturali e sociali. La stessa politica di cui siete protagonisti può essere una palestra di dialogo tra culture, prima ancora che contrattazione tra schieramenti diversi. La pace non è assenza di conflitto, ma la capacità di farlo evolvere verso una forma nuova di incontro e di convivenza con l’altro. La pace sociale è frutto della capacità di mettere in comune vocazioni, competenze, risorse. È fondamentale favorire l’intraprendenza e la creatività delle persone, in modo che possano tessere relazioni significative all’interno dei quartieri. Tante piccole responsabilità sono la premessa di una pacificazione concreta e che si costruisce quotidianamente. È bene ricordare qui il principio di sussidiarietà, che dà valore agli enti intermedi e non mortifica la libera iniziativa personale”.
Il Papa ha anche dato atto ai sindaci delle difficoltà che incontrano nel loro servizio. “Si pretende che i sindaci abbiano la soluzione a tutti i problemi! Ma questi – lo sappiamo – non si risolvono solo ricorrendo alle risorse finanziarie. Quanto è importante poter contare sulla presenza di reti solidali, che mettano a disposizione competenze per affrontarle”. E li ha ringraziati per l’impegno. “Attraverso di voi, saluto i sindaci di tutto il territorio nazionale, con grato apprezzamento, in particolare, per ciò che state facendo e che avete fatto in questi due anni di pandemia. La vostra presenza è stata determinante per incoraggiare le persone a continuare a guardare avanti. Siete stati punto di riferimento nel far rispettare normative a volte gravose, ma necessarie per la salute dei cittadini. Anzi, la vostra voce ha aiutato anche chi aveva responsabilità legislative a prendere decisioni tempestive per il bene di tutti”. Francesco ha quindi concluso il suo discorso con la consueta richiesta di pregare per lui, alla quale ha aggiunto una battuta: “Vi chiedo per favore di pregare per me, perché anch’io sono “sindaco” di qualcosa! Grazie.”