Una vera e propria dichiarazione di guerra quella lanciata da Killnet e Legion. I tentativi di saturazione dei sistemi informatici hanno riguardato anche una ventina di altri obiettivi. Alcuni attacchi sono stati respinti.
di Rinaldo Frignani
Una nuova minaccia informatica, una chiamata sui social per chi vuole attaccare l’Italia, risparmiando però le infrastrutture sanitarie, puntando invece su trasporti e comunicazioni. Una vera e propria dichiarazione di guerra da parte di Killnet e Legion che si è materializzata già la scorsa notte con attacchi di Ddos che hanno reso irraggiungibili per ora i siti dei ministeri degli Esteri, dell’Istruzione, dei Beni Culturali e anche quello del Consiglio Superiore della Magistratura. Ma i tentativi di saturazione dei sistemi informatici hanno riguardato anche una ventina di altri obiettivi. Si tratta di una tecnica adottata nei giorni scorsi, sempre contro l’Italia, anche contro l’Eurovision Song Contest e il sito della polizia con milioni di indirizzi Ip utilizzati per paralizzare le attività internet. L’attacco è stato rivendicato via Telegram con lo slogan «Fuoco contro tutti».
Gli hacker filo russi continuano ad avere nel mirino il nostro Paese, l’attenzione è massima, mentre il Copasir ha fatto scattare un’indagine conoscitiva «sulle forme di disinformazione e di ingerenza straniere», anche con il riferimento a «minacce ibride e di natura cibernetica». Uno scenario non collegato solo alla crisi ucraina, ma che affonda le sue radici indietro nel tempo, alla missione «umanitaria» russa da noi, con l’Italia in piena emergenza Covid. Non solo il sospetto di un’ingerenza approfittando della pandemia nel marzo 2020, ma di una vera e propria operazione di spionaggio su larga scala, con personale militare giunto con un ponte aereo da Sochi e intenzionato a bonificare anche le sedi istituzionali italiane, considerate terreno fertile dove acquisire informazioni.
L’indagine del Copasir, annunciata dal presidente del Comitato Adolfo Urso, è la conseguenza delle audizioni del Generale Giovanni Caravelli e del Prefetto Mario Parente, direttori dell’Aise e dell’Aisi, di Carlo Fuortes, ad della Rai, e di Giacomo Lasorella, Presidente dell’Agcom. Adesso sarà la volta dell’Ambasciatrice Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, del responsabile dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale Roberto Baldoni, di Ivano Gabrielli, direttore della polizia postale, e di Giuseppe Moles, sottosegretario con delega per l’informazione e l’editoria. Ci sarà anche un confronto a Bruxelles con le omologhe strutture europee impegnate in indagini sullo stesso tema. E su altri, «come il dominio aerospaziale quale nuova frontiera della competizione geopolitica — spiega Urso — le prospettive di sviluppo della difesa comune europea e della cooperazione tra i Servizi di Intelligence, le modalità di attuazione della desecretazione degli atti per una migliore conservazione e accessibilità dei documenti». Ma il Copasir ha acceso un faro soprattutto sulle presenze in tv, con l’ipotesi allo studio di un meccanismo per filtrare gli ospiti attraverso un audit interno modello Bbc che ha lo scopo di prevenire eventuali ingerenze russe, così come sui social.
Non un’operazione di censura, viene assicurato, ma la conseguenza dell’allarme lanciato dai Servizi su un piano del Cremlino per influenzare l’opinione pubblica e dividere i governi europei. Tanto che, mentre la Commissione di vigilanza Rai studia nuove regole per contrastare la disinformazione e garantire la veridicità delle notizie, nel via libera al contratto del servizio pubblico proprio il governo ha ribadito la necessità di avere un’informazione «obiettiva, veritiera, pluralista e completa».
20 maggio 2022 (modifica il 20 maggio 2022 | 13:36)