La donna, a capo di un ufficio della Asl Roma 6, attestava un numero di visite mai compiute su ignari pazienti per «migliorare» la propria produttività. È ai domiciliari.
di Fulvio Fiano
La carriera prima di tutto, anche a costo di falsificare atti. Era questo il modo di agire di una manager della Asl Roma 6 (Albano laziale e Castelli), secondo quanto accertato da una inchiesta della Procura di Velletri. I Carabinieri del Nas hanno eseguito una ordinanza di arresto che l’ha portata ai domiciliari con l’accusa di aver attestato l’avvenuto screening oncologico (pap-test e cervice-uterina) a beneficio di ignari pazienti col solo scopo di implementare i risultati dell’Ufficio da lei diretto e quindi mantenere, se non migliorare, la propria posizione nelle gerarchie della Azienda sanitaria locale della Roma 6.
La responsabile della presunta truffa è una dirigente medico a carico della quale le indagini hanno raccolto anche intercettazioni audio e video sulle sue condotte illecita. I certificati prodotti venivano inseriti nella Piattaforma regionale Sipso, Sistema informativo dei programmi di screening oncologici, alimentando la banca dati raggiungendo numeri complessivi elevati che nascondevano dati reali molto meno significativi.
I Carabinieri del Nucleo anti sofisticazioni, guidati dal Comandante Maurizio Santori, hanno accertato che la manager, 50 anni, pescava i nomi da inserire nel falso screening dai data base dell’Asl, tra i soggetti venuti a contatto con la struttura in passato ma non necessariamente legati a precedenti campagne di prevenzione. Un centinaio i casi finiti nell’inchiesta partita a inizio anno, ma gli episodi sarebbero molti di più.
Coordinati dal pm Ambrogio Cassiani, i militari dell’Arma stanno compiendo verifiche anche sulle posizioni di alcuni collaboratori della donna, intercettata al telefono con loro mentre cercava di far sparire le prove che l’hanno poi incastrata, avendo fiutato che l’inchiesta sarebbe arrivata a lei. Negli atti di indagine anche le immagini della manager al pc intenta ad estrarre i nomi dai data base e ad inserirli nel file di quelli sottoposti a screening.
Non sono emersi al momento riscontri su vantaggi economici diretti ottenuti dalla donna, che però ne avrebbe guadagnato indirettamente portando i risultati della sua falsa efficienza e degli obbiettivi raggiunti. Con una possibile conseguenza negativa per chi veniva inserito nello screening a propria insaputa, perché risultando già il nome nelle liste dei soggetti sottoposti ad esame, gli stessi soggetti sarebbero rimasti fuori dalle future campagne di prevenzione.