Da Corriere.it
Lo ha deciso il Tar della Liguria che ha rilevato «profili di incostituzionalità» nell’esclusione della società dalle gare di appalto dopo il crollo del viadotto.
Il Tar della Liguria ha inviato alla Corte Costituzionale gli atti sul cosiddetto «decreto Genova», quello che fissava le norme per la ricostruzione del ponte Morandi. La richiesta era stata avanzata da Atlantia, la cui controllata Autostrade per l’Italia (Aspi) era stata esclusa dalle gare per la ricostruzione dopo il crollo dell’agosto 2018. Il Tar ha rilevato nel decreto «profili di incostituzionalità». Aspi aveva chiesto anche l’annullamento immediato del decreto ma su questo punto il Tar ha sospeso il giudizio. «Non sono state accertate, neppure in via indiziaria, responsabilità di Aspi» scrivono i giudici.
«Pur non potendosi ritenere che la legge-provvedimento sia di per se’ incompatibile con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione – scrivono i giudici amministrativi nella loro ordinanza – essa deve osservare limiti generali, tra cui il principio di ragionevolezza e non arbitrarietà».
Secondo il Tar il decreto rischia anche di prefigurare «una restrizione della libertà di iniziativa economica». La chiamata in causa della Corte Costituzionale non avrà comunque ripercussioni sui lavori di ricostruzione del ponte già cominciati: Aspi aveva infatti rinunciato fin dall’inizio a chiedere la sospensione dei lavori.
Nelle sue motivazioni il Tar ligure ravvisa una possibile violazione dell’articolo 3 della Costituzione («Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge») e del 97, quello che stabilisce l’imparzialità della pubblica amministrazione.
Il governo in carica nel 2018 (Conte 1, con maggioranza M5S-Lega) aveva fin dall’inizio annunciato di voler escludere Aspi – che gestiva il ponte Morandi – dalle attività di demolizione e ricostruzione e aveva anche insistito perché alla società fosse revocata la concessione autostradale.
6 dicembre 2019 (modifica il 6 dicembre 2019 | 15:57)