lunedì, Marzo 13, 2023

MERCATI Borse oggi 13 marzo, Europa in rosso con il crac Svb: Milano sprofonda a -4%, tonfo delle banche di Redazione Economia………..

Una seconda banca, Signature Bank, è stata chiusa dalle autorità americane. Lo affermano fonti del ministero del Tesoro Usa, il Fdic e la Fed in una nota congiunta in cui illustrano i loro piani per Silicon Valley Bank. Signature Bank ha sede nello Stato di New York.

Intanto, in Gran Bretagna la Bank of England è corsa ai ripari per stroncare sul nascere le possibilità di «contagio»: la filiale britannica della Silicon Valley Bank (Svb) è stata di fatto già rilevata da Hsbc, colosso mondiale del credito con sede a Londra. La notizia è stata diffusa alle prime ore del mattino dal ministro britannico delle Finanze, Jeremy Hunt, che ha parlato di un accordo privato «favorito» dalla Banca d’Inghilterra. In questo modo, il Cancelliere dello Scacchiere ha voluto sottolineare l’intervento congiunto del capitale privato, della politica e della banca centrale britannica per porre un argine ed evitare l’insolvenza della filiale Svb sulle isole britanniche.

I future delle Borse rimbalzano

La discesa in campo del governo americano, che ha promesso che tutti i depositi di Silicon Valley Bank saranno rimborsati, e l’intervento immediato di governo e banca centrale Oltremanica sembra arrestare il crollo della fiducia a Wall Street dove i future scattano, con quelli sul Nasdaq che salgono dell’2%, tirando la volata all’S&P 500 (+1,8%) e al Dow Jones (+1,2%). La previsione di una Fed meno aggressiva fa correre anche i bond americani, con i rendimenti sui Treasury biennali che cedono quasi 20 punti base (qui l’andamento delle borse dopo lo shock di Svb).

MERCATI

Qui il testo della newsletter «Whatever it takes» di Federico Fubini che spiega quanto successo finora (qui il link per iscriversi alla newsletter):

Garanzie a tappeto concesse nella notte dal Tesoro americano su tutti i depositi e la chiusura di un altro istituto, questa volta la Signature Bank di New York. Mentre l’impatto della caduta di Silicon Valley Bank si dispiega, non posso fare a meno di avere un pensiero per Mitt Romney e soprattutto per Larry Summers. Li conoscete entrambi. Il primo, candidato repubblicano alla Casa Bianca sconfitto da Barack Obama nel 2012 e oggi senatore. Il secondo, ex segretario al Tesoro di Bill Clinton ed ex consigliere economico dello stesso Obama. Due uomini lontani, ma oggi uniti nel chiedere che il governo americano garantisca assolutamente tutti i depositi bloccati della banca californiana fallita. Anche, per dire, quelli di un’azienda di criptovalute chiamata Circle che aveva un conto liquido da 3,3 miliardi di dollari (come gli è venuto in mente?). O quello di un’altra azienda di nome Roku che fa media players per lo streaming e aveva un deposito di cassa da 487 milioni di dollari di denaro liquido.

Fine del modello-California degli affari con i tassi zero

Vero che la Silicon Valley Bank era considerata una star fra le banche (applausi per la preveggenza, vedi sopra). Ma l’argomento di Larry Summers e Mitt Romney – se posso riassumere così – è che per salvare Main Street bisogna salvare Wall Street. In sostanza, bisogna mettere denaro pubblico senza limiti a garanzia degli errori dei gestori privati di questa e altre. Oppure sarà ancora peggio: le imprese di Silicon Valley che hanno la loro cassa intrappolata nel fallimento della banca non potranno più pagare i salari e i fornitori, dunque licenzieranno in massa e scaricheranno la crisi su ancora altre imprese. Per questo, secondo Larry Summers e Mitt Romney, il governo deve garantire tutti i depositi (per 342 miliardi di dollari, nel caso di Silicon Valley Bank). Non più solo fino al limite di 250 mila dollari, ma senza limiti.

Poco prima della mezzanotte di ieri, ora italiana, Summers e Romney hanno vinto: il Tesoro americano ha pubblicato un comunicato, breve e netto, nel quale annuncia che gli azionisti e “certi obbligazionisti non garantiti” nella Silicon Valley Bank non saranno protetti e perderanno i loro soldi. Ma tutti i depositanti saranno tutelati in tutto e per tutto. Anche i miliardari che incautamente avevano messo tutta la liquidità su un solo conto. Altro che limite a 250 mila dollari alla garanzia sui depositi. E’ esattamente ciò che il Movimento 5 Stelle esigeva a gran voce in Italia durante la crisi bancaria: mettiamo tutto a carico del contribuente e che non se ne parli più. Il carattere drastico della misura dà l’idea del timore nel governo americano che, da stamattina, altre banche subiscano una drammatica corsa agli sportelli. Il fatto che ieri verso mezzanotte ora italiana le autorità americane abbiano dovuto annunciare anche la chiusura di Signature Bank, un istituto di New York usato dagli studi legali, dà l’idea dei rischi di panico che dovevano gestire.

Vedremo nelle prossime ore se questo basterà a calmare le acque. Nessuno oggi è in grado di escludere che le cose sarebbero andate come Summers e Romney dicevano di temere. Per l’immediato, tuttavia, trovo interessante anche quello che i due non hanno detto. Romney non dice che la sua carriera è profondamente legata al mondo del private equity: i fondi che comprano imprese a debito, addossano il debito sulle imprese stesse, le ristrutturano tagliando duramente i costi, le rivendono e così cercano di ottenere rendimenti a doppia cifra. Larry Summers poi non dice che lavora da oltre un decennio (anche) per Andreessen Horowitz: uno dei più grandi fondi di venture capital di Silicon Valley, esattamente il tipo di operatore che rischia di perdere molto se il governo non salvasse i depositi bancari delle start up nelle quali il fondo stesso aveva investito.

In sostanza, sia Romney che soprattutto Summers sono moralizzatori pubblici con interessi privati (e non dichiarati). Ma ciò basta a dire che si stanno sbagliando?

Per capire meglio, ricostruiamo in sintesi cosa è andato storto alla Silicon Valley Bank. Negli ultimissimi anni aveva, appunto, aumentato di varie volte i depositi liquidi accettati dalle start up fino appunto a 342 miliardi di dollari: molte imprese innovative tenevano ferma lì la loro cassa per far fronte alle spese, in attesa di iniziare a guadagnare qualche soldo. E anche i fondi di venture capital o di private equity tenevano fermi lì i loro soldi, in attesa di trovare start up nelle quali valesse la pena investire. Insomma si comportavano tutti come se il costo del denaro nel tempo fosse sempre e soltanto nullo. Come se vivessimo ancora nel mondo pre-inflazione, nel quale le banche centrali tenevano i tassi a zero.

Lo faceva anche la banca, di comportarsi così. Non concedeva molti prestiti con quei depositi (appena per 74 miliardi). Invece, tempo fa aveva fatto una massiccia scommessa (100 miliardi) in titoli di Stato americani a tre-quattro anni quando quelli rendevano l’1,79% l’anno. Dunque, come i suoi clienti, Silicon Valley Bank si comportava come se il mondo dei tassi zero fosse per sempre: pensava che avrebbe potuto remunerare i depositi a zero e che avrebbe guadagnato un margine netto investendo al rendimento dell’1,79%.

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