Domenica 15 dicembre 2019 – 12:46
Madrid, 15 dic. (askanews) – Greenpeace ritiene che i progressi che ci si auspicava emergessero dalla Cop25 siano stati “ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto”.
Durante questo meeting “la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti – dice l’associazione ambientalista – mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all’emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi dalla Cop25. Invece, i politici si sono scontrati sull’articolo 6 relativo allo schema del commercio delle quote di carbonio, una minaccia per i diritti dei popoli indigeni nonché un’etichetta di prezzo sulla natura. Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica”.
I governi “devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l’esito di questa Cop è totalmente inaccettabile – dichiara Jennifer Morgan, direttore esecutivo di Greenpeace International – la Cop25 era stata annunciata come un appuntamento tecnico, ma è poi diventata qualcosa in più di un negoziato. Ha messo in luce il ruolo che gli inquinatori rivestono nelle scelte politiche e la profonda sfiducia dei giovani nei confronti dei governi”.
“C’era necessità di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni – conclude – che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l’urgenza e dichiarassero l’emergenza climatica. Anche per l’irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile”.
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