Il manager propose un’emissione obbligazionaria da 30 milioni attraverso strumenti ibridi che secondo lui avrebbe messo in sicurezza l’istituto. La Muse Ventures, che ha un capitale sociale di soli 1.200 euro, fece sapere di volerla sottoscrivere per intero. Poi l’affare si bloccò. La notizia arriva mentre si cercano di salvare azionisti e obbligazionisti con un intervento di Mediocredito centrale e del Fondo interbancario di tutela dei depositi.
il F. Q. | 5 DICEMBRE 2019
La procura di Bari indaga sull’amministratore delegato della Popolare di Bari Vincenzo De Bustis anche per l’operazione di rafforzamento del capitale realizzata all’inizio dell’anno – di cui Il Fatto Quotidiano ha rivelato i dettagli a luglio – e in cui è stata coinvolta una società maltese con soli 1.200 euro di capitale.
La notizia è riportata da Repubblica. De Bustis, 69 anni, era già sotto indagine nell’ambito dell’inchiesta sulla passata gestione dell’istituto. Ha fatto parte del management della Popolare di Bari in due diversi momenti: dal 2011 al 2015 aveva lavorato come direttore generale e a dicembre 2018 era stato nominato consigliere delegato. A luglio 2019 diventato amministratore delegato.
La notizia delle indagini arriva mentre a Bari si cercano di salvare gli azionisti e gli obbligazionisti con un’iniezione da un miliardo di euro da parte di Mediocredito centrale e del Fondo interbancario di tutela dei depositi.
L’operazione sotto le lenti della procura risale a un periodo compreso tra dicembre 2018 e marzo 2019, quando De Bustis portò in consiglio di amministrazione un piano che a suo parere avrebbe messo in sicurezza la banca. Si trattava di un’emissione obbligazionaria da 30 milioni di euro attraverso strumenti ibridi del genere Additional Tier 1, che avrebbero permesso di rafforzare il capitale. Una società maltese, la Muse Ventures Ltd, fece sapere di voler sottoscrivere per intero l’obbligazione della Popolare, mettendo sul tavolo i 30 milioni.
La Muse, scrive Repubblica, è una semplice società di consulenza nata a ottobre del 2017 e con un capitale sociale di 1.200 euro. Per De Bustis, però, era una società abbastanza solida per realizzare l’operazione. L’allora consigliere a fine del 2018 comunicò al cda che l’operazione era chiusa. Ma non era proprio così.
Infatti Bnp Paribas, la banca incaricata di curare l’emissione, avanzò perplessità facendo sapere che c’erano problemi di trasparenza. Della stessa opinione era l’ufficio interno della banca, che parlava di “sproporzione tra i mezzi propri del sottoscrittore e l’importo della sottoscrizione”. Ma De Bustis non cambiò idea davanti al cda, tanto che sottoscrisse quote di un fondo lussemburghese, Naxos Sif Capital Plus, per un ammontare di 51 milioni di euro.
La Banca d’Italia ipotizzò un’operazione circolare. A questo punto l’affare si bloccò: Muse non pagò i 30 milioni promessi e dunque la Popolare fu costretta a non versare i 51 milioni a Naxos, che fece causa alla banca barese.
Dagli stessi uffici della Popolare partì la segnalazione alla vigilanza di Bankitalia sull’identità degli amministratori di Muse. Infatti ad amministrare Muse era Gianluigi Torzi, che insieme al padre Enrico è nelle liste “nere” antiriciclaggio del sistema bancario e al centro di alcune inchieste giudiziarie.