giovedì, Dicembre 19, 2019

Fusione Fca-Psa, qual è il destino dei marchi italiani? Perché Alfa Romeo e Lancia rischiano

IL FUTURO DELL’AUTO ITALIANA

Corriere.it  di Redazione Economia 18 dicembre 2019

La fusione e le complessità

La fusione Psa-Fca dà vita al quarto colosso mondiale dell’auto con quasi 10 milioni di veicoli prodotti, dopo Volkswagen, Renault-Nissan e Toyota. Un’operazione transnazionale e transcontinentale (Fca controlla l’almericana Chrysler, per esempio) che vale 50 miliardi di euro e che si porta dietro, com’è naturale che sia, una serie di complessità da rompicapo.
A cominciare dai numerosi marchi – ben quattordici – da aggregare nella fusione. Quattordici marchi automobilistici, tanto per chiarire, sono più di quelli gestisce l’intero gruppo Volkswagen, il primo della classe per dimensione.
Come in ogni fusione bisognerà evitare i rischi di sovrapposizione per i prodotti e quelli legati all’identità e posizionamento dei marchi, allo scopo di azzeccare la giusta strategia di mercato.

I marchi «generalisti»

Cinque sono i marchi principali, che potremmo definire «generalisti», tanto per intenderci: Citroën, Peugeot, Fiat, Lancia, Opel. Nel progetto di aggregazione dovrebbero condividere le medesime piattaforme, con sinergie industriali per 3,7 miliardi all’anno.

Se industrialmente l’aggregazione ha un senso (per economie di scala, acquisti e impianti), lo ha meno, almeno in linea di principio, sul mercato. Con i modelli dei vari marchi che rischiano di cannibalizzarsi a vicenda nella battaglia delle immatricolazioni. L’intenzione potrebbe essere quella di mettere in concorrenza modelli e marchi (così come i manager), preservando solo chi è in grado di generare utili. Chi resta in piedi sopravviverà. Chi è in difficoltà, malgrado la forza della storia e della tradizione, sarà sacrificato. Ma sarà davvero così?

La competizione tra i manager

Il lavoro di rimodulazione si presenta complesso e articolato. Per plasmare il nuovo super gruppo, Tavares e Manley hanno avviato nove comitati di lavoro composti dai manager di entrambe le società per lo sviluppo del business, del prodotto, dell’organizzazione industriale, degli aspetti legali e finanziari, per la comunicazione istituzionale, risorse umane, relazioni industriali, responsabili degli acquisti. Come ha spigato Bianca Carretto sul Corriere della Sera, ogni comitato è composto almeno da 2-3 persone per ciascuna azienda, in tutto quindi poco più di 50 top manager. «Avremo bisogno di tutti per arrivare a un’entità così grande – ribadisce Tavares – le scelte avverranno seguendo le regole della meritocrazia, per ogni posizione chiave verrà privilegiato il miglior dirigente per assicurare i risultati migliori».

Succederà anche per i marchi? E quali saranno quelli destinati a sopravvivere?

Fiat

Tornando ai marchi, Peugeot, Citroen e Fiat rappresentano l’asse portante della fusione. Uno dei due marchi francese, forse Citroen, a sentire gli addetti ai lavori, potrebbe portarsi su modelli più evoluti, ai margine del segmento «premium», mentre Fiat potrebbe rimanere più «pop».

Con 1,38 milioni di veicoli venduti lo scorso anno, Fiat all’interno del nuovo gruppo è secondo soltanto a Peugeot. La presenza è rilevante in Europa e Sud America. Negli Usa è diffusa solo la 500. L’altro prodotto principale del gruppo è un’altra utilitaria, Panda.

Al prossimo salone di Ginevra, Fiat presenterà in anteprima la 500 elettrica, prima auto a zero emissioni del marchio.

Lancia

Tra i marchi minori, la posizione di Lancia e quella di Alfa Romeo potrebbero essere ridiscusse.
Oggi il marchio Lancia è identificato con Ypsilon, praticamente un mono-prodotto, che vende bene in particolare in Italia. Nel confronto interno Fca-Psa, ha come rivale la linea Ds di modelli semi-lusso e ad alta tecnologia. La scommessa in stile Audi di inventare da zero un brand di prestigio è ancora incerta, anche se dal lato dei costi la linea Ds ha il vantaggio di condividere le piattaforme con Peugeot. In un ottica di selezione, il rischio concreto è che il marchio storico dell’automobilismo italiano (fondata nel 1906 a Torino da Vincenzo Lancia e un tempo protagonista assoluto del mondo dei rally) possa scomparire dalle strade.

Il destino di Alfa Romeo

Alfa Romeo, l’altro marchio storico di Fca, non ha mai trovato un vero rilancio, malgrado le intenzioni più volte manifestate da Sergio Marchionne negli anni del rilancio del gruppo. Ora si trova in una situazione di incertezza, anche se il nuovo numero uno di Fca-Psa, Oscar Tavares, fa del rilancio dei marchi sportivi Alfa e Maserati un punto d’onore. Alfa Romeo e Maserati non hanno contraltari nel gruppo francese, anche se Alfa propone in gamma soltanto tre veicoli: Giulietta, Giulia e Stelvio.
Nel 2018 le vendite sono aumentate del 10% raggiungendo le 119.269 unità anno: di queste, il 69% in Europa e il 21% negli Stati Uniti. Tuttavia, nel 2019 le stime sono deludenti: il marchio di Arese chiuderà l’anno sotto le centomila immatricolazioni. Incertezza anche sui modelli: si aspetta il Suv medio Tonale, presentato al salone di Ginevra.

Jeep

Sul segmento «premium», Jeep sembra in posizione di forza. Nel 2018 Jeep ha aumentato le vendite dell’11%, arrivando a 1,55 milioni di auto. Anche se a fine 2019 le vendite sono scese parecchio e il 2019 potrebbe finire al di sotto delle aspettative. Il veicolo di maggior successo è la nuova Compass (413 mila immatricolazione globali); molto diffusa anche Renegade, Suv di fascia B che conta come rivali alcuni modelli Peugeot, come 2008 e 3008.

Maserati

Chi si sente al sicuro è il marchio del Tridente, malgrado i numeri in calo nelle ultime stagioni (nel 2018 vendite in calo del 28% a 35.238 unità). La casa di Modena è di fatto l’unico marchio premium-sportivo-lusso del nuovo gruppo e gode di prestigio internazionale. Maserati ha prodotti che vanno dalla media Ghibli alla super berlina Quattroporte fino a Levante, il primo Suv della casa. Fca ha già promesso il rinnovo dei prodotti (anche in chiave ibrido-elettrica) con sette nuovi modelli tra il 2020 e il 2023.

Abarth

Abarth ha vissuto nell’ultimo anno il periodo migliore della sua storia: vendite aumentate del 7,4% a 26.736 unità. L’azienda è controllata al 100% da Fca, elaboratore ufficiale in chiave sportiva delle auto del gruppo. I rischi qui arrivano soprattutto dall’assenza nella gamma di un modello elettrico o ibrido che metterebbe Abarth in difficoltà di fronte alle regole e alle sanzioni Ue relative alle emissioni inquinanti.

 

 

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