‘Non è punitivo con nessuno, ma stop sperequazioni-norme favore’
Redazione ANSA-24 dicembre 2019-11:51-NEWS
Le norme del milleproroghe sulle concessioni autostradali non vogliono essere punitive o penalizzanti per i concessionari, ma introdurre un regime più trasparente, per evitare sperequazioni.
In un’intervista a tutto campo in apertura del Messaggero, il premier Giuseppe Conte interviene anche sulla questione concessioni. E dopo la lettera di Aspi all’indomani del provvedimento, osserva che “non si potranno più applicare, tuttavia, norme di favore come quelle invocate da Atlantia, che anche in caso di grave inadempimento pretenderebbe un indennizzo di decine di miliardi. Non lo permetterò”.
Secondo il premier, le nuove norme non creano problemi al sistema, ma “si cerca di rimettere ordine – spiega – in un contesto molto articolato, dove si sono create tante sperequazioni e tanti indebiti vantaggi per i privati”. Guardando poi all’ipotesi di riforma dell’Irpef, Conte fa sapere che ne parlerà con i partiti di maggioranza: “Non immagino di portare a gennaio una riforma bella e pronta. Ci metteremo a lavorare su questo e altri argomenti e decideremo insieme. Dovremo in ogni caso mettere prima a fuoco le priorità politiche e per me questa lo è”.
E con gli alleati non sarà una verifica, aggiunge, piuttosto un confronto tra le forze politiche: “Ho varie idee, ma le riforme strutturali sono le più importanti: la già menzionata riforma dell’ Irpef e del sistema fiscale. La riforma della giustizia tributaria e lo snellimento della burocrazia per rendere più spediti tutti i procedimenti amministrativi”. Quanto all’ex Ilva il presidente del Consiglio, che oggi è a Taranto, chiarisce: “Abbiamo raggiunto un accordo sulla base di alcuni principi e obiettivi, che ci ha consentito di rinviare le udienze prefissate e di ottenere circa un mese di tempo per mettere a punto un efficace piano industriale”, “prevediamo anche l’ ingresso di capitale pubblico, cosa che non è un segnale di debolezza né esprime la volontà di nazionalizzare. La verità è che il coinvolgimento dello Stato garantisce tutti. Dello scudo penale non abbiamo mai parlato”.
Poi il premier si sofferma su due argomenti, Roma e i retroscena sull’ipotesi di gruppi parlamentari a suo nome. Sul primo afferma di rimanere dell’idea che una capitale come Roma non possa reggersi su uno statuto ordinario. E sul secondo spiega di non vederlo come un aiuto all’unità della maggioranza: “Il mio giudizio è negativo – osserva – e chiedo a tutti la massima compattezza e coesione. Invito quindi tutti a confrontarsi all’ interno delle singole forze politiche e degli attuali gruppi parlamentari”.
E in una intervista alla Stampa, il leader del M5s e titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, spiega: “Come può finire? Abbiamo 43 vittime, delle famiglie che ancora piangono, indagini e perizie che ci dicono che Autostrade non ha provveduto adeguatamente alla manutenzione del Ponte Morandi nonostante fosse a conoscenza dei rischi. È gravissimo, non c’ è altra soluzione alla revoca della concessione, mi sembra evidente”. Alla domanda se il Pd in questa battaglia sia con i 5Stelle, risponde: “Su questo il governo è compatto e se qualcuno la pensa diversamente aspetto di ascoltare le loro motivazioni, sono curioso. Qui il punto è che non bisogna aver paura di combattere un colosso, lo Stato va protetto e la regola chi sbaglia paga deve valere per tutti”. A proposito della manovra e delle ipotesi di un piano di riduzione dell’ Irpef, Di Maio spiega che “qualsiasi passo sarà compiuto dovrà seguire la direzione di un ulteriore abbassamento delle tasse soprattutto in favore delle piccole e medie imprese. La riduzione dell’ Irpef è una cosa che chiediamo da tempo, ma senza inganni”. Infine il dossier Libia: “Per l’ Italia la soluzione alla crisi libica può essere solo politica e non militare. È ciò che ho spiegato sia a Sarraj che ad Haftar nel corso della mia recente visita e in questa cornice ritengo fondamentale la prossima conferenza di Berlino. Sono il dialogo e la via diplomatica a dover prevalere e nessuno può dire quale sarà il futuro della Libia se non il popolo libico stesso”.
“Nessun esproprio proletario. Nessuna nazionalizzazione o vendetta. Vogliamo solo che le regole siano uguali per tutti. È così sbagliato in una democrazia liberale?”. E quanto dice, in un’intervista in apertura del Corriere della Sera, la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli a proposito delle nuove norme sulle concessioni autostradali inserite nel Milleproroghe. “C’è un intervento su due concessioni – ricorda -, la Ragusa-Catania e la Tirrenica. Passeranno ad Anas e saranno completate, come giusto in un Paese normale. Poi vengono modificate le modalità di indennizzo in caso di revoca per tutti i concessionari che non si trovano ancora in questa condizione. È una previsione di legge generale. Come si fa in uno stato liberale, parifichiamo le condizione di tutti i concessionari davanti alla legge”. E ad Aspi che sostiene che è già così, De Micheli risponde: “Non mi pare. Ci sono tre o quattro concessioni con condizioni più vantaggiose. Tra queste anche Aspi”. Con le regole in vigore, ad Aspi spetterebbero 23,25 miliardi, osserva il Corriere introducendo la domanda su quanti soldi sarebbero con quelle nuove: “No, molto meno – replica De Micheli – . Ma con la nuova regola ai concessionari eventualmente revocati spetterà la cifra iscritta a bilancio degli investimenti non ammortizzati, oltre a quanto previsto dal codice degli appalti. Per procedere alla revoca ci deve essere un inadempimento grave. Una cosa che va dimostrata e condivisa”. Il decreto è un passo verso la revoca ad Aspi? “La revoca è una procedura separata – chiarisce la ministra -, sulla quale stiamo ancora acquisendo dati. Una volta che avremo terminato l’ analisi, tutto il governo approfondirà il se, il come e il quando”, e “a gennaio saremo in grado di prendere una decisione, ma fino a quando non avremo esaminato tutti gli aspetti non mi sbilancio”.
“La logica di mercato e l’ intervento dello Stato possono coesistere perfettamente, proprio perché esistono i fallimenti di mercato nei quali lo Stato non solo può, ma deve intervenire”. Lo dice il ministro dell’ Economia, Roberto Gualtieri, in una intervista in apertura di Repubblica. Sui possibili interventi pubblici in discussione, dalla partecipazione pubblica nell’Ilva, all’Alitalia, al salvataggio della Popolare di Bari, il ministro spiega che sono di natura diversa, ma Stato e mercato possono coesistere proprio per far funzionare meglio il mercato.
IL PUNTO-
Atlantia ko in Borsa dà battaglia, così ce ne andiamo
Il rischio che Autostrade per l’Italia (Aspi) possa vedersi revocare la concessione senza indennizzo affonda Atlantia in Borsa, con la holding della famiglia Benetton che preannuncia una battaglia legale senza esclusione di colpi per scongiurare una misura che decreterebbe il fallimento di Aspi, con impatti pesantissimi per la stessa Atlantia e le sue controllate. E nella lettera inviata ieri in tarda serata al Governo minaccia di prendere l’iniziativa per sciogliere il contratto dando così l’avvio alla richiesta di un maxirisarcimento da 23-25 miliardi di euro.
A gettare benzina sul fuoco, in un clima già incandescente, contribuisce il quadro impietoso del sistema delle concessioni autostradali tratteggiato dalla Corte dei Conti, dove a vincere sono i privati, che si assicurano profitti ingiustificati, lesinano sugli investimenti, si vedono prorogate le concessioni senza gara, e a perdere è l’interesse pubblico a una gestione efficiente, sicura e trasparente dei quasi 7 mila chilometri di rete autostradale.
La possibilità che il Milleproroghe spiani la strada a una revoca delle concessioni senza indennizzo (stimato da Mediobanca in 22 miliardi per Aspi) e ne affidi la gestione all’Anas, ha spaventato gli investitori.
Atlantia ha perso il 4,85% bruciando 883 milioni di euro.
In caso di revoca Aspi andrebbe in default, non avendo le risorse per rimborsare 10,8 miliardi di bond e 7 mila posti di lavoro sarebbero a rischio.
Il rating di Atlantia diventerebbe ‘spazzatura’, con effetti a catena sulle sue controllate, da Adr ad Abertis. “Se confermato l’articolo 33 sarebbe molto negativo portando a una sostanziale riduzione del valore dell’indennizzo per Aspi e alzando il livello di scontro”, scrivono gli analisti di Equita, secondo i quali, però, la norma punterebbe a “rafforzare” la posizione del governo “nella rinegoziazione del contratto con Autostrade”. L’ipotesi di modificare “ex lege alcune clausole” della convenzione, ha affermato Aspi, presenta “rilevanti profili di incostituzionalità e contrarietà a norme europee”,in relazione ai quali la società “sta valutando ogni iniziativa” per tutelare i suoi diritti.
Aspi ha avvertito Mit, Mef e il premier Conte che l’adozione di una norma simile determinerebbe la risoluzione della convenzione (art.9-bis comma 4), facendo scattare il diritto al maxi-indennizzo.
In questo clima di scontro – anche nel governo, dove il M5s cavalca la revoca, Italia Viva frena e il Pd cerca di mediare – la Corte dei Conti ha demolito, con una relazione di 200 pagine, il sistema delle concessioni, invitando a “trovare un equilibrio tra profitto e interesse pubblico”, con il primo che ha avuto fino ad ora la meglio sul secondo. Le concessionarie hanno goduto di rendimenti ingiustificati potendo permettersi “investimenti sottodimensionati ed extraprofitti” grazie a un sistema regolatorio inadeguato.
Il settore soffre di “mancata apertura al mercato” e produce “inefficienze” quali “l’irrazionalità degli ambiti delle tratte, dei modelli tariffari, di molte clausole contrattuali particolarmente vantaggiose per i privati”. “Un grave errore demonizzarci”, ribatte l’Aiscat: le concessionarie sono “un patrimonio industriale fatto di occupazione e competenze, capacità d’investimento e innovazione tecnologica”.