Per ora gli investitori non prevedono grandi ripercussioni sui mercati mondiali. Tutto dipenderà dagli sviluppi geopolitici e dall’eventuale escalation del conflitto.
da Il Sole24ore.it- del 6 gennaio 2020
di Morya Longo
È ancora fresco l’inchiostro usato dalle banche d’affari e dalle case d’investimento per stampare le previsioni sul 2020 dei mercati finanziari. Eppure quelle tonnellate di carta rischiano, già a inizio gennaio, di diventare vecchie e prematuramente ingiallite: perché nessuno, tra gli analisti e gli economisti, aveva considerato negli scenari per il nuovo anno l’eventualità di una guerra in Medio Oriente. O solo il rischio di nuove tensioni geopolitiche in quell’area tanto strategica per l’economia mondiale quanto instabile. Questo, per i mercati finanziari, è il vero problema dell’attacco americano che giovedì notte ha ucciso il generale iraniano Soleimani: il fatto che giunge come un fulmine a ciel sereno. Inatteso.
La domanda da porsi, a caldo, è: questo evento può cambiare l’umore (fino ad ora euforico) degli investitori? Può diventare l’evento in grado di invertire il trend dei mercati finanziari, che solo giovedì 2 gennaio avevano registrato nuovi record storici? Può insomma il blitz americano diventare lo “spillo” per far scoppiare, sui listini globali, le tante potenziali bolle? Per ora pochi investitori lo pensano: l’opinione prevalente è che il blitz americano sia solo un episodio non in grado, da solo, di cambiare l’umore positivo sui mercati. Forse hanno ragione. Certo è, però, che ora sui mercati c’è un’incertezza in più.
Lo scenario base: impatto limitato
Se è troppo presto per capire che tipo di sviluppi geopolitici possa avere il blitz americano, la reazione dei mercati di venerdì – negativa ma senza panico – dimostra che per ora sui listini prevale la cautela: i mercati già scontavano tensioni geopolitiche (non in Medio Oriente, ma guardavano con apprensione Brexit e le tensioni Usa-Cina) e già sapevano che Donald Trump è un presidente imprevedibile. Al netto di una vera escalation bellica, dunque, i mercati già convivevano con un clima di incertezza globale. Per le Borse, in fondo, cambia poco.
Non a caso Joe Little, global chief strategist di Hsbc, alle sue previsioni per il 2020 un mese fa aveva dato un titolo inequivocabile: «2020, l’età dell’incertezza». Questo clima instabile nel 2019 non ha precluso a Wall Street di volare sui record. E, al netto di eventi drammatici, il 2020 non è atteso diverso. «A mio avviso i rischi in Medio Oriente ci sono, ma allo stato attuale non tali da mutare il sentiment positivo degli investitori», osserva per esempio Fabio Castaldi, senior portfolio manager di Pictet Am.
I due scenari estremi
Sebbene quello neutrale sia lo scenario più gettonato sui mercati, a torto o ragione, esistono però anche due ipotesi alternative: una negativa e una addirittura positiva. La prima è ovvia: il rischio è che il blitz americano porti a un’escalation bellica in Medio Oriente. Una vera guerra. In questo caso il pericolo, dal punto di vista dei mercati, è che vengano colpiti punti nevralgici per il petrolio nel Golfo Persico, causando un rialzo consistente del prezzo dell’oro nero. Se questo accadesse, i contraccolpi per l’economia globale potrebbero essere forti. Questo peserebbe sulle Borse che, invece, oggi scommettono su una ripresa dell’economia mondiale.
Esiste però anche uno scenario potenzialmente positivo. Lo delinea Citigroup. Il motivo è che il generale iraniano Soleimani, ucciso giovedì notte, apparteneva all’ala più oltranzista in Iran contro cui gli Stati Uniti mantenevano le sanzioni. Quando la polvere si abbasserà – ipotizzano gli economisti di Citigroup – questo potrebbe favorire un accordo tra Stati Uniti e Iran e chiudere l’era delle sanzioni. In questo caso per i mercati l’effetto sarebbe dunque positivo.
L’impatto sui mercati
Tutto dipende da quale scenario si concretizzerà e da come reagiranno la politica e le banche centrali. Ma già guardando la reazione dei mercati di venerdì si può capire quali siano i settori e i Paesi più sensibili. Un rialzo del prezzo del petrolio favorirebbe i Paesi esportatori. Per esempio – secondo Citigroup – la Russia, la cui Borsa venerdì è stata infatti positiva. Altri Paesi invece sarebbero penalizzati, come la Turchia. Un’escalation, poi, riporterebbe in auge beni rifugio come i titoli di Stato a lunga scadenza (a dicembre un po’ penalizzati) o l’oro (che ha già corso tanto nel 2019), ma anche i settori difensivi in Borsa (per esempio quello sanitario). Ovviamente ne beneficerebbero le società petrolifere ed energetiche, mentre sarebbero penalizzati i settori più sensibili al ciclo economico. Ma queste, per ora, sono solo ipotesi: prima di capire come reagiranno i mercati bisogna aspettare l’evolversi degli eventi.