Gli aumenti di capitale in natura nelle spa “aperte” potranno essere deliberati sulla base di maggioranze assembleari semplici. Con le stesse maggioranze si potrà deliberare, in queste società, l’attribuzione agli amministratori della facoltà di aumentare il capitale.
da del 10/07/2020
di Luciano De Angelis
Gli aumenti di capitale in natura nelle spa «aperte» potranno essere deliberati sulla base di maggioranze assembleari semplici. Con le stesse maggioranze si potrà deliberare, in queste società, l’attribuzione agli amministratori della facoltà di aumentare il capitale e nelle società quotate escludere, fino al 10% del capitale sociale dal diritto di opzione. Il tutto fino al 31/12/2020.
Il decreto semplificazioni, quindi, riprende quanto già previsto in un articolo della prima bozza del Dlg «Rilancio» (si veda ItaliaOggi del 16 maggio), poi stralciato nella versione definitiva, per ciò che concerne le semplificazioni in tema di aumento di capitale, mentre, non appaiono confermate le norme (allora previste) sul voto plurimo.
Società per azioni aperte. Maggioranze assembleari
Nelle spa, aperte cioè emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, previste dall’art. 116 del Tuf (con più di 500 azionisti diversi dai soci di controllo che detengano complessivamente almeno il 5% del capitale e bilancio che superi almeno due dei tre parametri previsti dall’art. 2435-bis c.c., così come da delibere consob n. 18214/2012 e n. 20621 del 10/10/2018) quando in assemblea sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale, gli aumenti di capitale con nuovi conferimenti in natura o crediti potranno essere deliberati, sulla base di maggioranze semplici.
Tale regola varrà anche per le assemblee in seconda convocazione (sempre che si raggiunga il quorum costitutivo del 50% del capitale sociale). Le stesse maggioranze semplici potranno essere utilizzate per attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale (in questo caso parrebbe anche in denaro) in una o più fasi. Altresì ammissibile sarà con tali maggioranze, nell’ambito delle società quotate, introdurre negli statuti clausole che escludano il diritto di opzione dei soci nei limiti del 10% del capitale preesistente.
Ciò varrà fino al 31/12/2020, a prescindere sia dalle previsioni del codice civile che da eventuali clausole statutarie finalizzate a subordinare le questioni in oggetto a maggioranze più qualificate. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, quindi, non varrà, in questi casi, la maggioranza qualificata dei 2/3 dei presenti prevista dal comma secondo dell’art. 2368 c.c., né le eventuali maggioranze stabilite statutariamente dall’art. 2369, comma 7 c.c..
L’inclusione del diritto di opzione nelle quotate e le deroghe
Sempre entro il termine del 31/12/2020, per le società quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione (es. fra quelli autorizzati dalla Consob, Aim Italia, ExtraMOT, Euro Tlx ecc.) viene prevista una deroga alla procedura ordinaria di deliberare aumenti di capitale, escludendo il diritto di opzione anche oltre i limiti statutari (di norma il 10% o meno ai sensi dell’art. 2441, comma 4 c.c.) ma fino al 20% del capitale preesistente oppure in caso di mancata indicazione del valore nominale, nei limiti del 20% del numero delle azioni preesistenti, alle condizioni previste dalla norma stessa. Anche tale possibilità viene concessa in deroga alle previsioni statutarie ed agevola la sottoscrizione del capitale da parte di soggetti diversi dai soci originari. Risultano altresì dimezzati i termini temporali di convocazione dell’assemblea.
Le modifiche a regime
Alcune modifiche riguardano anche il diritto di opzione a regime. Per tutte le società per azioni, in primo luogo viene ridotto da 15 a 14 giorni il termine minimo per l’esercizio del diritto di opzione.
Inoltre, come si spiega nella relazione di accompagnamento, per le quotate viene previsto, attraverso una modifica del comma 3° dell’art. 2441 c.c., l’obbligo di offrire sul mercato i diritti di opzione non esercitati, dopo il decorso del relativo termine, consentendo alle società di imporre l’esercizio del diritto di prelazione sull’inoptato direttamente in sede di esercizio del diritto di opzione (c.d. oversubscription). Ciò si spiega al fine di velocizzare ulteriormente l’esecuzione di un’operazione di aumento di capitale con offerta in opzione agli azionisti.
Viene, infine, estesa la particolare ipotesi di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale sociale preesistente (art. 2441, comma 4° c.c.) per le società quotate anche alle società con azioni negoziate in un sistema multilaterale di negoziazione. È comunque richiesto che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in apposita relazione da un revisore legale o società di revisione. Le ragioni dell’esclusione o della limitazione dovranno inoltre risultare da apposita relazione degli amministratori.