A Giancarlo Bolondi, 63 anni, residente in Svizzera e già ai domiciliari, è stato contestato dai magistrati di Pavia di essere stato a capo, tra il 2012 e il 2018, di un “network di consorzi e cooperative”, attraverso il quale avrebbe anche “reclutato manodopera in condizioni di sfruttamento”, approfittando dello “stato di bisogno dei lavoratori, tenuti costantemente sotto la minaccia di perdere il lavoro”
di F. Q. | 17 DICEMBRE 2019
È accusato di frode fiscale per milioni di euro, riciclaggio e di sfruttamento del lavoro, in particolare di ‘caporalato’ nel facchinaggio. Con i suoi dipendenti che, per ottenere il lavoro, dovevano firmare contratti rumeni per uno stipendio mensile di 300 euro (1400 leu, la moneta di Bucarest). E senza contributi. A un imprenditore del settore, Giancarlo Bolondi – 63 anni, di origini reggiane, residente in Svizzera e già ai domiciliari da luglio 2018 – della società Premium Net sono stati sequestrati 120 appartamenti di pregio finemente arredati, un villaggio turistico sul Lago di Garda, autorimesse e terreni in Valle d’Aosta, Piemonte, riviera ligure di levante e in Lombardia, nelle province di Milano, Brescia e Lodi. Gli immobili sono risultati a vario titolo nella disponibilità dell’imprenditore, formalmente iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero a Melide, sul lungolago di Lugano, ma di fatto domiciliato in provincia di Milano.
I sequestri sono stati decisi dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, su richiesta dei pm Bruna Albertini e Paolo Storari ed eseguiti dalla Guardia di finanza di Pavia. A Bolondi, come si legge nel provvedimento della Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia, è stato contestato dai magistrati di Pavia di essere stato a capo, tra il 2012 e il 2018, di un “network di consorzi e cooperative”, attraverso il quale avrebbe anche “reclutato manodopera in condizioni di sfruttamento”, approfittando dello “stato di bisogno dei lavoratori, tenuti costantemente sotto la minaccia di perdere il lavoro”. Operai che dovevano accettare condizioni diverse rispetto ai contratti collettivi nazionali su turni, ferie e gestione dei riposi.
Nelle oltre 100 pagine del decreto i giudici Rispoli-Cernuto-Pontani spiegano che all’indagine di Pavia è collegata l’amministrazione giudiziaria che venne disposta a maggio per Ceva Logistic Italia srl, ramo della multinazionale leader nel settore della logistica. Un commissariamento per “sfruttamento di manodopera”, ossia sempre per un caso di caporalato, il primo che si era concluso con una misura di questo genere da parte dell’autorità giudiziaria. Ceva, che a Stradella, nel Pavese, ha la ‘Città Libro’ una sorta di hub logistico per la distribuzione di materiale editoriale, chiariscono i giudici, era proprio “una delle clienti del ‘sistema Bolondi’” e impiegava proprio nell’hub ‘Città del libro’ “manodopera fornita dalla Premium Net”. Lì lavoravano 70 dipendenti italiani, tutti della zona: per ottenere il loro posto di lavoro, avevano firmato il contratto proposto da Byway Jpb Consulting srl, agenzia interinale con sede a Bucarest: lavoravano in Italia con un contratto rumeno. Erano quindi pagati in leu per un totale di 300 euro al mese senza contributi.
Il consorzio di Bolondi, infatti, spiegano ancora i giudici, era “in grado di interfacciarsi sul mercato dell’outsourcing con i principali attori economici pubblici e privati (nel provvedimento l’elenco delle imprese clienti, ndr)”. Allo stesso tempo, almeno dal 2009 l’imprenditore avrebbe portato avanti, tra la Lombardia e il Lazio (un procedimento a suo carico anche dei magistrati di Velletri), “un sistema fraudolento di gestione delle attività economiche finalizzato ad evadere le imposte”, affiancato “da un’attività” di “occultamento della provenienza illecita dei profitti“, con ‘schermi’ societari e prestanome. Il tutto, tra cui anche proventi di “truffe ai danni del sistema previdenziale e del mancato pagamento ai dipendenti del tfr (gli operai venivano spesso licenziati e poi riassunti in altre cooperative, ndr)”, poi riciclato, secondo i giudici, “in investimenti immobiliari”. Solo nel “procedimento pavese”, si legge ancora nel decreto, si parla di imposte evase per “14 milioni di euro”. Sequestrati, oltre a conti correnti e una polizza assicurativa, immobili tra Padenghe sul Garda e Manerba del Garda (Brescia), Camogli (Genova), Lodi, La Thuile (Aosta), Milano anche in zone come Porta Romana e Porta Venezia, Sauze di Cesana (Torino), tutti riconducibili a Bolondi.
Nel luglio del 2018 erano scattate le manette anche per altre 11 persone considerate componenti di un’organizzazione a delinquere che operava tramite la Premium Net Scpa, attiva nel settore della logistica, e una serie di cooperative e consorzi di cooperative a lui riconducibili. Le fiamme gialle pavesi, sotto la guida della Procura di Milano, hanno ricostruito la “storia criminale” di Bolondi, sottolinea la Gdf, partendo dai primi anni 90, quando l’imprenditore cominciava a collezionare i primi precedenti penali per reati contro la pubblica amministrazione, il patrimonio e per evasione fiscale, “evidenziando così una raffinata e ostinata capacità delinquenziale“.
Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini hanno indotto la Procura di Milano-Sezione distrettuale misure di prevenzione, ad approfondire le posizioni patrimoniali dell’imprenditore e di alcuni familiari, oltre che di un’insospettabile milanese 50enne, impiegata di un ente locale, molto vicina all’imprenditore, socia di una delle società immobiliari e intestataria di una polizza vita del valore di oltre un milione di euro, oggetto anch’essa oggi di sequestro. Scavando per mesi su centinaia di conti e rapporti finanziari i militari sono riusciti a individuare un ingente patrimonio “frutto delle sue attività criminali, abilmente occultato mediante schermi societari e persone fittiziamente interposte”.
Bolondi, “nonostante vantasse un elevato tenore di vita con macchine di grossa cilindrata, cene nei ristoranti più prestigiosi di Milano, acquisti di gioielli e orologi, viaggi esclusivi, disponibilità di ingenti somme di denaro contante e di appartamenti in centro a Milano e nelle località sciistiche e balneari più prestigiose d’Italia, risultava non possedere nulla all’infuori del suo reddito“, scrive la Gdf. All’esito dell’indagine patrimoniale, “portata avanti districandosi in un vero e proprio labirinto di società (anche di diritto inglese) e fiduciarie”, sono stati individuati immobili e liquidità per circa 17 milioni di euro. Nelle ultime ore i finanzieri di Pavia, in esecuzione della misura di prevenzione emessa dal Tribunale di Milano, stanno sequestrando centoventi tra appartamenti di pregio finemente arredati, un villaggio turistico sul Lago di Garda, autorimesse e terreni in Valle d’Aosta, Piemonte, riviera ligure di levante e in Lombardia, nelle province di Milano, Brescia e Lodi. Gli immobili sono risultati a vario titolo nella disponibilità dell’imprenditore, formalmente iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero a Melide, sul lungolago di Lugano, ma di fatto domiciliato in provincia di Milano