Il nuovo governo starebbe studiando una moratoria di almeno sei mesi per le bollette non pagate di imprese e famiglie. Questo comporterebbe un ulteriore stress sulla gestione del circolante di alcuni retailers |Le società energetiche a un passo dal default | Ue raggiunge l’accordo per contenere i prezzi dell’elettricità. Ecco le misure approvate e quelle ancora in discussione.
da del 03/10/2022 14:14
di Rossella Savojardo
Per risolvere il nodo della profonda crisi energetica e il caro bollette a cui si sta assistendo, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni avrebbe in mente un decreto in assoluta continuità con gli ultimi tre dell’esecutivo di Mario Draghi. Dopo il Consiglio straordinario Ue di venerdì 30 settembre, che si è concluso con un accordo sul risparmio energetico, sul tetto ai ricavi delle società infra marginali ma ancora con un nulla di fatto sull’accordo sul tetto al prezzo del gas, Giorgia Meloni è ben consapevole che sarà necessario un nuovo provvedimento.
Le misure al vaglio del governo sul caro bollette
La leader di Fratelli d’Italia, stando a quanto riferito da Repubblica, avrebbe a disposizione dai 10 ai 25 miliardi di euro per combattere il caro energia. Dieci lasciati in eredità da Draghi, grazie al minor deficit ufficializzato dal ministro dell’economia Daniele Franco nella Nadef, altri 10 miliardi almeno dalle extra entrate tributarie degli ultimi quattro mesi dell’anno (soprattutto l’Iva per via dell’inflazione) e 5 miliardi dagli incassi dalla tassa sugli extraprofitti (1 miliardo già avanzato dal decreto Aiuti bis, versato dalle imprese delle rinnovabili).
Guardando alle misure, almeno 4,7 miliardi serviranno per rinnovare il credito d’imposta per dicembre alle imprese energivore, già allargato da Draghi a bar, negozi e ristoranti. Tre miliardi per un bis del bonus da 150 euro a 20 milioni di lavoratori e pensionati, compresi precari e autonomi, con redditi fino a 20 mila euro annui. Due miliardi per lo sconto accise sui carburanti di 30,5 centesimi dal 17 ottobre fino a fine anno. E poi allo studio di FdI c’è la moratoria per famiglie e imprese sulle bollette non pagate: almeno sei mesi di non morosità e senza distacchi di luce e gas. E l’ombrello della garanzia Sace da allargare alle piccole imprese di fornitori di energia che rischiano il crac se le aziende sono insolventi. Si valuta poi l’ipotesi di alzare il tetto Isee per il bonus sociale in bolletta.
Dalle misure Ue a quelle del nuovo governo: cosa succede alle società italiane
Alcune di queste misure a livello nazionale potrebbero anche essere indirizzare a quelle società che fanno parte di quel 15% degli operatori di energia più piccoli adesso sull’orlo del fallimento a causa delle difficili e volatili condizioni di mercato. Dall’altra parte, come sottolinea Equita Sim, “sul settore energia”, invece la misura in merito alla “moratoria di sei mesi sulle bollette è un elemento negativo che può comportare ulteriore stress sulla gestione del circolante in particolare per i retailers come Enel, A2a, Iren, Hera o Acea“.
Per quanto riguarda, invece, le misure a livello europee gli esperti dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo si sono concentrati sugli effetti che potrebbe avere il tetto di 180 euro per Mwh ai ricavi per le aziende infra marginali che forniscono energia da fonti rinnovabili e nucleare sul mercato elettrico. “Riteniamo che le aziende rinnovabili come Erg o Acciona Energia, siano interessate dal meccanismo del massimale delle entrate, anche se notiamo che il livello di 180 MWh stabilito è sufficientemente alto, a nostro avviso, per consentire loro di generare profitti solidi e cercare di rispettare i loro obiettivi di crescita della capacità, sia a breve che a lungo termine la tendenza rimane sicura”, spiegano gli analisti.
Nell’accordo Ue vi è anche la proposta di una riduzione obbligatoria del 5% della domanda elettrica, da effettuare nelle ore di punta in tutti gli Stati membri. In merito a questo punto e per quanto riguarda i fornitori integrati di utilities ed energia come Enel, Eni, A2A, Hera, Iren, Acea, Ascopiave, Intesa ritiene invece “che potrebbero essere influenzati dai minori volumi forniti nel contesto dell’obiettivo di riduzione della domanda”. In particolare stando agli analisti, Eni e Saras dovrebbero essere colpiti dal contributo di solidarietà anche se il meccanismo fiscale è ancora da decidere e quindi non è possibile quantificare l’importo della tassazione extra in questo momento. “Nel complesso”, concludono a Intesa Sanpaolo, “se le norme dovessero comportare una riduzione significativa dei prezzi dell’energia, ciò sarebbe positivo in quanto implicherebbe probabilmente una minore pressione sui clienti e un rischio di credito al ribasso sulle vendite di energia effettuate”.