ROMA/ CRONACA
Ordine di trasferimento dopo le accuse di una fedele, che don Luigi Bergamin ritiene infamanti. Il Quartiere lo difende: «Si è battuto per non far privatizzare dei terreni davanti alla Chiesa e ci è riuscito, ma questo gli ha procurato dei nemici»
di Maria Egizia Fiaschetti
Don Luigi Bergamin con i fedeli della Chiesa di Santo Spirito a Castel di Guido (foto Ansa/Massimo Percossi)
Domenica sera l’ultima cena. Da 48 ore Don Luigi Bergamin, 66 anni, veneto di Castelfranco, è in sciopero della fame. Sacerdote nella chiesa di Santo Spirito a Castel di Guido, ultima propaggine a nord del Raccordo anulare, protesta contro la sentenza di sospensione che gli è stata notificata dagli organi ecclesiastici. A far scattare il provvedimento, come annota il sacerdote nella memoria difensiva depositata alla Curia vescovile di Porto-Santa Rufina l’8 settembre 2017, la denuncia di una fedele, non assidua nella parrocchia. La donna avrebbe riferito di essere stata molestata durante la confessione e che don Luigi si sarebbe espresso in termini contrari alla dottrina. Accuse che il prelato respinge come infondate nell’autodifesa consegnata ai suoi superiori. E riguardo alla testimonianza di un sacerdote, il quale avrebbe corroborato «il resoconto della signora», insiste: «Chiedo che questo “don” venga a comprovare cosa ho detto contro la fede e la morale, se mi ha mai sentito dire qualcosa contro la verginità e la purezza di Maria… Ritengo che si debba procedere per falso e calunnia e mi riservo di procedere per le vie legali».
La prima volta il parroco viene convocato in Curia il 31 dicembre 2016 con l’accusa di «sollecitazione a una donna durante una confessione», fatto che risale all’anno precedente. All’inizio crede di potersi difendere da solo, senza nominare un legale. Se non fosse che, a distanza di mesi, quando scopre che l’istruttoria non solo è andata avanti, ma che si è conclusa con l’allontanamento per due anni, si affida a un avvocato per impugnare la sentenza. E però, la Congregazione per la Dottrina della Fede rigetta il ricorso. Ad aprile dello scorso anno, viene pregato di «liberare gli spazi e ordinare ogni cosa» per passare le consegne al suo successore. In alternativa gli viene prospettato «un periodo di studio, riflessione e preghiera presso una struttura per sacerdoti in difficoltà». La destinazione individuata è una Casa dei Padri Venturini a Trento dove, secondo don Luigi, «vengono mandati i preti con problemi psichici».
Nella ricostruzione del parroco, dietro alle accuse che gli vengono mosse vi sarebbe la contesa su un campetto di calcio adiacente alla canonica: «Tutto nasce dal fatto che amici di persone della diocesi vogliono mettere le mani su quel terreno, io quando sono arrivato ho bloccato tutto…». Contattata al telefono la diocesi, presieduta dal vescovo Gino Reali, non ha voluto replicare: «Non abbiamo nulla da dichiarare». Va tuttavia registrato che misure così drastiche come quella comminata a don Luigi vengono prese a fronte di comportamenti giudicati particolarmente gravi. Al tempo stesso, tuttavia, non è stato possibile risalire alla testimone, né agli atti sui quali si è incardinato il procedimento in quanto secretati. Così come, di contro, al parroco è fatto divieto di rivelare il contenuto della confessione, finanche in sua difesa. Ulteriore elemento: alle forze dell’ordine non risultano «denunce o dichiarazioni raccolte in via informale».
I parrocchiani ieri si sono stretti intorno a don Luigi per un sit-in di solidarietà. Tra gli altri, il Presidente del Comitato di Quartiere, Andrea Bettini: «Lo conosciamo tutti come uno che si è sempre occupato di diritti civili. Si è battuto per non far privatizzare dei terreni davanti alla chiesa e ci è riuscito, ma questo gli ha procurato dei nemici». Miriam Filotti, sua dirimpettaia, rivela: «Ho un fratello disabile in carrozzina, solo da quando c’è don Luigi grazie al suo aiuto ha potuto salire i gradini della chiesa». Sostenuto dalla Comunità, il Sacerdote è determinato ad andare avanti: «Non mi fermerò finché non interverrà Papa Francesco».