Sembrava che il peggio fosse passato. Eppure, a sette mesi dalla scoperta del primo caso di Coronavirus in Italia, l’ospedale di Codogno, comune diventato simbolo della pandemia, non riesce a garantire un’assistenza di qualità ai cittadini a causa di gravi carenze di organico. Dagli infermieri ai medici, tutti sono costretti a turni massacranti e continui sacrifici. E gli effetti, purtroppo, ricadono sui pazienti. Come Domenico, rimandato a casa con un principio di infarto in corso: “Adesso faccio causa all’ospedale”, dice a Fanpage.it.
da ATTUALITÀ- LODI 26 SETTEMBRE 2020 12:12
di Filippo M. Capra
“Mi hanno detto di prendere la tachipirina 1000” Gli hanno messo cinque bypass e un pacemaker Un dipendente dell’Asst Lodi: “Siamo sotto organico” L’inchiesta di Fanpage.it
Sos sanità nel Lodigiano. A sette mesi di distanza dal primo caso di Coronavirus diagnosticato a Codogno – con la pandemia momentaneamente gestita e confinata – i cittadini lodigiani restano in balìa di un servizio che funziona a intermittenza. Dal pronto soccorso di Lodi, collegato a quello di Codogno, alla calendarizzazione delle visite di controllo: nel Lodigiano la situazione sta lentamente sfuggendo di mano e all’orizzonte non paiono esserci ancora soluzioni, quantomeno non definitive. Fanpage.it ha ricostruito condizioni lavorative, ma soprattutto assistenziali allarmanti, raccogliendo testimonianze di dipendenti dell’Asst Lodi e le vittime di un sistema sanitario che, in almeno una circostanza, ha rovinato la vita a un paziente.
Un dipendente: In caso di nuova ondata Covid saremmo in seria difficoltà
Come spiegato da una fonte che ha chiesto di rimanere anonima, “dal punto di vista infermieristico, sia il pronto soccorso di Codogno che quello di Lodi sono sotto organico. Se dovesse arrivare una nuova ondata di Covid – ha aggiunto – saremmo in seria difficoltà”. A Codogno risultano infatti esserci “19 infermieri” contro gli “almeno 25” che dovrebbero garantire il servizio minimo di assistenza. Inoltre, essendo il pronto soccorso di uno stesso presidio ospedaliero – continua a spiegare la fonte – “i medici sono in condivisione con il personale medico del pronto soccorso di Lodi”. Di conseguenza, se un cardiologo è a Codogno non è a Lodi, e viceversa, come denunciato da Elena Torresani, figlia di Luigino, che il 4 luglio scorso è caduto in casa ed è dovuto correre al pronto soccorso di Codogno: “Dicevano: ‘Sappiamo che qui non ci sono un cardiologo e un radiologo, sono reperibili a Lodi’”. E quindi Luigino ha dovuto attendere quattro ore per avere il referto di una radiografia, utile per capire se vi fosse un’emorragia in corso, pericolosissima per lui che ha un cancro al sangue. Ma considerato che il referto non arrivava, l’uomo è stato “portato al pronto soccorso di Piacenza dove in due ore è stato refertato e ricoverato”. L’aspetto preoccupante, però, ad avviso di Elena, è che “Lodi non sia subentrato. È quella la cosa grave. Nell’emergenza non si può contare neanche su Lodi”.
Un paziente: Mandato a casa con un infarto, gli faccio causa.
C’è a chi però è andata molto peggio e poteva rimetterci la vita. È il caso di Domenico Ferrise, cittadino di Codogno che si è presentato al pronto soccorso con dolori al petto e al braccio. Dopo circa un’ora dal suo ingresso, però, il medico che l’aveva preso in carico lo dimette per semplici dolori intercostali. La soluzione al dolore? Una tachipirina 1000. Eppure Domenico ha continuato a stare male e, solo dopo un test sotto sforzo pagato a sue spese, gli è stato comunicato che stava avendo un infarto in corso: “Guarda che hai le coronarie sfasciate, mi hanno detto”, racconta Domenico a Fanpage.it. “Se stai a casa non dormire perché rischi, hai in corso un infarto”: queste le parole del cardiologo a cui Domenico si è rivolto per capire il suo reale stato di salute. L’uomo è stato poi ricoverato alla Clinica San Donato dove, come racconta lui stesso, “mi han tagliato la gamba, la safena, sessanta punti. Più altri trenta e un drenaggio”. Appena ricoverato gli è stato detto dai medici: “Sono tre bypass”. Diventeranno poi cinque, con l’aggiunta anche di un pacemaker. Ed è con l’amarezza di chi ha rischiato di non poterla raccontare che Domenico dice: “Se ascoltavo il medico che mi ha preso in cura, e non andavo a fare la prova di sforzo, morivo in casa”. Tutto lo sconforto dell’uomo, che ribadisce più di una volta come questo errore di giudizio lo abbia “rovinato”, potrà trovare forse un po’ di sollievo con l’azione legale che sta per avviare: “Tramite l’avvocato faccio causa all’ospedale di Codogno. Perché non gliela perdono”.
L’Asst Lodi: Garantita la massima sicurezza per l’utente
Contattata da Fanpage.it, l’Asst Lodi ha fatto sapere in una email a firma del direttore generale che “le difficoltà legate alla oggettiva carenza di personale riguarda il Pronto Soccorso della Asst di Lodi inteso come unica Struttura Complessa che comprende sia il PS di Codogno che quello di Lodi. L’Asst, nel quadro delle regole di sistema, sta procedendo alle assunzioni necessarie a garantire la completa copertura del turn-over.
Nel frattempo questa carenza (4 unità infermieristiche) è supportata e colmata dallo spostamento di risorse assegnate al P.S. di Lodi sul P.S. di Codogno, nell’ottica di un progetto di reale ed efficace integrazione tra le due strutture. In questo modo sono sempre assicurati i contingenti assistenziali di presenza, così come le competenze avanzate dell‘infermiere di P.S. in modo tale da garantire sempre la massima sicurezza per l’utente che accede ai nostri Pronto Soccorso”.