Dopo i 20 miliardi di marzo, il governo chiederà al Parlamento di poter fare altri 50 miliardi di deficit.
Soldi necessari per finanziare il nuovo decreto legge di sostegno a un’economia annichilita dal lockdown per coronavirus e dalla chiusura delle imprese, con l’Ufficio parlamentare di bilancio che stima una perdita del Pil del 15% nel semestre.
di Andrea Bassi
La richiesta di sforamento del deficit sarà deliberata oggi dal consiglio dei ministri, insieme all’approvazione del Def, il documento di economia e finanza che preannuncia un 2020 da incubo. Il Pil crollerà a fine anno dell’8%, e il deficit salirà a una cifra analoga. Il debito è destinato a superare il 155% del Pil. Proprio per provare ad arginare questo scenario catastrofico, il governo metterà sul piatto altri 80 miliardi di euro: 50 di maggior deficit, ai quali si aggiungono 30 miliardi di garanzie e di finanziamenti per la Cassa Depositi e Prestiti che non rientreranno nel deficit. Proprio qui sta una delle novità del prossimo provvedimento.
Il governo darà al gruppo guidato da Fabrizio Palermo munizioni sufficienti (la cifra che gira è una quarantina di miliardi) a salvare e proteggere le imprese strategiche nazionali. La Cassa potrà entrare nel capitale dei gruppi considerati essenziali per tenere salda l’ossatura economica del Paese, anche procedendo a nazionalizzazioni temporanee.
Un meccanismo reso possibile oggi dall’allentamento sulle regole degli aiuti di Stato e da quelle di Eurostat che altrimenti avrebbero imposto al governo di contabilizzare il debito del risparmio postale nei conti pubblici.
Il modello, del resto, è quello della Kfw tedesca, alla quale Berlino ha messo a disposizione 100 miliardi per proteggere le imprese. Già con il decreto sulla liquidità, approvato una decina di giorni or sono, erano stati allargati a dismisura i poteri speciali del Tesoro per proteggere le imprese strategiche, prevedendo anche la possibilità di difendere i gruppi da scalate ostili europee e non solo da quelle extracomunitarie. C’è poi il capitolo delle garanzie alle imprese.
Alle banche le domande di prestiti con la copertura pubblica stanno arrivando copiose. Ma i due fondi che devono concedere le garanzie, quello del Mediocredito Centrale e quello della Sace, hanno risorse insufficienti per rispondere a tutte le domande. Per questo saranno stanziati altri 30 miliardi. Le imprese, tuttavia, non otterranno solo prestiti. Arriveranno anche dei contributi a fondo perduto per quelle medio piccole che hanno subito perdite di fatturato superiori al 50%.
I meccanismi sono ancora allo studio. Il ministero dello Sviluppo propende per aiuti monetari, il Tesoro preferirebbe sconti sulle tasse e aumento delle compensazioni fiscali. Rimane anche l’ipotesi di permettere a chi riceverà i 25 mila euro garantiti dallo Stato di scomputare dalle rate del prestito quanto pagato per gli affitti. C’è poi il capitolo degli aiuti al lavoro e alle varie categorie. Ieri il ministro Nunzia Catalfo ha ribadito che ci sarà il rifinanziamento di tutti gli ammortizzatori sociali già previsti a marzo – compreso l’indennizzo per partite Iva, autonomi e stagionali che da 600 passerà a 800 euro e sarà pagato in automatico per due mensilità. Ci sarà l’ampliamento dei congedi parentali per i genitori con figli e un’indennità per i lavoratori domestici (colf e badanti), che potrebbe essere tra i 400 e i 600 euro.
IL CAPITOLO
L’altro capitolo è quello del Reddito di emergenza. L’intenzione sarebbe quella di riconoscere un assegno tra i 500 e gli 800 euro a seconda della composizione del nucleo familiare. Lo stanziamento, come ha spiegato due giorni fa in Parlamento il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, sarebbe di 2 miliardi di euro e coprirebbe 3-3,5 milioni di beneficiari. Complessivamente il valore delle misure di sostegno al reddito, compresa la Cassa integrazione, avrebbe un costo per lo Stato di 25-30 miliardi di euro.
Ultimo aggiornamento: 12:18