Secondo l’amministrazione avevano causato “enormi differenziali negativi” e il vincolo “era destinato a durare sino al 2025, se non recedendo anzitempo con un costo di uscita pari a diversi milioni di euro”. “Una sentenza storica” secondo la vice ministra dell’Economia Castelli. Per Carla Ruocco “potrebbe avere un impatto diretto sugli equilibri di finanza pubblica”
dadi F. Q. | 14 MAGGIO 2020
La Corte di Cassazione, con sentenza depositata due giorni fa, ha liberato il Comune di Cattolica dal vincolo di tre contratti derivati stipulati con la Bnl nel 2003 e 2004. L’amministrazione comunale della città romagnola era in contenzioso con la banca da anni e lamentava che quei prodotti finanziari le avevano causato “enormi differenziali negativi” e il vincolo “era destinato a durare sino al 2025, se non recedendo anzitempo con un costo di uscita pari a diversi milioni di euro”.
“Una sentenza storica” secondo la vice ministra dell’Economia Laura Castelli. “Fa emergere che la finanza degli enti locali non può essere considerata neanche lontanamente alla stregua di una finanza con finalità speculative“. “E’ un’ottima notizia non solo per il Comune di Cattolica, ma per tutti gli Enti pubblici italiani che negli anni sono rimasti nella tagliola di questi strumenti finanziari”, ha commentato dal canto suo Carla Ruocco, presidente della Commissione di inchiesta sul sistema bancario. “Un pronunciamento epocale che potrebbe avere un impatto diretto sugli equilibri di finanza pubblica“.
L’annullamento in autotutela da parte dell’ente dei contratti interest rate swap aveva portato a un contenzioso che ammontava circa a 7 milioni di euro. La difesa del Comune “si è fondata sull’irregolarità delle modalità contrattuali all’interno della Pubblica amministrazione”.
In particolare, fa sapere l’amministrazione, “si è sostenuta la tesi della carenza di poteri in capo al dirigente del settore finanziario (firmatario dei contratti derivati) in assenza di una previa deliberazione del Consiglio comunale”. Con questa sentenza la Cassazione, che ha respinto il ricorso della banca, “riconosce il principio per cui i contratti che prevedono un ‘premio di liquidità‘ da incassare al momento della stipula (up-front) essendo ‘collegati ex lege’ ai rapporti debitori sottostanti, costituiscono una ‘forma di indebitament0’, e devono quindi essere trattati come tali, sia dal punto di vista delle procedure amministrative, sia dal punto di vista contrattuale”.
In pratica “tale indebitamento avrebbe dovuto avere il via libera del Consiglio comunale”, ha sottolineato Ruocco. “Inoltre, la nullità è stata confermata perché al momento della stipula non era stato determinato il valore dei derivati in questione”. Per la viceministra Castelli la sentenza “da un lato richiama gli Amministratori alla massima cautela e prudenza, ma dall’altro impone al sistema bancario un approccio non speculativo. Va in questa direzione, con le dovute differenze, il grande lavoro che stiamo facendo anche per la ristrutturazione dei debiti degli Enti Locali, intervenendo con norme semplici, trasparenti e chiare nel loro intento”.