Figli dei boss ai vertici dei clan. Dalle estorsioni allo spaccio fino al pizzo sulle vincite
Redazione ANSA MESSINA 28 febbraio 2020 13:00 NEWS
In provincia di Messina e in altre località italiane, i carabinieri del Comando Provinciale della città dello Stretto e del R.O.S. hanno arrestato 59 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, spaccio, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia, reati aggravati dal metodo mafioso.
L’operazione, denominata “Dinastia”, nasce da un’inchiesta della Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, sulla “famiglia” mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, clan storicamente legato a Cosa nostra palermitana. L’indagine ha portato all’arresto di affiliati e gregari della cosca barcellonese che negli ultimi anni ha investito massicciamente nel settore del traffico di sostanze stupefacenti per integrare i guadagni illeciti delle estorsioni.
Commercianti, imprenditori, agenzie di pompe funebri, ma anche chi vinceva alle le slot machine finiva nel mirino del racket nel messinese. I clan di Barcellona Pozzo di Gotto chiedevano soldi a tappeto, come emerge dall’indagine della Dda di Messina che ha portato all’arresto di 59 persone. A raccontare i particolari delle attività illegali delle cosche sono diversi pentiti come Carmelo D’Amico, Aurelio Micale e Nunziato Siracusa. I collaboratori di giustizia hanno riferito che due ragazzi, avevano vinto 500mila euro giocando ad una slot-machine installata nel centro scommesse SNAI di Barcellona Pozzo di Gotto. La vincita aveva suscitato l’interesse dell’organizzazione mafiosa barcellonese che si è subito attivata per chiedere il pizzo sull’incasso, riuscendo a ottenere con le minacce 5mila euro.
Tra le più redditizie piazze di spaccio dei clan mafiosi messinesi disarticolati oggi dai carabinieri c’era l‘isola di Lipari dove operavano due distinti gruppi criminali con a capo Simone Mirabito, Andrea Villini e Antonio Iacono. Le due bande agivano in regime di duopolio servendo la clientela dell’isola con ogni tipo di stupefacente parte del quale veniva acquistato tramite la famiglia mafiosa barcellonese.
A Terme Vigliatore è stata accertata un’altra piazza di spaccio gestita da un gruppo organizzato che vendeva cocaina e marijuana, ed era in contatto con esponenti del clan barcellonese. I pusher utilizzavano come base logistica, il Bar “Il Ritrovo” che è stato sequestrato. Altra banda operava a Milazzo dove operavano Francesco Doddo, Giovanni Fiore, Francesco Anania, Gjergj Precj e Sebastiano Puliafito. Uno dei principali canali di approvvigionamento di droga del clan barcellonese era quello calabrese che faceva capo a Giuseppe Scalia che provvedeva a consegnare la droga ai corrieri barcellonesi e milazzesi che si organizzavano per prelevarla solitamente in Calabria attraverso lo stratagemma del noleggio di autovetture di comodo o utilizzando degli scooter o talvolta, per evitare i controlli stradali di polizia, attraversando lo stretto senza mezzi di trasporto per poi fare rientro a Messina con zaini o borsoni carichi di droga. A Catania, ad interagire con i barcellonesi e con il gruppo dei milazzesi era Salvatore Laudani, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e collegato alla criminalità mafiosa catanese. Infine i barcellonesi si rifornivano a Messina da Francesco Turiano del clan di Mangialupi.
Mafia, ucciso il fratello del boss nel palermitano
Nuovo agguato a Belmonte Mezzagno, teatro di una faida
Nuovo agguato di mafia a Belmonte Mezzagno, centro agricolo a pochi chilometri da Palermo, al centro di una sanguinosa faida con due omicidi e un tentato omicidio. All’alba è stato ucciso con colpi d’arma nella sua auto Agostino Alessandro Migliore, 45 anni, fratello di Giovanni , boss arrestato nell’operazione “Cupola 2.0”. L’agguato è avvenuto in via Togliatti, intorno alle cinque.
La vittima era sulla sua Audi quando sono entrati in azione i killer. Giovanni Migliore è ritenuto uomo di fiducia del boss Filippo Bisconti, che dal dicembre 2018 ha scelto di collaborare con la giustizia.
L’omicidio di Agostino Alessandro Migliore è il quarto episodio di sangue nel giro di un anno: il 10 gennaio 2019, è stato ucciso Vincenzo Greco, genero del boss Casella; poi l’8 maggio, i killer freddarono il commercialista Antonio Di Liberto, fratello dell’ex sindaco e cugino del pentito Bisconti. L’ultimo agguato in ordine di tempo, prima dell’omicidio di stamane, risale al 2 dicembre scorso, quando due killer spararono in mezzo alla folla, nel corso principale del paese, per tentare di uccidere l’imprenditore edile Giuseppe Benigno. Nell’ambito delle indagini sulla faida i carabinieri avevano arrestato un mese fa quattro persone, tra le quali Salvatore Tumminia ritenuto il nuovo capomafia di Belmonte Mezzagno.
Nel luogo del delitto sotto casa della vittima, sono stati trovati undici bossoli calibro 7,65. I killer sono entrati in azione non appena Migliore è entrato in macchina sulla sua Audi A4. La vittima stava andando ad aprire il Conad, uno dei supermercati di Belmonte Mezzagno gestiti dalla famiglia. Una esecuzione in piena regola. “Siamo tornati negli anni ’90 a Belmonte Mezzagno. Evidentemente c’è chi cerca di mandare messaggi a Filippo Bisconti che sta collaborando con la giustizia – dicono alcune persone– Un bruttissimo momento. Siamo di nuovo nel centro di una faida”. I carabinieri cercano possibili telecamere nella zona anche se l’omicidio sembra sia stato pianificato in ogni dettaglio.