Le società energetiche stanno facendo enormi profitti perché a causa di eventi imprevedibili il prezzo di gas e petrolio è schizzato in alto, mentre gli acquisti loro li avevano fatti ben prima ad un prezzo molto più basso. Per questo il governo con l’ultimo decreto Aiuti ha stabilito che sulla differenza fra il prezzo di acquisto e quello di vendita del gas da ottobre 2021 a marzo 2022, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, viene applicata in più una tassa del 25%. Il Ministero del Tesoro ha messo a bilancio un incasso di 11 miliardi di euro, per ridurre il peso delle bollette di famiglie e imprese e di 30 centesimi le accise su gasolio e benzina. Che alla pompa ha già sfondato i 2 euro al litro. Enel, Eni, Edison, i principali destinatari di questa «tassa extra » hanno già schierato gli avvocati: «I calcoli sono sbagliati». Proviamo a fare qualche conto.
Cosa c’è dentro ad un MWh
Il prezzo dell’elettricità dipende esclusivamente dall’andamento del prezzo del gas. Tra ottobre e dicembre 2021 l’Agenzia delle Dogane ha rilevato che dall’Algeria il gas è arrivato in Italia a 23 euro al megawattora, dall’Azerbaijan a 67, dalla Russia a 54, dalle navi metaniere a circa 48. Questi sono i prezzi pagati da Eni, Edison ed Enel per effetto dei loro contratti di lungo termine stipulati in anticipo. Da gennaio a marzo 2022 invece dall’Algeria è arrivato a 29 euro al megawattora, dall’Azerbaijan a 81, dalla Russia a 88. Non ci sono dati disponibili su quello via navi metaniere.
Dall’elaborazione dei dati Terna, dentro al MWh di elettricità venduto agli utenti, c’è una quota fatta con il solare che costa fra i 20 e 30 euro, una parte di eolico che costa fra i 30 e i 40, una importante di idroelettrico che oscilla tra i 10 e i 20, quella realizzata col carbone, che viaggia attorno ai 50 euro, e una parte di energia nucleare, il cui costo d’importazione dalla Francia è fra i 35/40 euro. E quindi il prezzo di vendita ai consumatori qual è?
Come si forma il prezzo
La formula dei prezzi finali viene elaborata dall’authority per l’Energia (Arera). I 18 milioni di utenti in maggior tutela (fra luce e gas) da gennaio a marzo hanno pagato circa 96 euro al MWh. Una differenza enorme.
Questo per due ragioni:
1) Il prezzo del gas naturale è legato alla quotazione media sul trimestre precedente della Borsa di Amsterdam, sottoposta alla speculazione di fondi ed intermediari, e ai conflitti geopolitici come quello in Ucraina. Oggi stiamo pagando la media del trimestre gennaio-marzo, ed è già sui 100 euro.
2) Il prezzo di vendita sulla bolletta si aggancia alla quota maggiore con cui si compone il MWh, e il 44% dell’elettricità è prodotta con il gas. Un meccanismo che si chiama «prezzo marginale», e che penalizza soprattutto l’Italia perché non lo applica nessun altro Paese.
“Significa che quando il prezzo del gas esplode, si trascina al rialzo anche quello delle fonti rinnovabili”.
Infatti solare ed eolico solo un anno fa costavano la metà. Più complicato invece è sapere a quanto è stata venduta l’elettricità sul libero mercato a 30 milioni di utenti, perché c’è chi ha stipulato un contratto a prezzo variabile e chi a prezzo fisso per un anno o due. Per questi ultimi l’aumento non è stato applicato.
La speculazione
Il governo per sapere quanto effettivamente si mettono in tasca in più la lunga filiera di operatori, ha incaricato l’Arera di andare a vedere dentro ai contratti, le rinegoziazioni, l’attività di trading, e quanto pesano i costi dei derivati stipulati con le banche a protezione del rischio che il prezzo salga o scenda troppo in fretta. Il mercato vive di contratti di compravendita in cui la consegna del bene e il pagamento del prezzo pattuito avvengono a una data futura prefissata. Si tratta di scommesse in anticipo sul prezzo del gas, generalmente a tre mesi. Se si prevede che scenda si comincia a vendere, se si prevede che salga si comincia a comprare, e il prezzo si gonfia. A pagare questa speculazione è l’utente finale, mentre ad arricchirsi come mai prima sono i grandi colossi e i fondi speculativi. Nomi sconosciuti come Man Group, Systemic Investments, Florin Court Capital, Gresham Investment. Hanno sedi in paradisi fiscali, e a Wall Street o a Londra, non comprano e vendono gas naturale, ma i derivati a cui il bene fisico è agganciato. È un mondo talmente intricato e opaco che per Arera è impossibile definire una cifra precisa.
I profitti dei grandi
E quindi il Tesoro come ha calcolato gli extraprofitti? Sulla liquidazione Iva, cioè a quanto comprano la materia prima gli operatori e a quanto la vendono. Eni, Enel, Edison contestano perché si tratterebbe di un valore grezzo. Inoltre sollevano un problema di costituzionalità: «Perché dobbiamo pagare solo noi e non anche le banche, Unicredit e Intesa in testa, che con le polizze di copertura sul prezzo delle materie prime stanno facendo i soldi a palate?». Intanto Enel ha chiuso il primo trimestre con ricavi passati da 18 a 34 miliardi, quasi raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2021, e gli utili al lordo delle tasse sono cresciuti da 2,1 a 2,3 miliardi. Ha fatto quasi 1,4 miliardi di margine operativo lordo solo dalla generazione termoelettrica (basata sul gas) e dalle attività di trading in Borsa: 442 milioni nel primo trimestre 2021, 1,61 miliardi da gennaio a marzo di quest’anno. Nel primo trimestre 2022 anche Eni ha raddoppiato il fatturato (32 miliardi di euro), mentre i profitti industriali sono passati da 1,3 miliardi a 5,2 miliardi di quest’anno. Il direttore finanziario di Enel, Alberto De Paoli, ha precisato che la nuova imposta peserà al massimo per un centinaio di milioni. Per l’Eni gli analisti prevedono che il contributo difficilmente supererà il miliardo. Anche Nicola Monti, a capo di Edison (7,1 miliardi di ricavi nel primo trimestre contro 2,1 di un anno prima) ha chiarito che il gruppo prevede di accantonare non più di un centinaio di milioni.
Stiamo parlando di società quotate che hanno nella compagine sociale Società di Stato, come Cassa Depositi o la francese Edf, ma anche un nutrito gruppo di investitori istituzionali: colossi del risparmio gestito, tra Londra e New York, che incassano lauti dividendi anche grazie alle Bollette pagate dalle famiglie italiane. Sta di fatto che la prima tranche di quegli 11 miliardi va versata entro il 30 giugno. Se gli operatori non pagheranno quanto richiesto (e sappiamo già che i contenziosi durano anni), i soldi che servono per aiutare le famiglie e imprese in difficoltà bisognerà trovarli aumentando il debito pubblico, o tagliando i servizi pubblici.