giovedì, Giugno 6, 2019

“Fca, addio banchieri di una volta. Advisor senza sensibilità politica”

L’economista Giuseppe Berta (Bocconi) analizza gli errori dell’operazione Fca-Renault

“Mi aspettavo finisse così. Era un’operazione mal congegnata”.

Perché?
“Non si è mai vista una costruzione così macchinosa. Da amministratore delegato sia di Fca sia di Chrysler, Sergio Marchionne ci ha messo ben cinque anni per passare dall’alleanza alla fusione. Con Renault si voleva raggiungere lo stesso risultato in un anno e qualcosa. Non si è mai visto. Poi la simmetria”.
E cioè?
“A parte che quando c’è di mezzo il governo francese siamo sempre in queste condizioni. Non ha senso l’affermazione del comunicato della Fca che, nell’annunciare il ritiro della propria proposta di fusione, dice che ‘attualmente non ci sono le condizioni politiche in Francia’. Mi viene da chiedere: ’Cos’è cambiato rispetto ad oggi negli ultimi 50 anni da quando nel ’67-’68 il generale Charles de Gaulle mise il veto alla cessione di Citroen a Fiat?’ Attualmente niente. I francesi sono francesi. I tedeschi sono tedeschi. Gli stereotipi nazionali sono logori, ma qualcosa ancora servono. Poi, quest’intesa lasciava anche fuori il partner più importante”.

I giapponesi di Nissan…
“Esatto, è il gruppo più grande e tecnologicamente più avanzato, presente sia in Asia sia in America. Figuriamoci se i nipponici, che si son appena liberati di Carlos Ghosn, ora vogliono rinunciare a riprendersi tutta la propria libertà di movimento ed ad influire sulle scelte strategiche dell’altro alleato. E’ finita l’epoca della subordinazione di Nissan. Perciò, pensare di fondere, da una parte, Fiat-Chrysler con Renault e, dall’altra, congelare in un fidanzamento che non diventa mai un matrimonio l’alleanza con Nissan, mi sembra francamente una cosa pazzesca. Diciamola tutta, poi”.

Prego…
“Queste sono operazioni confezionate a freddo dalle banche d’investimento e dai grandi studi di avvocati d’affari, soggetti che non hanno sensibilità storica, vivono spesso in un mondo separato dalla realtà e puntano soltanto a fatturare lucrose commissioni. Non hanno la sensibilità politica che invece contraddistingueva i grandi banchieri del passato, persone in grado di condurre le grandi operazioni internazionali. Un tempo, l’avvocato Agnelli e Umberto Agnelli avevano accanto a loro figure di grande rilievo su cui giustamente riponevano la loro fiducia”.

Che succede ora ad Fca?
“Nel comunicato, l’azienda ha fatto sapere che intende riprendere il cammino stand-alone, ma è evidente che si è ormai esposta e continuerà la sua ricerca cross-border con i propri problemi che sono sempre gli stessi”.

Quali?
“Essere troppo sbilanciata sul Nord-America, continente da dove arriva il 90% dei propri profitti e di avere, allo stesso tempo, una situazione assai critica in Europa. Poi, ci sono i ritardi tecnologici: devono trovare quindi una soluzione internazionale che consenta loro di venire a capo di questi problemi”.

Qual è il sorvegliato speciale in questo momento?
“Prima era l’amministratore delegato di Psa Carlos Tavares, che nel commentare l’operazione Fca-Renault la scorsa settimana ha avuto un gesto di stizza. Ma faccio presente che è sempre un francese. E’ difficile quindi riprendere la via di Parigi. Bisognerà prima far decantare la situazione Oltralpe”.

Ma poi i contatti con Psa potrebbero tornare a farsi più fitti…
“Difficile dirlo, bisognerebbe essere dentro e conoscere perfettamente i sottili equilibri politici francesi dell’operazione. Certo è che l’operazione Fca-Renault non è stata condotta al meglio, perché è stata costruita in modo approssimativo. Andava studiata molto meglio, considerando la nazionalità del partner e la presenza dello Stato e della politica nel deal”.

Il naufragio della fusione rischia di avere delle conseguenze negative per Fca?
“No, in Borsa il titolo Fca ha recuperato e i listini azionari non hanno memoria. Vanno a flash”.

Visto il dividendo straordinario pre-fusione che era stato previsto per gli azionisti, gli eredi Agnelli hanno di che lamentarsi. Avrebbero poi comandato il terzo gruppo mondiale con solo il 15% del capitale…
“Sarebbe stato difficile però farlo con i francesi. Ma poi diciamola ancora tutta: l’amministratore delegato della Renault Jean-Dominique Senard è un signore anziano a fine carriera e con il castello in Provenza, non sarebbe stato in grado di gestire un colosso dell’auto simile. Al contrario, ci sarebbe voluto un manager giovane, con ben altre risorse. Per il momento, non posso che congratularmi con il Ceo di Fca che è l’unico che ci ha guadagnato vendendo 3,5 milioni di titoli Fiat dopo l’annuncio dell’operazione con Renault. Alla fine, il deal ha avuto due beneficiari: Mike Manley e le banche d’affari che hanno fatto da advisor”.

twitter11@andreadeugeni

Condividi su: