Sono almeno quattro i passaggi che, all’interno di una relazione di coppia, preludono al tentato omicidio della partner o al femminicidio vero e proprio.
La facciata principale di Palazzo Chigi illuminata con luci di colore rosso come segno dell‘adesione della Presidenza del Consiglio alla “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Roma, 24 novembre 2022. Sulla facciata principale del Palazzo verranno proiettati, nell’ambito dell’iniziativa “Illuminiamole”, i nomi delle donne vittime di femminicidio nel 2022 (Ansa)
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Nel nostro Paese il femminicidio ha da tempo raggiunto le proporzioni di una strage. 96 le donne uccise dal 1 gennaio 2002 al 13 novembre. 103 le vittime nel 2021. Ogni tre giorni sopportiamo la notizia del brutale assassinio di una donna quasi sempre in ambito familiare o sentimentale, e non c’è mai fine allo stupore e all’angoscia di apprendere che l’uccisore è il partner della vittima.
La brutalità di questi crimini stordisce e indigna ogni volta come se si trattasse di omicidi senza precenti, di storie sempre nuove e inedite. Eppure, ogni femminicidio contiene, in filigrana, uno schema sottostante, un comune denominatore psicologico di dipendenza affettiva e di sottomissione che riconduce a un canovaccio comune.
Sono almeno quattro i passaggi che, all’interno di una relazione di coppia, preludono al tentato omicidio della partner o al femminicidio vero e proprio:
– il controllo;
– l’offesa verbale e fisica;
– la sottomissione della vittima;
– il tentato distacco.
Il controllo
Ogni storia di violenza sulle donne è attraversata dal crescente bisogno di controllo del partner. Vuole sapere cosa faccia e con chi stia la “sua” donna in ogni momento della giornata, a chi telefoni, chi siano i suoi amici, anche quelli su Facebook, pretende il controllo del cellulare, a volte anche dell’email.
A volte il partner impone le sue pretese in modo diretto ma più spesso ottiene l’obiettivo generando nella vittima il terrore di attuare comportamenti sbagliati e una conseguente sottomissione tacita. Accade cioè che per non urtare la suscettibilità del partner, la ragazza finisca per auto-limitare la propria libertà: rinuncia alle amicizie maschili, evita ogni frequentazione giudicata negativamente dal carnefice e impara a mentire alle persone più care per nascondere la natura vessatoria del la relazione.
La conseguenza più diretta della sottomissione al controllo è l’isolamento sociale della donna, costretta a legarsi sempre più strettamente al partner come unico riferimento affettivo.
Perciò è fondamentale riconoscere le richieste e i tentativi di controllo come seri indicatori di pericolo, farlo il prima possibile e, soprattutto, opporvisi con fermezza rigettando ogni ricatto e ogni giustificazione con cui il partner cercherà di imporre le proprie regole. Occorre riflettere sul fatto che nessuna relazione è sana quando si basa sul sospetto, sulla sfiducia e sul sacrificio, interiorizzare questo principio e affermarlo all’interno della coppia.
L’offesa verbale, l’abuso psicologico e la sopraffazione fisica
Una relazione letale si sviluppa attraverso episodi di offesa accompagnati da atteggiamenti gravemente svalutanti verso la vittima. Ciò avviene inizialmente con gradualità: il partner cerca di capire sin dove può spingersi nella prevaricazione e, quindi, somministra dosi crescenti di insulti e di vessazioni per ottenere l’assuefazione della partner a condotte violente e inaccettabili.
I primi bersagli sono la fisicità e la sessualità della vittima
Commenti sulla forma fisica e sul modo di vestire e attacchi sulla sua disponibilità sessuale costituiscono il prologo di una storia che continua nel l’abuso psicologico e che vede la donna soccombere a offese sempre più pesanti e insistenti sulla sua intelligenza e personalità.
L’esito frequente di questo sistema è che la vittima finisce per convalidare l’immagine negativa di sé fornita dal partner: si convince che, in fondo, lui ha ragione a considerarla una nullità e a comportarsi di conseguenza. Il momento in cui la relazione lambisce pericolosamente il confine dell’aggressione fisica e dell’omicidio, arriva quando la donna é esausta e cerca tardivamente di sottrarsi alla dipendenza dal suo aguzzino, ormai instaurata come un dato di fatto.
Per questo bisogna bloccare sin dall’inizio ogni forma di insulto verbale e di svalutazione ricevuti dal partner. Imparare a dirsi che nessuno, e meno che mai la persona con cui si intrattiene un rapporto sentimentale, può arrogarsi il diritto di aggredire, di insultare e di colpire. Occorre fermare immediatamente e senza attenuanti il partner e respingerlo senza appello. Invece, l’errore ricorrente negli amori criminali è il tentativo della vittima di “entrare nella mente del compagno”, di cercare a tutti i costi spiegazioni e chiarimenti e di illudersi di poter ricomporre la relazione diventando più comprensiva.
Contare sino a 1
Uno è il numero della salvezza. Contare sino a uno vuol dire che alla prima offesa grave, al primo spintone, schiaffo, pugno o calcio la relazione deve concludersi e la donna deve sottrarsi al ruolo di vittima in modo fermo e inappellabile. Vale lo stesso per condotte di controllo e violente scenate di gelosia: conta sino a 1 e scappa, interrompi ogni contatto, cancella per sempre quella specie di amore. Non ci saranno ‘mea culpa’, lettere, sms, mazzi di rose, regali o promesse, pianti, implorazioni che tengano. Qui il vero nemico della donna è la tendenza a offrire nuove possibilità continuando a dialogare col suo potenziale assassino mentre si auto-illude di un cambiamento possibile.
Cercare aiuto
Contare sino a 1 vuol dire anche cercare aiuto al primo episodio di violenza, parlarne, dichiararlo, raccogliere opinioni e consigli di parenti e amici. Ovvero, evitare di proteggere il partner e cercare di ‘coprirlo’, come invece succede sistematicamente nelle storie di abuso relazionale. Purtroppo, la vittima patisce un’alterazione del senso di realtà, è essa stessa prigioniera di un sistema affettivo distorto che la avviluppa e che la spinge, impulsivamente, a cercare soluzioni diverse dalla totale astinenza dal rapporto. Inoltre, in alcuni casi, la dipendenza psicologica è sostenuta da condizioni di dipendenza economica e, quando la coppia a figli, dal desiderio di proteggere la prole dal trauma della separazione.
Impara a dirti che non sei sola, a ripeterti che non sei tu a sbagliare ma che ci sono uomini che come il tuo ‘tuo’ attivano dinamiche patologiche e ti ammalano, ti infettano. Non é un amore ma una malattia potenzialmente mortale, un disturbo psicologico che si può e si deve curare.
Una strage silenziosa
C’è poi una strage silenziosa, certamente più ampia di quanto testimoniato dalle statistiche: per ogni donna assassinata sono centinaia e, forse, migliaia, quelle che sopravvivono alla dipendenza affettiva e si condannano alla morte vivente dell’abuso e del sopruso, del ricatto affettivo e della sottomissione sentimentale.
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