Le 300 pagine dell’Ordinanza firmata dal Gip Amodeo ricostruiscono i rapporti tra Enrico Laghi – nominato dal governo Renzi e non indagato – e l’allora Procuratore di Taranto. Dalla cena insieme allo scambio di messaggi e pareri sul lavoro dei giornali e delle altre Procure. Per il Giudice questo prova una “anomala vicinanza” e la “naturale propensione” di Capristo a sposare le tesi dell’azienda
di Francesco Casula | 9 GIUGNO 2021
C’era anche l’ex commissario di Ilva in Amministrazione Straordinaria Enrico Laghi tra coloro che nel 2016 sedevano a tavola dopo la nomina di Carlo Maria Capristo come nuovo Procuratore di Taranto. Uno degli uomini ai vertici della Società sotto processo nella maxi inchiesta Ambiente svenduto allo stesso tavolo col Capo dei Magistrati che accusavano l’ex Ilva nel maxi processo e in diversi altri procedimenti per reati gravi, dalle morti degli operai alle nuove ipotesi di disastro ambientale.
Laghi, nominato ai vertici dell’Ilva dal Governo Renzi e non indagato nell’inchiesta di Potenza, avrebbe partecipato, secondo quanto emerge dalle indagini della Squadra Mobile di Potenza coordinata dal Procuratore Francesco Curcio, ad almeno una cena organizzata da Capristo. E non è l’unico. A brindare ci sono anche l’avvocato Piero Amara, il poliziotto e uomo di relazioni Filippo Paradiso, Nicola Nicoletti, consulente Eni poi diventato l’uomo di fiducia di Laghi nella struttura commissariale dell’Ilva.
A raccontare le tavolate agli inquirenti è l’avvocato Vincenzo Maria Larocca, dirigente dell’Ufficio Legale di Eni da cui Amara aveva ricevuto numerosi incarichi. “A questa cena tenutasi a Roma a casa dell’Avvocato Amara – racconta Larocca – venni invitato dall’avvocato Amara ed eravamo presenti Amara, che era il padrone di casa, io, Capristo e Nicoletti Nicola (già consulente dell’Eni ed in quel periodo consulente di Ilva), e forse altri”. A quella prima serata conviviale, avvenuta nella primavera 2016 quando Capristo non si è ancora insediato a Capo della Procura Ionica, non c’è Laghi. L’allora Commissario partecipa invece alla cena organizzata nell’autunno dello stesso anno. È sempre Larocca a raccontare l’episodio ai magistrati lucani: “Era l’autunno del 2016, era un ristorante di Bisceglie e la cena fu organizzata da Capristo che pagò il conto ed eravamo presenti io, che ero stato chiamato o da Nicoletti o da Amara, Amara, Nicoletti, il prof. Enrico Laghi e Filippo Paradiso”.
Allo stesso tavolo, insomma, siedono Capristo e i vertici della Società al centro della più grande inchiesta ambientale d’Italia. Per la Procura di Potenza non è solo un momento conviviale. Quel festeggiamento ha una duplice carica indiziaria: “Attesta la condivisione di una ‘vittoria collettiva’ dei componenti del gruppo” che aveva “contribuito per il proprio interesse” a quella nomina e in secondo luogo “attesta in radice in modo incontrovertibile – si legge nell’ordinanza – l’assoluta mancanza di terzietà e imparzialità da parte del Procuratore Capristo sugli affari penali Ilva e il conseguente asservimento con messa a disposizione delle sue funzioni di Procuratore della Repubblica verso gli interessi del gruppo”. Come commenta il Gip Antonello Amodeo, questa storia rappresenta “un grave episodio di collusione e di patto corruttivo” ben più “articolato e insidioso” di un banale “scambio di bustarelle”. Né tantomeno può essere considerato una “vicenda di malcostume”.
Ma dalle 300 pagine che compongono l’Ordinanza spunta altro: tra Laghi e Capristo nasce una “anomala vicinanza” e soprattutto una “naturale propensione” di Capristo “a sposare le tesi della struttura Commissariale” nei diversi procedimenti penali che coinvolgono l’acciaieria. Dalle indagini della Squadra Mobile di Potenza, infatti, emergono scambi di messaggi rigorosamente su whatsapp attraverso i quali i due si scambiano articoli di stampa, conferme sulla partecipazione a eventi istituzionali o informazioni su vicende giudiziarie.
Il 14 febbraio 2017, ad esempio, Laghi scrive a Capristo spiegandogli il significato di alcuni documenti inerenti a vicende giudiziarie della famiglia Riva – collegate a quelle in corso a Taranto – di cui si attendevano determinazioni dall’autorità giudiziaria di Jersey e di Losanna. Laghi lo aggiorna sul rigetto del patteggiamento disposto a Milano, ritenendo comunque che sulla entità della pena – ritenuta insufficiente – si potesse lavorare.
Qualche tempo dopo è Capristo a inviare a Laghi un articolo che tra le altre cose parla della stretta correlazione tra tasso di mortalità e inquinamento ambientale ricevendo una risposta quasi lapidaria: “Ci lavoriamo sopra”. E anche quando Laghi ha concluso il suo incarico da Commissario Straordinario dell’Ilva il rapporto tra i due, secondo quanto si legge negli atti dell’inchiesta, non si interrompe: “E’ bene precisare – scrive il giudice Amodeo – che in realtà gli interessi del dr. Laghi per l’Ilva non si esaurivano con la fine del Mandato di Commissario in quanto, anche dopo il giugno 2018, egli ricopriva incarichi all’interno di altre società riconducibili alla famiglia Riva (la Sanac e la Innse) ed era stato anche nominato dal Mef quale consulente nell’ambito del Comitato di esperti sulle Grandi Imprese in crisi”.