La sindaca delinea l’antica e insieme futura identità della Capitale aprendo al Teatro dell’Opera le celebrazioni per il 150° anniversario della sua proclamazione a Capitale d’Italia di fronte al presidente della Repubblica Sergio Mattarella
da Corriere.it/Roma-di Paolo Conti
La sindaca Virginia Raggi delinea l’antica e insieme futura identità della nostra città aprendo solennemente al Teatro dell’Opera le celebrazioni per il 150° anniversario della sua proclamazione a Capitale d’Italia, di fronte al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In platea, rappresentanti della politica, della vita civile, della cultura. Messe da parte le polemiche quotidiane, quello di Virginia Raggi appare come un rinnovato impegno di laico ecumenismo e di dialogo. Molto di più di un discorso formale.
Parole che si ritrovano nel saluto inviato da papa Francesco come vescovo di Roma, letto dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin: il destino di Roma «è l’apertura al mondo, l’inclusione di tutti, perché è città fraterna, di incontro». Francesco ribadisce la celeberrima definizione di Paolo VI della fine del potere temporale come «evento della Provvidenza».
Nel discorso si ritrova il dolore per i nove mesi di occupazione nazista nella Seconda guerra mondiale, per la «Shoah vissuta a Roma dalla comunità ebraica, quando la Chiesa fu spazio di asilo per i perseguitati, tra Chiesa e popolo ebraico esiste una imperitura fraternità».
Tema subito ripreso da Paolo Mieli, che ha ringraziato anche a titolo personale per l’accenno alla persecuzione degli ebrei romani.
Mieli ha poi ricordato il profondo significato simbolico dei Trattati di Roma che fondarono la futura Europa nel 1957 e «la prima grande festa del dopoguerra» con le Olimpiadi del 1960. E poi, in diretta su Raitre, molti momenti di spettacolo e di festa.
All’inizio, un suggestivo incipit non musicale di campane, di fontane, di uccelli, la colonna sonora romana quotidiana. Gigi Proietti interpreta Belli e Trilussa, Paola Turci regala una struggente «Fatti bella per te» e una indimenticabile interpretazione di «Roma, nun fa’ la stupida stasera», il Teatro dell’ Opera ha sapientemente prestato le scene dell’edizione storica di «Tosca». Ezio Bosso dirige Mozart e Rossini, la Banda Interforze cita Nino Rota, Andrea Bocelli si unisce al coro per l’inno nazionale. Per poco più di un’ora si riprova l’orgoglio di essere romani. E in questi tempi di degrado e di abbandono, non è poco. È anzi moltissimo.
4 febbraio 2020 | 08:31