martedì, Giugno 30, 2020

I commercianti si sono ribellati al pizzo, 11 arresti nel palermitano

Colpiti i vertici del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde. Alle vittime era imposto di pagare il pizzo o di acquistare forniture di carne da una macelleria di Finale di Pollina

di Giuseppe Marinaro             MAFIA       PALERMO    CARABINIERI

da aggiornato alle 07:11 30 giugno 2020

AGI – Undici fermi nell’operazione “Alastra”: colpiti i vertici del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde. All’alba, in Sicilia, Lombardia e Veneto i carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Direzione distrettuale antimafia per associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento.

Fondamentale la ribellione degli imprenditori e commercianti della provincia di Palermo. Le indagini, seguite da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, hanno documentato gli assetti e le dinamiche criminali del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde, che, all’indomani dell’operazione “Black Cat” dell’aprile 2015, ha serrato le fila e ha continuato ad operare sul territorio, imponendo il proprio potere, anche grazie ai rapporti di consanguineità.

In tale quadro si inseriscono le numerosissime estorsioni ai danni dei commercianti locali documentate dai militari dell’Arma, cosi’ come l’organizzazione di una efficiente rete di comunicazione necessaria agli storici capi mafia detenuti per mantenere il comando degli associati liberi e continuare a strangolare imprese e società civile.

Le attività di indagine hanno evidenziato il ruolo ricoperto da Giuseppe Farinella, figlio di Domenico Farinella, boss di cosa nostra all’epoca detenuto a Voghera in regime di alta sicurezza, fedelissimo di Totò Riina. Un sistema di controllo basato sui rapporti di consanguineità che ha permesso al capomafia detenuto di mantenere il controllo del mandamento e al rampollo di riorganizzare la cosca in maniera rigida ed efficiente.

Nonostante la giovane età, il rampollo ha avuto il compito di coordinare gli altri membri del gruppo che operavano sul territorio, cooperando con uno storico mafioso di Tusa (Messina), Gioacchino Spinnato, che ha gestito i contatti con gli affiliati degli altri mandamenti, fra i quali Filippo Salvatore Bisconti, già capo del mandamento mafioso di Belmonte Mezzagno, ora collaboratore di giustizia. E’ emerso in maniera chiara che l’attivita’ estorsiva, strumento attraverso il quale l’organizzazione esercita il controllo sul territorio, continua ad essere una forma di sostentamento primario per i clan mafiosi. Grazie all’attivita’ di indagine e alla fondamentale collaborazione degli imprenditori vessati, sono state infatti ricostruite 11 vicende estorsive (5 consumate e 6 tentate).

Alle vittime era imposto di pagare il pizzo o di acquistare forniture di carne da una macelleria di Finale di Pollina gestita da Giuseppe Scialabba, braccio destro di Giuseppe Farinella. I tentacoli del mandamento si erano allungati anche sull’organizzazione dell’Oktoberfest del 2018 a Finale di Pollina, quando, per impedire la partecipazione alla sagra di un commerciante che non si era piegato alle imposizioni del clan, gli indagati non avevano esitato a devastargli lo stand.

Con la libertà, nell’aprile 2019, Domenico Farinella ha deciso di concentrare nelle sue mani il vertice della cosca e ha ordinato agli associati liberi di intensificare la presenza sul territorio, avviando una nuova spirale di estorsioni ai danni dei commercianti. Preziosissime, in questo senso, sono state le testimonianze delle vittime che, ribellandosi al sistema criminale, hanno trovato il coraggio di denunciare di iniziativa e di collaborare con i carabinieri.

Registrata puree la capillare e asfissiante influenza dell’organizzazione mafiosa sul tessuto economico non soltanto attraverso l’imposizione del pizzo, ma anche attraverso la ‘sensaleria’ negli affari dei privati e per mezzo della gestione diretta di attività di impresa che, fittiziamente intestate a soggetti incensurati, erano nei fatti amministrate dagli indagati.

Allo scopo di eludere eventuali misure cautelari, infatti, Giuseppe Farinella ed Giuseppe Scialabba avevano fatto risultare terze persone quali titolari rispettivamente di un centro scommesse di Palermo e una sanitaria di Finale di Pollina, sottoposti a sequestro, del valore di un milione di euro.

 

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