Sono 1,8 miliardi di liquidità già disponibile, anticipo dei fondi strutturali da non restituire a Bruxelles.
di Francesca Venturi FONDI STRUTTURALI UE COESIONE CORONAVIRUS
aggiornato alle 06:48 23 aprile 2020
L’Italia può disporre fin da subito di una liquidità pari a circa 1,8 miliardi da utilizzare per l’emergenza coronavirus: si tratta degli anticipi dei fondi strutturali che spettano ai paesi per le politiche di coesione e regionali, che la Commissione europea versa ogni anno nelle casse dei singoli Stati che ne hanno fatto richiesta.
Di solito, quando non vengono utilizzati devono essere restituiti all’esecutivo comunitario; ma ora, vista l’emergenza, Bruxelles ha deciso di lasciarli nelle casse dei paesi. Per l’Italia sono 850 milioni del 2019 e poco meno di un miliardo già versati per il 2020.
Lo spiega il direttore alla Politica Regionale della Commissione europea, Nicola De Michelis ed è l’effetto concreto della Coronavirus Response Investment Initiative elaborata a metà marzo dall’esecutivo Ue. “I primi elementi di questa iniziativa – si legge in un articolo di De Michelis pubbllicato sul sito della Commissione – sono un aumento della liquidità immediatamente disponibile agli stati e una flessibilità sulla tipologia degli investimenti da finanziare”.
Primo punto, la liquidità: “riguarda quasi 8 miliardi di euro relativi agli anticipi concessi agli Stati nel 2019. Normalmente, questi anticipi sono restituiti dagli Stati a chiusura dell’anno contabile. La Commissione ha deciso di lasciare queste risorse nelle casse dei bilanci nazionali. Per l’Italia si tratta di 850 milioni di euro a cui si aggiungono i nuovi anticipi per il 2020 versati tra fine marzo ed inizio aprile, per un totale di 1.8 milardi di euro di liquidità”.
Secondo punto, la flessibilità: “permette agli Stati di finanziare misure che non sono normalmente sostenute dalla politica di coesione europea: sostegno al reddito, capitale circolante nelle imprese, e tutto ciò che è necessario per sostenere e rafforzare il sistema sanitario”.
De Michelis ricorda che “il bilancio dell’Unione è fissato per sette anni, e il 2020 è l’ultimo del settennato in corso. Il bilancio per il 2021-2027 non è ancora definito, e la Commissione si è impegnata a rivedere nei prossimi giorni la proposta – che aveva fatto nel 2018 e che Parlamento e Consiglio stavano discutendo – per adattarla al nuovo contesto”.
È per questo, spiega il dirigente comunitario, che “quando la Commissione a fine febbraio/inizio marzo cercava risorse finanziarie per sostenere gli Stati membri nella loro lotta contro il COVID-19, si è trovata con pochissimi margini, dovuti per l’appunto al fatto di essere alla fine del settennato in corso. Le uniche risorse disponibili si sono rivelate quelle della politica di coesione e dei suoi fondi strutturali, la cui attuazione è sempre e strutturalmente in ritardo di qualche anno rispetto al resto delle altre politiche e strumenti finanziati dal bilancio europeo”. Di qui la decisione di permettere l’utilizzo degli anticipi agli stati che ancora li avevano in cassa. Per una volta, il tradizionale ritardo nell’uso dei fondi strutturali ha fatto gioco all’Italia.