Intervista all’europarlamentare dei Verdi ed economista tedesco Sven Giegold: “davanti a epidemia serve politica fiscale comune Ue”
di Roberto Brunelli CORONABOND SVEN GIEGOLD INTERVISTA GERMANIA OLANDA
AGI> aggiornato alle 11:40 – 09 aprile 2020
© EMMANUELE CONTINI / NURPHOTO / NURPHOTO VIA AFP
– Sven Giegold
“I veti di Germania e Paesi Bassi sui coronabond sono un grave errore. Di fronte ad una crisi così grave è necessaria una politica fiscale ed economica comune nell’Ue. è in gioco la stessa sopravvivenza dell’Europa“.
Lo afferma l’europarlamentare ed economista tedesco Sven Giegold, uno delle figure di spicco dei Verdi in Europa intervistato dall’Agi.
Giegold, in Europa si è infiammato il dibattito sui coronabond. Secondo lei, perché la Germania e i Paesi Bassi sono contrarie a questo strumento per sostenere gli Stati più colpiti dalla pandemia?
“Io credo che nei Paesi Bassi e in Germania, così come in Italia e in Spagna, ci siano due tabù discutibili: nei primi due Paesi c’è il mito che si possa avere una valuta comune e integrare l’economia, ma che ognuno garantisce per se stesso. Ma se ci si unisce, non può esserci una divisione rigida delle garanzie. In Spagna e in Italia c’è un altro tabù: si possono mettere in comune i debiti ma non c’è la condivisione delle responsabilità. E, invece, ci deve essere un controllo sul fatto che le responsabilità comuni debbano poi essere effettivamente rispettate. E tuttavia ritengo che il veto della Germania e dei Paesi Bassi siano un grave errore: c’è bisogno di una politica fiscale ed economica comune in Europa, che parta dai coronabond. C’è bisogno di questo strumento che a fronte di questa crisi deve essere senza condizioni. Ma nel medio periodo è anche necessario che l’Eurozona trovi una nuova comune modalità decisionale. Ma d’altra parte questo è di nuovo un tabù in Italia e in Spagna: si vogliono debiti comuni e contemporaneamente una propria sovranità”.
Si sentono sempre più voci che dicono che in questo caso è in gioco la stessa coesione dell’Ue. C’è davvero un rischio esistenziale per l’Europa? O è un’esagerazione?
“No, non è un’esagerazione. Se nella crisi più grave di tutte, con così tanti morti, l’Europa non è in grado di dare un forte segnale di solidarietà, le persone finiscono per chiedersi: allora a cosa serve l’Europa? Il tema è questo: solo se l’Europa alla fine ne esce più o meno stabile, sarà in grado di non ritrovarsi fortemente indebolita verso altri attori globali, come la Cina. Una collaborazione efficace e la solidarietà sono nell’interesse di tutti gli Stati”.
Lei ha rivolto un appello italo-tedesco ai governi europei, in cui chiede uno “scudo di protezione finanziario completo per i Paesi dell’euro e un nuovo inizio per il meccanismo di stabilità europeo”
“L’appello ha diversi elementi. Ma quello che per me è importante è che sia stato firmato da personalità importanti in Italia e in Germania, per dimostrare che ci sono molti tedeschi che credono alla solidarietà, così come ci sono molti italiani che si impegnano per una responsabilità condivisa”.
Il leader dei Verdi tedeschi, Robert Habeck, ha affermato che la Germania dopo la Seconda guerra mondiale ha beneficiato in modo sostanzioso del fatto che gli Usa e i Paesi vicini l’abbiano sostenuta nella ricostruzione, nonostante il suo passato, e che i tedeschi da allora sanno cosa significhi l’Europa per loro. Lei cosa ne pensa?
“Non ritengo sia un tema così spinoso. In linea generale c’è in Germania un grande consenso pro-europeo, con la sola eccezione dell’Afd. E per quello che riguarda l’impegno alla solidarietà, sono d’accordo anche la Cdu e la Spd. Gli animi si dividono solo per quello che riguarda la dimensione dell’impegno solidale. In Italia, dove da questo punto di vista un tempo c’è stata una maggioranza maggiore che in Germania, questo atteggiamento purtroppo è cambiato: per cattive esperienze, per comodità populista, per gli errori dell’Ue. Purtroppo c’è dappertutto la tendenza a considerare l’Europa colpevole di qualsiasi errore. Questo succede in tutti i Paesi, ma in Italia questo atteggiamento è stato portato avanti da forze anche molto diverse tra di loro. Pure per quello che riguarda le finanze: ci sono sempre alternative politiche, anche nella cornice delle condizioni europee. Anche in Germania, dove spesso si sente che la burocrazia è stata inventata a Bruxelles, mentre quasi sempre è molto peggiore quella tedesca”.
Cosa ci si può attendere dall’Eurogruppo? è ancora possibile un’intesa?
“Io credo di sì. Ma sarà insufficiente. La posizione dell’Italia è comprensibile: il pacchetto previsto equivale al 4% della capacità economica, ed è assolutamente troppo poco. Oltre a questo, abbiamo bisogno di qualcosa come i coronabond, altrimenti ci ritroveremo tra due mesi a riparlarne alla prossima seduta notturna dell’eurogruppo. Abbiamo bisogno di misure che siano commisurate alla gravità degli attuali problemi. Ci vuole una struttura decisionale democratica, che sia più trasparente e capace di azione”.