Il neonato Comitato Nazionale Familiari Rsa e Rsd denuncia la mancanza di dati certi sui decessi, oltre a lentezze nell’adeguamento delle strutture alle misure per prevenire il diffondersi della malattia tra i pazienti anziani e fragili.
da ROMA / CRONACA
di Valeria Costantini
Oltre 600 contagi nelle case di riposo. È il bilancio terribile eppure solo parziale dello tsunami pandemico che ha travolto le strutture dedicate ai più fragili nel Lazio. Cifre relative solo alla seconda ondata in corso e quindi provvisorie, ma anche incomplete, perché un report preciso sugli anziani infettati dal Covid ancora non esiste. Come mancano stime certe delle vittime, spesso uccise dal virus nel silenzio di una Rsa o spirate in un letto d’ospedale. A oltre sei mesi dai primi focolai divampati, poco sembra essere cambiato: scarsi protocolli di sicurezza, personale ridotto, informazioni carenti.
Lo denuncia il neonato Comitato Nazionale Familiari Rsa e Rsd (Residenze sanitarie assistenziali e Disabili, ora anche con una pagina Facebook), che tra Roma e Lazio conta decine di adesioni. «Da marzo ad oggi è stato fatto poco, molti parenti ci segnalano strutture che non si sono adeguate alle regole, tardando ad allestire reparti e percorsi separati – riassume Antonio Burattini, attivo da Civitavecchia in questa battaglia – In alcune Case di Riposo sono state a malapena posizionate tende in plexiglas a dividere pazienti positivi e non. E non è stato ancora risolto il nodo organico, ci sono pochi operatori che in più si infettano insieme ai loro degenti».
Il bilancio dei casi nelle Rsa infatti conta anche infermieri e dottori che si contagiano nelle strutture: i bollettini da inizio ottobre in alcuni hospice dimostrano come il Covid sia entrato ancora una volta come un’onda. Tutti contagiati i 71 ospiti della Domus Aurea di Itri, con tanto di indagine di Asl e Nas, molti i focolai ai Castelli Romani tra cui i 41 casi della Mater Dei di Ariccia e al San Giovanni di Dio di Genzano, ancora i 67 malati al San Raffaele di Rieti, i ben 85 positivi nella Rsa di Cori (Latina). «Sempre poca la trasparenza, per i familiari zero informazioni anche su tamponi e positività», segnala ancora Burattini che chiede in primis di ripristinare contatti in sicurezza tra familiari e anziani. «Non si riesce ad ottenere dati certi su contagi e protocolli applicati dalle strutture private. – dichiara Pio Congi dalla Cub Sanità – Sono aumentati i positivi anche tra gli operatori, molti precari e sottopagati».
26 novembre 2020 | 07:15