Il Consiglio europeo informale tra i 27 leader Ue di Praga dovrà trovare una mediazione sulle soluzioni da mettere in campo, a livello europeo, contro la crisi energetica, a partire da un eventuale tetto al prezzo del gas. Da questo vertice non sono attese decisioni. Martedì 11 ottobre ci sarà anche un nuovo confronto tra i ministri dell’Energia. Ma al momento le divisioni sono le stesse della vigilia. Italia, Polonia, Grecia e Belgio hanno proposto un «price cap dinamico» sul gas. A Roma invece non piace la soluzione ipotizzata dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, di introdurre un tetto solo sul gas usato per produrre elettricità.
La proposta di un tetto dinamico potrebbe essere una giusta soluzione per le varie esigenze del mercato, ha detto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, intervenendo a «Radio Anch’io» su Radio1. Un tetto al prezzo del gas generalizzato potrebbe «avere delle controindicazioni», ha aggiunto Gentiloni, precisando «che l’atteggiamento verso la Russia non può essere lo stesso» che si ha nei confronti di «Norvegia o l’Algeria» e, per questo motivo, «un price cap dinamico potrebbe andare incontro a questa necessità». Gentiloni ritiene che le posizioni fra gli Stati membri dell’Ue «si stiano avvicinando» e si augura che la Commissione possa presentare una proposta «in vista del vertice» fra i capi di Stato e di governo dell’Ue previsto il 20 e 21 ottobre.
ENERGIA
Cos’è il tetto al prezzo del gas «dinamico»
La proposta, presentata da Italia, Polonia, Grecia e Belgio, prevede innanzitutto uno scenario in cui non ci sia assenza di forniture e ci sia uno scambio di domanda e offerta di gas, spiega l’Ansa che ha letto il «non paper». In questo contesto si suggerisce di creare un «corridoio dinamico» nel quale sia «possibile stabilire un valore centrale per questo corridoio e rivederlo regolarmente tenendo conto di parametri di riferimento esterni (ad esempio, i prezzi del greggio) e consentendo fluttuazioni (ad esempio del 5%) intorno al valore centrale all’interno del corridoio». In sostanza, l’idea è quella di prevedere un minimo e un massimo del prezzo in modo da ridurre i costi, senza però mettere a rischio le forniture. Il limite massimo «può essere posto a un hub di riferimento (come il Ttf) o può essere posto su più hub (Peg, Psv, Zee, per evitare l’arbitraggio), o meglio può coprire tutte le transazioni (sia in borsa che Otc)», spiega il documento. Il problema è convincere la Germania che finora ha rifiutato l’idea del tetto.
Il tetto sul gas usato per l’elettricità
La Commissione europea invece ha proposto di fissare un «price cap» solo sul gas usato per produrre elettricità, in vista di una riforma del mercato elettrico. Ipotesi che non piace a Italia, Polonia, Grecia e Belgio che nel documento sottolineano come un tetto limitato al gas impiegato per l’energia elettrica «ignora i 2/3 del mercato del gas» e crea «disincentivi alla riduzione dei prezzi», in quanto gli importatori saranno compensati per qualsiasi prezzo pagano. Questa soluzione, avvertono i quattro Paesi, potrebbe creare «una passività senza un chiaro limite verso l’esterno», ad esempio perché il prezzo all’importazione può continuare a salire, richiedendo più risorse per mantenere il tetto. Il timore è che il peso di questo intervento diventi insostenibile per i bilanci nazionali.
L’ipotesi di sostituire il Ttf
Tre i temi in discussione c’è anche l’ipotesi di sostituire il Ttf di Amsterdam con un indice alternativo che rifletta meglio la realtà energetica europea. «Il Ttf in passato ha funzionato, ma è il momento di avere un indice europeo più veritiero. Non c’è una giustificazione all’aumento di 8-10 volte del prezzo del gas, lo stiamo pagando così tanto perchè qualcuno ha paura che manchi in futuro. Tutto evolve, anche il mercato, bisogna cambiare le regole», ha detto nei giorni scorsi il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Per ovvie ragioni questa prospettiva non incontra il favore dei Paesi Bassi.
Negoziati con i fornitori alleati e acquisti comuni
Più che su un tetto generalizzato, come proposto dall’Italia, Bruxelles preferisce puntare su negoziati con i fornitori ritenuti affidabili, come Stati Uniti e Norvegia (che è diventata il primo fornitore di metano dell’Unione europea, ndr) per ridurre i prezzi del gas importato, sia metano che gnl. Giovedì 6 ottobre la Commissione europea ha annunciato di aver firmato una dichiarazione d’intenti con la Norvegia per l’impegno a «sviluppare congiuntamente strumenti, ciascuno di noi agendo nell’ambito delle proprie competenze, per stabilizzare i mercati energetici e limitare l’impatto della manipolazione del mercato e della volatilità dei prezzi, al fine di ridurre i prezzi eccessivamente elevati in modo significativo nel breve e nel lungo termine». Sul tavolo dei leader Ue c’è anche il tema degli acquisti congiunti da rendere obbligatori attraverso la piattaforma energetica europea. «Dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crisi energetica. Possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l’unità europea», ha avvertito il Presidente del Consiglio, Mario Draghi. Un messaggio che sembra rivolto soprattutto a Berlino, che per ora ha deciso di fare da sola con il super-piano da 200 miliardi e continua a rifiutare l’ipotesi del price cap. Al vaglio c’è anche l’ipotesi di rafforzare RePowerEu con nuovi finanziamenti, che potrebbe richiedere la creazione di un nuovo strumento comune. Scenario sgradito ai cosiddetti frugali, Olanda in testa, ma anche alla Germania che ha bocciato la proposta dei commissari Breton e Gentiloni di ricorrere a nuovo debito comune per affrontare la crisi energetica, su modello di quanto fatto durante la pandemia con Sure.