Quasi uno su due (49%) ritiene che il Paese stia andando nella direzione sbagliata (+ 10% rispetto al dicembre 2018), mentre il 21% è convinto che abbia intrapreso la giusta strada (-14%) e il 30% sospende il giudizio. La maggioranza assoluta (53%) non intravede alcun segnale di ripresa
da Corriere.it di Nando Pagnoncelli
Dicembre è tempo di bilanci, soprattutto a conclusione di un anno che negli auspici del presidente Conte avrebbe dovuto essere «bellissimo». Non sembrano di questo parere gli italiani, il cui sguardo sul Paese appare ancor più severo di un anno fa.
Infatti oggi quasi uno su due (49%) ritiene che il Paese stia andando nella direzione sbagliata (+ 10% rispetto al dicembre 2018), mentre il 21% è convinto che abbia intrapreso la giusta strada (-14%) e il 30% sospende il giudizio. Solamente il 15% degli italiani esprime un giudizio positivo sull’economia del Paese (-3% rispetto al 2018), mentre il 76% è di parere opposto. La maggioranza assoluta (53%) non intravede alcun segnale di ripresa (+ 6%), mentre il 24% ritiene che vi siano alcune avvisaglie e solo una minima parte (2%) è del parere che i segnali di miglioramento siano evidenti.
La graduatoria delle preoccupazioni degli italiani fa registrare qualche cambiamento rispetto allo scorso anno: invitati ad indicare le principali priorità del Paese, il 77% degli italiani indica spontaneamente il lavoro e l’economia (+2%), seguiti dal funzionamento delle istituzioni e dalla situazione politica, menzionati dal 43% (in aumento di 10 punti), dal welfare (36%, in flessione di 2 punti).
A seguire si colloca il tema dell’immigrazione (23%), in forte calo rispetto al dicembre 2018 (-14%), quindi la sicurezza (22%, in calo di 2 punti), l’ambiente (14%, in aumento di 6 punti) e la mobilità (2%). Le priorità riferite alla zona di residenza mostrano una graduatoria molto diversa, con l’eccezione dei temi dell’occupazione e dell’economia che si mantengono al primo posto, sia pure con un rilievo decisamente inferiore (44%). Al secondo posto, con lo stesso livello di citazioni (31%), si collocano le questioni ambientali e quelle della mobilità, a seguire la situazione politica locale (28%), welfare e assistenza (24%), la sicurezza (20%) e l’immigrazione che con il 7% si è quasi dimezzata rispetto al 2018.
Nonostante tutto, la qualità della vita nella zona di residenza si mantiene piuttosto elevata: due italiani su tre (66%) esprimono un giudizio positivo (in calo di 2 punti rispetto al 2018), con punte vicine o superiori all’80% nelle regioni settentrionali e centrali e valutazioni nettamente meno elevate in quelle meridionali e insulari (49%) dove i giudizi positivi e negativi si equivalgono.
Confrontando la situazione attuale con quella degli ultimi anni il 45% ritiene che non sia cambiato nulla, il 36% è convinto che sia peggiorata e solo il 14% coglie un miglioramento. Da ultimo, rispetto alle prospettive economiche personali e familiari, quasi un italiano su due (46%) non si attende cambiamenti (ed è comprensibile, dato che redditi fissi e pensioni sono prevalenti nel Paese), il 24% è pessimista e il 22% ottimista.
Dunque il bilancio di fine anno ci restituisce la tradizionale lettura divergente tra la dimensione nazionale e quella locale: la prima è fortemente influenzata dall’attualità politica e dal rilievo mediatico assegnato ai singoli temi, la seconda viene maggiormente ricondotta all’esperienza personale e alle evidenze sul territorio, basti pensare al tema dell’immigrazione che oggi appare fortemente ridimensionato (nell’autunno 2018 toccò la punta del 45% in concomitanza con le polemiche sulla linea della fermezza salviniana e la chiusura dei porti), e a quello dell’ambiente, dopo il fenomeno Greta. E si conferma anche la nostalgia del passato, guidata dalle prospettive incerte e dalla preoccupazione per le generazioni future.
Insomma, stiamo bene nella zona in cui viviamo, ma continua a non piacerci la situazione del Paese; il passato era meglio del presente e dal punto di vista personale non cambierà molto e gli ottimisti sono una minoranza. Siamo in presenza di una sorta di cortocircuito: più i cittadini mostrano delusione per il Paese, più cercano gratificazioni nel loro territorio. Quando le trovano si acuisce la distanza dal resto dell’Italia. E tutto ciò si ripercuote sulla fiducia nelle istituzioni e sulla coesione sociale che sono essenziali per mettere in atto i processi di cambiamento che tutti reclamano ma nessuno sembra volere realmente.
29 dicembre 2019 (modifica il 30 dicembre 2019 | 10:07)