Nelle zone limitrofe a piazza della Rotonda, dove la sindaca ha inaugurato l’intervento di valorizzazione, non si contano le serrande abbassate. Viviana Di Capua (Associazione abitanti centro storico): «Misure soft per invogliare i romani a tornare».
da del 11 luglio 2020 | 07:19
di Lilli Garrone
Da ieri sera nuove luci illuminano il Pantheon. Ad accenderle la sindaca Virginia Raggi, per dare diversa bellezza a uno dei più famosi monumenti dell’antichità. Ma se sulla piazza nuovi luci si accendono, molte altre se ne sono spente nelle strade laterali verso piazza Argentina: sono ventitré le saracinesche abbassate che, chissà quando, si alzeranno di nuovo. Un vuoto con decine di negozi chiusi e con altre decine che probabilmente non ce la faranno. «Vedo il centro soffrire ma molto di più questo quadrante della città», afferma Maria Fermanelli, presidente di Cna Impresa Donna e titolare di «Pandalì», alimenti freschi per celiaci, su via di Torre Argentina. «Qui si vive di terziario e turismo, gli impiegati del centro sono quasi tutti in smart working. Quindi è cambiata l’utenza. Apriremo con determinazione a ottobre, noi viviamo di “pausa pranzo”». Di fronte a Pandalì ha per il momento l’ingresso sbarrato il locale Shari Vari, mentre ha chiuso fin da prima del lockdown «Le artigiane», bel negozio di Made in Italy.
È, infatti, nel triangolo che va dal Pantheon lungo via di Torre Argentina, via dei Cestari, via Pié di Marmo che si contano il maggior numero di vetrine spente. In quello che era il Christian Dior dei sacerdoti, De Ritis, dove in vetrina si ammiravano grandi piviali ricamati e abiti talari, diventato un outlet: con assi di legno hanno coperto anche le vecchie scritte, nonostante fossero tutelate. «Mi è venuto a trovare un amico – prosegue Maria Fermanelli – e mi ha detto: “Ho attraversato il ponte di piazza Cavour e mi è sembrato di essere in un’altra città. Da una parte, Prati con i negozi aperti e qui cosa è successo? Avevamo un flusso costante da piazza Argentina. Ci vorrebbero misure anche “soft” che facciano venire voglia ai romani di tornare. Ci vorrebbe un respiro di tipo culturale». Sempre nella zona al posto di Alberto, famoso e storico negozio di scarpe, è arrivato un supermercato; vetrine spente anche su via del Gesù. «Già prima del lockdown molti in questa zona avevano intenzione di chiudere – afferma Viviana Piccirilli Di Capua dell’Associazione abitanti centro storico – perché così le cose non funzionano. Questa città ha bisogno di un progetto di riordino della qualità, per un futuro sostenibile. In questo tempo bisognava sfruttare l’occasione di ben governare non solo una città vuota, prendendo in carico le sacrosante esigenze economiche con il rispetto dell’ambiente e con regole. Era il tempo utile per guardare a un centro che non è solo storico, ma vivo ed abitato; però ingombrato nel tempo da perdita di qualità. Non c’è più nulla di tradizionale, tutto è per il turismo mordi e fuggi».