L’imprenditore in crisi potrà effettuare un’auto-diagnosi sul sito delle Cciaa e invocare l’aiuto, volontario, di un esperto negoziatore. Non più una lunga mano del Tribunale ma un consulente specializzato scelto in un albo ad hoc e nominato da una commissione indipendente
da del 09/08/2021
La gestione delle crisi d’impresa si potrà fare self service. L’imprenditore in crisi potrà, infatti, fare auto diagnosi sul sito delle Cciaa e invocare l’aiuto, volontario, di un esperto negoziatore. Non più una lunga mano del Tribunale ma un Consulente Specializzato scelto in un albo ad hoc e nominato da una Commissione Indipendente (si veda articolo a fianco).
Le novità arrivano grazie al lavoro della Commissione Pagni nominata dal Ministro Cartabia e recepite nel Decreto Legge approvato dal Cdm del 5 agosto. La ragione di base del decreto è, per la verità, la necessità di rinviare l’entrata del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (dlgs 14/2019, Ccii) e soprattutto l’avvio dei tanto temuti sistemi di allerta esterna voluti dal Ccii, con un approccio coercitivo dell‘Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa (Ocri) che sarebbe stato attivato dalle denunce presentate dal Collegio Sindacale o dagli Enti Previdenziali e Agenzia delle Entrate.
Il nuovo Decreto Legge volta pagina e abbandona l’idea del poliziotto della crisi per introdurre il volontario della crisi.
Le ragioni del rinvio. Il mero rinvio del dlgs 14/2019 non sarebbe stato risolutivo perché la crisi a cui stanno andando incontro le imprese richiede di agevolare la ristrutturazione precoce. Così il Governo ha deciso di posticipare l’entrata in vigore del Ccii al 16 maggio 2022 e ha affiancato due tipologie di interventi: un nuovo strumento di ausilio alle imprese in difficoltà, negoziale e stragiudiziale, e la modifica della l.f. con l’anticipazione di alcune disposizioni del Ccii ritenute utili ad affrontare la crisi. Scelte che fanno pensare a una definitiva archiviazione del dlgs 14/2019, o a una sostanziale futura modifica del Tu.
La composizione negoziata. Il dl introduce per la prima volta un nuovo strumento per gestire le imprese in difficoltà, denominato «composizione negoziata della crisi». Si tratta di un percorso più strutturato rispetto a quello previsto dal Ccii, adeguato alle mutate esigenze del mercato post Covid-19 e meno oneroso, con il quale si intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa. Non vi sono requisiti dimensionali di accesso alla composizione negoziata, che è concepita come strumento utilizzabile da tutte le realtà imprenditoriali iscritte al registro delle imprese, comprese le Società Agricole.
La vera novità è che la scelta di attivarlo sarà solo dell’imprenditore. Nessun altro potrà obbligarlo a presentarsi davanti al negoziatore della crisi, come era invece per gli Ocri che era stato percepito come un plotone di esecuzione. Il negoziatore assisterà l’impresa a valutare la situazione, gli permetterà di ottenere tempo per analizzare le soluzioni e gli consiglierà il tipo di percorso più adatto, sino a trovare insieme la soluzione.
Uno strumento amico dell’impresa. Che la negoziazione assistita sia friendly per l’impresa lo si capisce da alcune disposizioni che hanno toni ben diversi dal Ccii che vedeva con sospetto e giustizialismo l’utilizzo degli strumenti di composizione alternativi al fallimento. Si pensi ad esempio all’inasprimento del concordato preventivo e agli obblighi per debitore e creditori.
L’art. 9 del dl, dedicato alla gestione dell’impresa in pendenza delle trattative, prevede, infatti, che nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa.
Solo quando sussiste probabilità di insolvenza l’imprenditore gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. L’imprenditore deve informare preventivamente l’esperto nominato per la negoziazione assistita, per iscritto, del solo compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell’esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento.
L’intervento dell’esperto per bloccare le intenzioni dell’imprenditore avviene quando l’atto può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento. L’esperto non ha poteri coercitivi obbligatori o di denuncia al Tribunale, ma provvede a segnalarlo per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo. Ciò a riprova che tra esperto e imprenditore si deve instaurare un clima di fiducia. E infatti, solo qualora nonostante la segnalazione, l’atto viene compiuto, l’imprenditore ne informa immediatamente l’esperto il quale, nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese e quando l’atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l‘iscrizione è obbligatoria, altrimenti è discrezionale.
Le soluzioni ricercate con la negoziazione. Che lo strumento sia volto a risolvere la crisi e non ad affossarla lo sancisce, poi, l’art. 11 del dl, poiché a conclusione delle trattative con i creditori e quando è individuata una soluzione idonea al superamento della situazione le parti possono, alternativamente, concludere un contratto, con uno o più creditori, che produce gli effetti di cui all‘art.14, cioè le misure premiali fiscali con riduzione di sanzioni e allungamento rateale dei debiti.
Ciò se, ovviamente, lo strumento individuato è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni. Ovvero possono (i) concludere una convenzione di moratoria ai sensi dell’articolo 182-octies l.f.; (ii) concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti del piano di risanamento ex art. 67, co.3, lett. d), l.f., senza necessità dell’attestazione del professionista sulla veridicità dei dati aziendali e fattibilità del piano.
Se non concluse le trattative con tali soluzioni, l’imprenditore può, comunque domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 182-bis, 182-septies e 182-novies l.f. e la percentuale di adesione è ridotta dal 75 al 60 per cento se il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto.
In ogni caso l’imprenditore può, in alternativa:
a) predisporre il piano attestato di risanamento;
b) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’art. 18 dl;
c) accedere ad una delle procedure della l.f. o all’amministrazione straordinaria.