Fibra ottica, antenne, rumori: una delle fazioni è guidata da Lorenzo Raggi, che mesi fa chiamò i carabinieri. Due vicine si sono picchiate sulle scale. Nel palazzo vive anche monsignor Leanza, ex nunzio apostolico, testimone incredulo
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di Fabrizio Peronaci
Ci mancava il monsignore, nel condominio delle zuffe dov’è cresciuta Virginia Raggi, sulla circonvallazione Appia, e dove da tempo immemore ci s’accapiglia su qualsiasi inezia, le antenne pericolanti, la tinta da ridare, le rate troppo alte, come accade in quasi tutti i caseggiati di Roma.
Qui, nella palazzina affacciata (dal retro) sulla ferrovia e a un tiro di schioppo da piazza dell’Alberone, da qualche anno orfana del gigantesco leccio crollato sul marciapiede (ma la Raggi ancora doveva arrivare, comandava Ignazio Marino…), i protagonisti alla Giovannino Guareschi sono al completo. Svetta su tutti il padre della sindaca, un burbero e irascibile Peppone, lo stesso che nell’estate 2016, quando la figlia si insediò in Campidoglio, vagava sotto la statua di Giulio Cesare ripetendo «è pazzesco»; ci sono gli avversari da battere nelle assemblee condominiali, in punta di cavillo, regolamento alla mano, come in Parlamento; c’è il maresciallo, che non si capisce bene perché lo convochino ogni tre per due; e naturalmente no che non poteva mancare un don Camillo, stavolta nei panni di un altissimo prelato ex diplomatico dello Stato Città del Vaticano, altro che il parroco di Brescello...
Monsignor Giuseppe Leanza, vicino di casa dei Raggi
«Guardi, io le racconto tutto. Ma va da sé che…» Niente nomi, d’accordo. «Bene, ascolti…» La tenzone condominiale, stando alla fonte che mi prende sotto braccio e mi conduce nella vicina Villa Lazzaroni, «al riparo da occhi e orecchi indiscreti», va avanti da decenni ma è entrata nel vivo nell’ultimo lustro. Il ruolo da protagonista, come frontman e insieme regista di una delle fazioni in lotta, spetterebbe senza tema di smentite al Lorenzo Raggi, pensionato Telecom, lo stesso che nel 2012 risulta a verbale per aver detto a una signora «non mi rompa più i c…» e che mesi fa, da presidente d’assemblea, chiamò i carabinieri, che arrivarono in pochi minuti, perché la stessa B. si era impossessata del registro. «Su fatti e antipatie personali non entro, però ne va di mezzo la nostra serenità. Le liti tra vicini stressano e il portafoglio ne risente…»
La lista della materie di scontro nella palazzina di quattro piani è lunga: dall’installazione della fibra ottica, in che tempi farla e con chi, ai preventivi sulla caldaia, dalla sistemazione delle antenne pericolanti all’eterna disputa su «come inserire in bilancio i proventi dell’ex alloggio del portiere, ora affittato»… E poi i rumori molesti: due vicine sono arrivate a picchiarsi sulle scale, da lasciarsi addosso i segni, per il chiasso dei figli, e sono finite in causa. Ancora, le perdite d’acqua. Frequenti e copiose. Una vera croce: una filtrata anche da casa Raggi, un’altra scrosciata nell’appartamento del molto reverendo inquilino del terzo piano…
Già, monsignor Giuseppe Leanza, religioso quieto e incredulo, davanti a tanta gazzarra: lui, ex nunzio apostolico in Africa, Paesi balcanici e Irlanda al servizio di ben tre Papi, nel 2018 è finito da pensionato sull’Appia perché qui abitava la madre, quasi centenaria. Ma annusata l’aria, nonostante la lunga esperienza diplomatica, Sua Eccellenza neanche ci prova, a metter pace tra i belligeranti. Lo scorso inverno si trovò ad assistere a una zuffa sul pianerottolo, «mentre l’ex amministratrice faceva girare il foglio delle convocazioni e il padre della sindaca assieme al suo delfino la inseguivano sulle scale gridando», e il prelato, firmata la delega al dirimpettaio, si affrettò a salutare e a chiudersi in casa. «Pace e bene, amici». Mica tanto, sulla circonvallazione Appia. (fperonaci@rcs.it)
19 ottobre 2020 | 07:47