Ogni 31 maggio le parole dei governatori della Banca d’Italia rappresentato un momento centrale per l’analisi economica e di riflessione sul destino dell’attività produttiva del Paese
di Gianluca Maurizi BANKITALIA CRISI
aggiornato alle 18:35 29 maggio 2020
AGI – Dall’espulsione dell’Italia dallo Sme, alla crisi dei subprime e del debito; dal crollo delle Torri gemelle fino all’epidemia di coronavirus. Ogni 31 maggio (o giù di lì se cadente di domenica) le parole dei governatori della Banca d’Italia rappresentato un momento centrale per l’analisi economica e di riflessione sul destino dell’attività produttiva del Paese. Di seguito i passaggi piu’ importanti delle ‘Considerazioni finali’ in tempi di crisi.
1992 L’anno nero della Lira
Il 31 maggio 1993 Antonio Fazio tiene le sue prime ‘Considerazioni finali’. Soltanto da un mese è succeduto a Carlo Azeglio Ciampi, chiamato a guidare il governo del Paese. Tocca a lui descrivere quello che è accaduto nell’estate del 1992, con lira e sterlina cacciate dallo Sme, e l’Italia, travolta anche da tangentopoli e dagli attentati mafiosi, sull’orlo del baratro finanziario.
La svalutazione
“Nell’anno trascorso dall’ultima Assemblea”, dice, “si sono succeduti eventi tumultuosi. Il Paese non ha potuto evitare il trauma di una forte svalutazione della moneta. Si è sfiorata l’instabilità finanziaria”. I mali sono antichi. “L’espansione eccessiva della spesa pubblica, gli sprechi e la bassa qualità di alcuni servizi, l’inefficienza del sistema tributario riflettono i più generali problemi di governo del Paese e di funzionalità delle istituzioni”.
Il debito pubblico
Il debito pubblico è già un Moloch che blocca la crescita dell’economia italiana. “L’obiettivo di ridurre il fabbisogno del settore statale”, dice Fazio, “non può essere conseguito con il ricorso a facili formule. L’avanzo al netto degli interessi dovrà raggiungere il livello necessario ad arrestare la crescita del rapporto tra il debito e il prodotto”.
La corruzione
E la corruzione troppo diffusa. “L’entità di questa tassazione impropria, che da ultimo ricade sui cittadini, la conseguente distorsione nell’allocazione delle risorse si stanno rivelando di una gravità che sgomenta”, sottolinea il governatore. Che conclude: “Sta in noi. Imprenditori, banchieri, lavoro organizzato, ognuno nel rispetto del proprio ruolo e in piena autonomia, sono tutti chiamati a contribuire, per la parte che a ciascuno compete, al progresso economico e civile della società”.
2001 L’attentato alle Torri Gemelle
L’11 settembre 2001 l’attentato alle Torri Gemelle gela l’economia mondiale. Fazio è ancora governatore e nelle Considerazioni finali del 31 maggio 2002 non manca di ricordare quel momento: “I tragici avvenimenti dell’11 settembre, le conseguenti tensioni politiche e militari hanno causato turbolenze nei mercati finanziari e incertezza che dagli Stati Uniti si potevano propagare a tutti gli altri mercati ed economie; la pronta reazione della politica economica, la cooperazione tra le Autorità monetarie dei maggiori Paesi hanno evitato l’innesco di una crisi profonda a livello mondiale”.
Il peso del fisco
L’Italia fatica però un po’ più degli altri a risollevarsi e Fazio lo spiega così: “Il carico fiscale e le rigidità del mercato del lavoro pesano sulla produttività e sulla competitività dell’economia; possono spingere le imprese verso dimensioni non ottimali. Incidono sulla competitività anche il grado di efficienza dei servizi pubblici, la carenza di infrastrutture, il costo dell’energia”.
Ma il 2002 è anche l’anno del debutto ‘fisico’ dell‘euro e il governatore ancora alla nuova valuta le sue speranze di ripartenza. “Dobbiamo essere all’altezza del tempo che viviamo, operare con serenità e determinazione ciascuno nel proprio campo. Il nostro futuro è anche nelle nostre mani”
2008-2009 La bolla dei subprime
Tra 2008 e 2009 l’economia italiana subisce una delle peggiori contrazioni della sua storia. La crisi parte dagli Stati Uniti, dove collassa il sistema dei mutui subprime. Il fallimento di Lehman Brothers travolge l’economia internazionale. In Europa la crisi dei debiti bancari si traduce in crisi dei debiti pubblici. Per l’Italia l’anno più duro è il 2009, quando il Pil segna una contrazione del 5%. Nel biennio la limatura tocca il 6,5%.
L’anno di Draghi
Nel frattempo Mario Draghi ha sostituto Fazio alla guida dell’istituto centrale. “La crisi”, osserva il 31 maggio 2010, “ci ha ricordato in forma brutale l’importanza dell’azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici. È una lezione che vale per il mondo, per l’Europa, per l’Italia”.
Sotto accusa finiscono i soliti nodi strutturali del Paese: alto debito pubblico, evasione fiscale, inefficienza della Pa, scarsa partecipazione al mercato del lavoro. “Anche la sfida di oggi, coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita”, osserva Draghi, “si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità; desiderio di sapere, solidarietà. Consapevoli delle debolezze da superare, delle forze, ragguardevoli, che abbiamo, affrontiamola”.
2012 La crisi dei debiti sovrani
Nel 2012 la speculazione internazionale mette nel mirino i debiti sovrani di Italia e Grecia. Anche l’euro rischia di crollare, salvato a un soffio dal dramma dal ‘Whatever it takes’ di Draghi, nel frattempo passato alla guida della Bce.
Debolezze strutturali
Al suo posto, il 31 maggio 2013, prende la parola Ignazio Visco. “In queste considerazioni”, attacca, “darò conto di un anno difficile. Parlerò delle gravi prove che la collettività ha dovuto e deve affrontare. Parlerò dei progressi compiuti, sebbene insufficienti, dei risultati, sebbene ancora fragili; della necessità di non disperderli, di difenderli e consolidarli, per avviare la ripresa”.
Poi, punta il dito sulle debolezze del Paese: “Le origini finanziarie e internazionali della crisi, cui si è soprattutto rivolta l’attenzione delle autorità di politica economica, non devono far dimenticare che in Italia, più che in altri Paesi, gli andamenti ciclici si sovrappongono a gravi debolezze strutturali”.
Niente paura
La nostra economia, dice, non è stata “capace di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici degli ultimi 25 anni”. La parola chiave è ‘fiducia’: “Non bisogna aver timore del futuro, del cambiamento. Non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare, si arretra tutti. Occorre consapevolezza, solidarietà, lungimiranza. Interventi e stimoli ben disegnati, anche se puntano a trasformare il Paese in un arco di tempo non breve, produrranno la fiducia che serve per decidere che già oggi vale la pena di impegnarsi, lavorare, investire”.
2020 L’anno della pandemia
Ed eccoci a quest’anno, quello della pandemia di coronavirus, con il Pil destinato a cadere tra il 9 e il 13% in media d’anno. Tocca di nuovo a Visco fare l’elenco dei danni. Il virus e le misure di contenimento, dice, hanno scatenato “una crisi senza precedenti nella storia recente, che mette a dura prova l’organizzazione e la tenuta dell’economia e della società”.
Parola chiave: incertezza
Nelle sue Considerazioni prevale la parola ‘incertezza’. Eppure anche questa volta l’Italia può superare la crisi: “Oggi da più parti si dice: ‘insieme ce la faremo’. Lo diciamo anche noi: ma purché non sia detto solo con ottimismo retorico, bensì per assumere collettivamente un impegno concreto. Ce la faremo con scelte mature, consapevoli, guardando lontano. Ce la faremo partendo dai punti di forza di cui qualche volta ci scordiamo; affrontando finalmente le debolezze che qualche volta non vogliamo vedere. Molti hanno perso la vita, molti piangono i loro cari, molti temono per il proprio lavoro. Nessuno deve perdere la speranza”.