Il Governo ha annunciato ieri la riduzione delle Dta 2022 (bonus fiscali in caso di fusioni) dal 2% degli asset della Banca preda a massimi 500 milioni di euro. Banco Bpm, calcola Morgan Stanley, perde così 3,5 miliardi di benefici e cade in borsa. Sotto i riflettori Bper e la popolare valtellinese.
da del 29/10/2021 13:00
di Elena Dal Maso
Come ha spiegato ieri il Governo, nella legge di bilancio del 2022 sono state tagliate le Dta, i bonus fiscali in caso di M&A. Tecnicamente si tratta delle imposte differite attive che permettono di qualificare come crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio. Se fino al 31 dicembre il tetto è pari al 2% degli asset della Società preda, dal primo gennaio al giugno del prossimo anno il limite è stato tagliato alla cifra più piccola compresa fra 500 milioni di euro e il 2% degli asset.
Questo accade anche perché le Dta sono state ideate per risolvere l’uscita del Governo dal 64% di Mps entro dicembre, ma Unicredit ha appena chiuso le trattative col Mef per rilevare una parte di Siena, soggetta ad un ennesimo aumento di capitale. E ieri il ceo Andrea Orcel ha detto in maniera chiara al mercato che il futuro della banca non è nella direzione del Monte (“Ora la finestra è chiusa per noi… lo so, le finestre si aprono e si chiudono ma per il momento è chiusa”, ha specificato ieri il ceo Orcel).
Oggi le banche soffrono a Piazza Affari, soprattutto Banco Bpm, ritenuta possibile preda di Unicredit grazie alle Dta, perde il 4,9% a 2,75 euro, Bper, coinvolta nello scenario di concentrazione in Italia, cede il 4,5% a 1,93 euro. Unicredit è poco sotto la parità a 11,49 euro dopo i conti brillanti di ieri con oltre un miliardo di utile nel terzo trimestre, oltre le attese del consenso e Mps scende dello 0,6% a 1,04 euro. In questo caso la perdita è ammorbidita dal fatto che il Governo chiederà almeno un anno di vita standalone della banca per poterla ripulire ulteriormente, in attesa di trovare un’altra via d’uscita nel momento in cui il Pil italiano (+3,8% anno su anno nel terzo trimestre) è di sostegno al Sistema Finanziario.
Morgan Stanley oggi ha calcolato che gli effetti delle mini Dta emergono soprattutto in Unicredit- Banco Bpm, riducendosi da 4 miliardi a 500 milioni di euro. E una combinazione Unicredit- Banco Bpm scende da 2,9 miliardi di benefici fiscali a solo mezzo miliardo. Diversamente, notano gli analisti, un’operazione diversa che coinvolga Banco Bpm e Bper oppure Bper e la Popolare di Sondrio risentirebbero molto meno del taglio dei benefit fiscali.
Secondo gli analisti americani, una combinazione fra Banco Bpm e Bper vedrebbe una riduzione del 50% sul fronte del valore del beneficio del capitale, mentre un merger Bper-Sondrio non sarebbe toccato. Le due operazioni straordinarie avrebbero bisogno dell’approvazione dell’Assemblea dei Soci, ci sarebbe tempo entro fine anno per chiamare l’assise. E a quel punto l’M&A trarrebbe il vantaggio maggiore legato alle Dta piene del 2021, conclude Morgan Stanley. Da ricordare che Sondrio si sta trasformando da Popolare in Spa (diventa quindi contendibile) con Unipol che ha messo un piede dentro mesi fa (è al 9,5% del capitale) dopo aver rilevato il 19% di Bper.
Gli analisti di Intesa Sanpaolo oggi scrivono che l‘estensione del beneficio delle Dta con un limite sarebbe negativo per il settore perché ridurrebbe significativamente l’incentivo per le fusioni e acquisizioni che coinvolgono Banche di grandi e medie dimensioni. Gli analisti ricordano che le Dta dedotte dal capitale, con le regole vigenti, ammontano a 1 miliardo di euro per Banco Bpm, 3,7 miliardi di euro per Mps, 4,3 miliardi di euro per Unicredit e 0,4 miliardi di euro per Carige. In base alla normativa che scade a fine anno, il beneficio è limitato al 2% del totale attivo delle Società coinvolte nell’operazione escluso il gruppo più grande.