Per Ernesto Mininno, co-fondatore di Cyberdyne, la collaborazione sempre più stretta tra uomo e macchina è la naturale evoluzione dell’industria 4.0.
Redazione ANSA ROMA 07 gennaio 2021 18:36
di Alessio Jacona*
Ernesto Mininno
«Molte aziende oggi usano ancora carta e penna per gestire i processi e, quando si parla di efficientamento, di solito si parla di delocalizzazione o della fine di certe professioni. Invece il punto chiave è aumentare l’uomo con l’intelligenza artificiale invece che pensare a utilizzarla per sostituirlo».
Ernesto Mininno, co-fondatore di Cyberdyne (sì, la citazione del classico di fantascienza Terminator è voluta), una carriera come professore associato al Politecnico di Bari lasciata alle spalle per diventare imprenditore, va dritto al punto: il ruolo dell’Intelligenza artificiale nell’industria 4.0 è fondamentale, ma per avere senso deve essere focalizzato soprattutto nell’assistere in tempo reale gli addetti ai lavori quando prendono decisioni a tutti i livelli, per migliorare i processi e, a parità di infrastrutture, ottimizzare i costi.
E’ la naturale evoluzione di ciò che chiamiamo “Industria 4.0”, dove il moltiplicarsi di macchine e di sensori connessi produce una crescente quantità di dati, di fatto abilitando l’IA ad assistere i processi decisionali in ogni settore, dal manifatturiero all’automotive, dai servizi al fashion.
“Il tema è imparare a utilizzare in maniera più ‘moderna’ l’informatizzazione nella fabbrica digitale – spiega Mininno – per avere dati puntuali, per esempio raccolti tramite dispositivi IoT, su quello che sta succedendo lungo la filiera produttiva, cosa che prima non era facilmente attuabile proprio perché la gestione delle informazioni era del tutto analogica”.
La quantità crescente di informazioni di cui disponiamo, insomma, è “nutrimento” con cui alimentare la IA per renderla capace di aiutarci a scegliere in ogni situazione: da come pianificare la produzione a come produrre impiegando quali persone con quali competenze, fino a decidere come organizzare i magazzini e la distribuzione. Sono step che accomunano praticamente tutte le aziende, in ogni settore economico e industriale, che presentano problemi simili o “isomorfi”, e che per questo possono essere affrontati e risolti ricorrendo a un modello comune di intelligenza artificiale, da affiancare con piccoli adattamenti agli esperti che hanno la responsabilità di prendere decisioni.
Nella visione di Ernesto Mininno – che è stato anche ospite del nostro convegno sull’IA dello scorso ottobre – l’IA non fa sparire posti di lavoro, ma al contrario serve a “potenziare” coloro che li occupano, secondo la logica dell’augmented mind e nell’ottica di una collaborazione sempre più stretta tra uomo e intelligenza artificiale.
La tecnologia sviluppata da Cyberdine (co-fondata insieme con Giovanni Iacca e che impiega 10 persone tra ingegneri applicativi e sviluppatori) è già un prodotto maturo chiamato Kimeme, che viene utilizzato in diversi contesti: nel manifatturiero, ad esempio, consente a una multinazionale dell’automotive di ottimizzare la pianificazione della produzione di componentistica, oppure a un’azienda del Fashion di organizzare il rapporto con i terzisti che devono confezionare gli abiti, gestendo dalla consegna delle materie prime, l’organizzazione del lavoro e delle consegne; nell’ambito dei servizi, viene impiegata per efficientare l’approvvigionamento di contanti ai bancomat, risparmiando tempo e viaggi.
E poi, ancora, l’IA sviluppata da Mininno e i suoi aiuta a organizzare con maggiore efficacia la rotazione dei turni nei call center, dove il sistema trova un equilibrio tra necessità di ridurre i costi e rispetto degli accordi sindacali che, ad esempio, includono ferie e avvicendamenti. “In questo modo l’intelligenza artificiale aiuta una buona gestione della forza lavoro, di fatto sfatando il mito dell’IA come strumento del Capitale per dominare la forza lavoro”, osserva Mininno.
*Giornalista esperto di innovazione e curatore dell’Osservatorio Intelligenza Artificiale ANSA.it