Foto Valerio Portelli/LaPresse
La ministra De Micheli in audizione alla Camera ha annunciato che “permane lo stallo della trattativa” perché “è arrivata un’ora fa una nota di Autostrade per l’Italia con la quale ci ha comunicato di accettare il testo dell’accordo negoziale prospettato dalla parte pubblica, chiedendo la sola eliminazione della clausola dell’articolo 10”. Che subordina l’accordo al passaggio della maggioranza alla società pubblica.
di F. Q. | 8 OTTOBRE 2020
“Trattativa in stallo, prenderemo decisioni” –“Lo stallo della trattativa permane”, ha detto De Micheli, perché “Aspi si è sottratta alla condivisione dei contenuti tecnico-giuridici dello schema dell’atto negoziale, nel quale è evidente l’imprescindibile scopo di definire la procedura di contestazione attivata dopo il tragico evento dell’agosto 2018, tale da soddisfare l’interesse collettivo a che la gestione di questa rilevantissima quota della rete autostradale sia ispirata a principi di equità e sicurezza. Permane la non accettazione della clausola dell’articolo 10, che richiama perfettamente gli impegni assunti da Atlantia e Aspi nella lettera inviata ai ministri e discussa nel cdm del 14 e 15 luglio“. In un’altra lettera, inviata la settimana scorsa, le due società avevano sostenuto di aver “integralmente accettato ogni richiesta pervenuta dal Governo, nell’ambito delle negoziazioni avviate da luglio 2019”.Ma di voler procedere con la vendita “a condizioni di mercato” come chiedono tutti i soci della holding Atlantia – i Benetton, ma anche il fondo sovrano di Singapore e il fondo attivista Tci.
L’impegno preso in estate però era diverso, ha ricordato De Micheli: “Atlantia si è impegnata il 15 luglio a gestire l’immediato passaggio del controllo di Aspi a un soggetto a partecipazione statale (Cassa depositi e prestiti) attraverso un aumento di capitale riservato di Cdp e la cessione diretta a investitori di gradimento con l’impegno a non destinare in alcun modo risorse alla distribuzione di dividendi“.
“Prenderemo le determinazioni conseguenti una volta approfondito il corpo della lettera”, promette la ministra. In caso di di revoca della concessione, “la procedura prevede in primis un atto dirigenziale firmato dal dirigente della vigilanza delle concessioni autostradali, seguito da un decreto interministeriale firmato dal ministro delle Infrastrutture e dal ministro dell’Economia. Nell’ipotesi in oggetto ovviamente sarà necessario un decreto legge per la gestione temporanea della rete autostradale in capo ad Aspi per dare il tempo di ‘spacchettare‘ la tratta di 2.885 chilometri per poterla poi mettere a gara come previsto dalle nostre leggi. E quindi ci sarà l’esigenza di normare la fase transitoria”.
Comitato ricordo vittime: “Fanno filtrare loro teorie sul crollo, vergogna” – “Guarda caso, mentre stanno emergendo molti elementi dal dibattito in sede peritale, Aspi con il supporto dei suoi consulenti tecnici di parte vuole mettere i puntini sulle i, individuando in autonomia le cause del crollo, e facendo filtrare ai giornali le sue teorie; è importante però ricordare che la risposta sulle cause del crollo deve pervenire solo dagli esiti dell’incidente probatorio con le deduzioni finali dei periti (che non sono i consulenti tecnici di parte), certo anche noi potremmo dare ora ai giornali le nostre valutazioni di parte, ma sarebbe scorretto nei riguardi del lavoro dei periti che non hanno ancora consegnato le loro conclusioni. Noi abbiamo il coraggio della verità, non ricorriamo ad espedienti! Ancora una volta vergogna, ma tanta”.
Le manifestazioni di interesse – Secondo quanto scritto da La Stampa, Atlantia intanto ha già ricevuto 13 manifestazioni di interesse da gruppi industriali e finanziari italiani e internazionali interessati ad Aspi nell’ambito della procedura di vendita avviata a fine settembre. Tra loro Astm del gruppo Gavio, la famiglia di costruttori piemontesi Dogliani, in partnership col fondo di private equity londinese Circuitus, il gruppo abruzzese Toto, in partnership col fondo americano Apollo, F2i. Ci sono poi Blackstone e KKR, la banca d’investimenti australiana Macquarie, il più importante fondo pensioni olandese PGGM, la China Merchant Bank. Altre quattro manifestazioni sarebbero arrivate negli ultimi giorni da due fondi australiani, Stone Peak e Australian Super, dal gruppo infrastrutturale Ifm Investors e dalla società di asset management canadese Brookfield.