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Le citazioni dell’Iliade tra gli eletti sullo scontro con i dissidenti. L’idea di cacciare subito anche chi non è in regola con i rendiconti.
di Emanuele Buzzi
Da sinistra, Luigi Di Maio, Lucia Azzolina, Dino Giarrusso e Paola Taverna
Voltare pagina, in fretta. Archiviare il capitolo espulsioni e cercare di frenare l’escalation di tensione all’interno del Movimento: sono i propositi, in queste ore, dei vertici Cinque Stelle. Poco importa se ci saranno altre teste da tagliare per adeguarsi al dogma che «le regole valgono per tutti»: il M5S ha fretta di ripartire e lo dimostra anche la velocità con cui i pentastellati iniziano a pensare agli impegni del nuovo esecutivo (con Luigi Di Maio che ieri ha incontrato Matteo Salvini a Catania) e ai nomi dei candidati per il Comitato Direttivo. «Ambiente, ambiente, ambiente» è il mantra che i big M5S ripetono per far capire la loro «svolta» green. In realtà per il Movimento è un ritorno alle origini, a uno dei cardini fondativi, ma ripensato verso i nuovi indirizzi di «sostenibilità e produttività». Insomma i big insistono che si tratta di «una metamorfosi nel solco di ciò che eravamo»: è la direzione che i pentastellati vogliono imprimere al loro percorso. E in questo senso i Cinque Stelle cercheranno di lasciar fin da subito un segno nel Governo Draghi. Certo, prima ci sono da dissipare anche questioni interne legate alla nomina dei sottosegretari: il fronte del Sud preme su Vito Crimi perché «si ricordi di noi, dopo averci dimenticato» per i nomi dei ministeri. Ma anche qui avanza la polemica: «Non eravamo quelli della meritocrazia anzitutto?».
Il caso Giarrusso
La situazione è ingarbugliata anche dentro i governisti e bisognerà comunque attendere per capire le scelte dei probiviri sulle espulsioni e sui procedimenti disciplinari in atto. Si vocifera di un redde rationem per i morosi delle rendicontazioni (in modo da placare i malumori dei critici rimasti all’interno del gruppo): sono in arrivo altri addii. Ci sono poi i provvedimenti da prendere per «tutti quelli non in regola». C’è chi sostiene che anche la Vicepresidente di Palazzo Madama Paola Taverna e l’eurodeputato Dino Giarrusso siano a rischio di non potersi candidare: la Senatrice per via della questione delle indennità di carica percepite, l’eurodeputato per la questione dei finanziamenti in campagna elettorale. Le decisioni — assicurano nel Movimento — saranno «rapide» proprio per non lasciare strascichi nella Campagna Elettorale interna. Giarrusso e Taverna, infatti, sono due dei nomi tra i probabili favoriti per la corsa alla leadership. Una «competizione» che vede ormai quasi il solo Danilo Toninelli in campo per i ribelli. In testa ai rumor ci sono Luigi Di Maio (che a breve, probabilmente dopo la risoluzione delle questioni interne potrebbe sciogliere la riserva sulla sua candidatura) e la ex Ministra Lucia Azzolina, new entry molto amata dalla base Cinque Stelle.
L’ombra di Giuseppe Conte
Come un convitato di pietra sul Comitato Direttivo aleggia l’ombra di Giuseppe Conte: per farlo partecipare Beppe Grillo dovrebbe cambiare le regole imposte dal Comitato di Garanzia M5S. Non è escluso che il garante scelga di introdurre una nuova figura nell’universo Cinque Stelle proprio per far spazio all’ex premier, ma anche in questo caso si dovrà intervenire con una votazione su Rousseau (con doppia convocazione) per cambiare lo Statuto. Quindi difficile ipotizzare che questo avvenga in tempi rapidi o prima della nascita del nuovo comitato. «Dobbiamo darci tempo e nessuno deve forzare la mano da posizioni di potere: se qualcuno pensa che questa sia la resa dei conti non fa altro che danneggiare ulteriormente chi resta nel Movimento», commenta un big. Ma l’impressione è che i vertici avranno gatte da pelare nelle prossime settimane per tenere unito un gruppo in fiamme. Intanto ieri è stato anche il giorno dell’ex alleato. Di Maio e Matteo Salvini hanno approfittato della loro presenza contemporanea a Catania per il processo sul caso Gregoretti per vedersi di persona lontano dagli occhi di Palazzo a Roma. Un incontro atteso dopo il brusco strappo tra quelli che erano i due vicepremier del governo gialloverde nell’estate del 2019. «Siamo pronti per entrare in una nuova fase: è la nostra fase 5.0: le origini, l’era di Grillo e dei primi eletti, l’ingresso in Parlamento, la svolta del capo politico e ora finalmente l’organo collegiale e un partito green dall’appeal e dal taglio europeo», chiosa un Cinque Stelle.
19 febbraio 2021 (modifica il 20 febbraio 2021 | 00:03)